Arte & Artigianato

Arte e Restauro dei Tessuti


Tessuti e sartoria nel Veneto

La città di Venezia mantenne a lungo un indiscusso primato nell’arte della tessitura di panni in lana e in seta di alta qualità e anche quando altri centri manifatturieri di terraferma svilupparono un autonoma attività artigianale, ai laboratori veneziani rimase una delicata funzione di rifinitura dei tessuti e, in generale, alla città e al suo porto aperto sul mediterraneo fu un punto importante per la commercializzazione dei prodotti. Fin dal 1370 Venezia aveva tentato di arginare la dispersione, verso gli altri stati confinanti, di manufatti, di macchinari e soprattutto di conoscenze artigianali nel settore tessile, forse dimentica del fatto che nei secoli precedenti erano stati proprio artigiani bizantini e lucchesi (esuli per motivi politici) a introdurre a Venezia quest’arte.

 

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Pianeta in taffetà con ricami policromi ad ago, metà del XVIII sec., Belluno, Sala del Capitolo Pviale, in damasco laminato e broccato, Ospedale dei Derelitti, Venezia, 1740 circa Raso di seta irregolare, Venezia, XVII secolo

 

La produzione veneziana si distinse per i velluti, i damaschi, i broccati, altri tessuti con filati d oro e d argento e le sete. Il velluto è un tessuto di alto pregio perché presuppone una tecnica complessa e costosa: una serie di fili di ordito è più lunga di quella dell’ordito normale e viene “avvolta” su speciali bacchette a formare tanti anelli in rilevo, questi anelli vengono quindi tagliati e formano il vello.

Il damasco è caratterizzato dal contrasto tra il lucido e l’opaco che danno tonalità chiare o scure al tessuto, secondo un disegno preordinato: la trama non incontra tutti i fili di ordito in modo ordinato ma ne “salta” alcuni nascondendoli. Si forma così un dritto e un rovescio con opposte qualità di lucentezza di tonalità di colore.

Nel Settecento si diffonde l’uso di broccati grazie ai progressi tecnici e ai perfezionamenti dei telai. Per questo particolare tipo di tessuto si usa un telaio verticale in cui esistono due tipi di fili di ordito, azionati da diversi tipi di licci: uno per il fondo (come in tutti i tessuti) e uno per le legature, cioè per il passaggio della navetta, questo telaio è manovrato da due artigiani, uno posizionato davanti al rullo di aggancio degli orditi, l’altro dietro con il compito di azionare i licci e introdurre la navetta tra i fili di ordito, secondo un disegno prestabilito.

 

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Velo di tulle che copre il Bambino, nella Sacra Famiglia di Giovanni Busi, Abano Terme, Pinacoteca Civica. Abito con “bavara alta” in pizzo, nel dipinto di Chiara Varotari, Padova, Museo Civico Mantello broccato nel dipinto di Francesco de’Franceschi del 1447, Padova, Museo Civico Stola in velluto alto-basso con rosa polilobata e corona, nel dipinto di Sebastiano Bombelli della Fondazione Querini Stampalia di Venezia, fine del XVII sec.

 

Come abbiamo accennato sopra, Padova sviluppò, già in epoca romana una fiorente attività tessile: Strabone parla di una produzione di lana ruvida e grossa con la quale si producevano coperte, tappeti e drappi pelosi su uno o su entrambi i lati, che venivano venduti anche a Roma. Marziale ricorda due tipi di panni in lana: gausapa e trilices, anch’essi molto spessi e pesanti, tanto da poter essere segati. In epoca Medievale il primato tessile spetta tuttavia a Verona con la produzione di pignolati, tessuti in cotone, un attività artigianale sviluppatasi sull’asse Venezia-Padova-Verona, dove – già nel 1284 – troviamo, la Domus Pignolatorum, vero centro propulsore di questa attività artigianale: in esso si riunivano i responsabili della regolamentazione dell’attività, in esso avvenivano le quotazioni e le compravendite della materia prima e del prodotto finito, in esso venivano immagazzinate le merci.

I Pignolati veronesi sono documentati in molte città italiane e straniere, perfino in Linguadoca a partire dal XIV secolo. La precoce installazione di gualchiere in città e nel contado, portò ben presto Verona ad una crescita produttiva nel settore laniero già nel Duecento, tanto che i panni veronesi, primi tra tutti la saia di pura lana, sono rintracciabili in tutta Italia e perfino a Siena e a Lucca, città non certo sprovviste di proprie aziende artigiane del settore. Si trattava di una stoffa di lana chiamata “zentile” (per distinguerla dalla lana grossa) tinta di guado (cioè di un colore bruno ricavato da un erba di guado), o paonazza (rossa); poteva essere tinta “in pezza” o “in fiocco”, cioè prima della tessitura, in modo da confezionare i famosi “vergati”, ossia panni a strisce.

A Padova, come abbiamo visto, si sviluppa un attività artigianale incentrata sulla lavorazione del lino, di ottima qualità e largamente esportato e del cotone, già all’inizio del XIII secolo, mentre nella seconda metà del secolo si organizzano e si articolano le varie associazioni artigianali: i drappieri, i commercianti di panni, gli addetti all’arte della lana, i linaioli, i produttori di panni pignolati, i tintori. L installazione in città di gualchiere, l’istituzione del “Fontego dei panni” – con funzione di immagazzinaggio e di controllo – e, più tardi, della Garzaria, contribuirono ad elevare la qualità e la quantità dei panni pavani, non raffinati come quelli veneziani, ma dignitosamente inseriti in un mercato in continua espansione. Anche Treviso e Vicenza conoscono, nel Trecento, un periodo di sviluppo dell’attività tessile, grazie all’accentramento di alcune funzioni e del miglioramento di alcune tecniche.

Un ulteriore salto di qualità, anch’esso innescato da Verona, si ha agli inizi del XIV secolo, con l’introduzione di un nuovo telaio orizzontale (anziché verticale) più largo dei precedenti (arrivava infatti a quasi due metri), azionato da due persone, probabilmente da un uomo, anziché da un unico operatore, di solito una donna, come era avvenuto fino ad allora. Questi telai, a tre licci permettevano di tessere filati soffici e di stoffe lavorate con motivi geometrici come quadri, scacchi, spigati, ecc.

Anche il miglioramento della qualità della lana, contribuì al successo dei tessuti veneti: dapprima si ricorse a lane “francesche” temine con il quale si designavano tutte le lane d oltralpe, quelle francesi e quelle inglesi molto pregiate per la loro fibra lunga, poi si riuscì a rompere il vincolo di dipendenza dalle lane d importazione selezionarono lane locali a fibra lunga o si introdussero alcuni cambiamenti tecnici in grado di valorizzare anche le lane a fibra corta di produzione locale.

In generale tutte le manifatture delle città venete, nel periodo della Serenissima Repubblica, perseguirono l’obiettivo di migliorare non solo quantitativamente, soprattutto qualitativamente, i loro prodotti tessili che, nel Quattrocento, venivano venduti a Ragusa, nel regno di Napoli, a Roma e perfino a Costantinopoli e a Damasco.

Grande importanza è da connettere agli ornati dei tessuti spesso in stretta relazione con le ornamentazioni dei i dipinti coevi, come nel caso degli affreschi di Giotto a Padova che influenzarono tutti i pittori della terraferma veneziana del XIV secolo, non solo i pittori che definiamo giotteschi, e che affermarono una vera e propria moda degli ornati. Tra le tante novità pittoriche, compositive e stilistiche introdotte da Giotto, la fedele rappresentazione di tessuti a lui coevi rappresenta un momento importante. Giotto lavorò anche a Verona ed è da credere che anche qui avesse riprodotto negli affreschi, ornamenti di tessuti allora “di moda” poiché dopo di lui altri pittori veronesi riprodussero e amplificarono nelle vesti dei santi, tipologie ornamentali di matrice padovana.

Non è semplice riassumere le linee dell’evoluzione della moda in Veneto, proprio perché Venezia ha il privilegio di essere stata, nel Seicento e nel Settecento, una delle capitali europee della moda e presenta una gran varietà di modelli e di stili. Cercheremo di ricostruire, attraverso le molte testimonianze pittoriche, i tessuti, gli ornamenti e le fogge degli abiti allora in uso. Per l’Ottocento e il Novecento, poi, possiamo contare su veri e propri repertori di moda, dal momento che sono stati pubblicati in gran numero edizioni a stampa con modelli di vestiti. Più difficile ma certamente più affascinante rimane la documentazione dei che riguarda i secoli più antichi.

Per avere un idea di come vestivano nel medioevo e nel rinascimento dobbiamo rifarci a quanto documentano i dipinti dell’epoca. Per nostra fortuna non esisteva la consuetudine (e nemmeno l’esigenza) di raffigurare i vari personaggi rispettando le fogge proprie dell’epoca e della regione loro confacente mentre spesso prevalevano altri criteri stilistici. Uno era legato alla gerarchizzazione dei personaggi, un secondo criterio teneva conto di valori simbolici e rituali, un terzo tentava l’attualizzazione dell’evento, facendo indossare ai personaggi abiti allora “alla moda”.

Per questi motivi anche i personaggi di episodi del Vecchio e del Nuovo testamento e i protagonisti dei Martirologi sono vestiti con abiti di foggia “moderna” che corrispondono ad un gusto contemporaneo. Per tutti potrebbe valere l’esempio dei ricchi abiti con disegni a palmette e racemi di gusto tipicamente veneziano indossati San Sebastiano e dai due Imperatori o dei più modesti abiti popolani dipinti da Nicoletto Semitacolo nel 1367 per la Cattedrale di Padova.

E molto interessante studiare il complesso rapporto che si è instaurato tra i motivi dipinti dai pittori e dai frescanti e quelli realizzati dai tessitori e stabilire una precedenza tra i due. Ed ancor più affascinante è stabilire chi abbia introdotto in una città o in una regione uno stile nuovo o un modello nuovo che poi influenzerà diversi ambiti dell’artigianato artistico, dal tessile al vetro, dalla ceramica alla carta da parati. Per chi volesse approfondire questi aspetti sarà utilissimo il volume Tessuti nel Veneto citato in bibliografia.

Veloce e ricca per i ceti più fortunati, più lenta e semplice per i popolani, l’evoluzione della moda ha comportato grandi cambiamenti negli ultimi secoli: si tratta di un fenomeno tipico della civiltà occidentale che fatichiamo a trovare presso altre civiltà. L evoluzione o la persistenza di alcuni modelli tessili, come il motivo “a inferriata” o il velluto alto-basso con rosa polilobata e corona è stato esaminato nell’interessante studio di Giovanna Galasso, Modelli e schemi per la produzione tessile in età moderna, all’interno del volume Tessuti nel Veneto citato in bibliografia.

Dopo essere stato per alcuni secoli all’avanguardia nel settore dei tessuti e della moda, il Veneto ha conosciuto nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, una profonda crisi. Nella seconda metà del secolo scorso, invece, vi è stata un inversione di tendenza con molte aziende artigiane (alcune delle quali sono divenute grandi imprese multinazionali) che hanno conquistato una buona fetta del mercato mondiale della moda pronta e della moda giovane, con marchi conosciuti in tutto il mondo.

 

Bibliografia

Arazzi della Basilica di San Marco, a cura di L. Dolcini, D. Davanzo Poli, E. Vio, Milano 1999

Arti e mestieri tradizionali, a cura di M. Cortelazzo, Cinisello Balsano (Milano) 1989

G. Baldissin Molli (a cura di), Botteghe artigiane dal Medioevo all’età moderna, Padova 2000

Cinque secoli di merletti europei: i capolavori, a cura di D. Davanzo Poli, Burano 1984.

M. Contini, 5000 anni di moda, Milano 1977

A. Evangelista, La moda, Padova 1986

D. Devoti, L arte del Tessuto in Europa, Milano 1993

Il grande libro del ricamo e della maglia, Milano 1982

Il merletto di Pellestrina, Pellestrina (Venezia) 1986

Le tecniche artistiche, Milano 1978

G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Trieste 1974

A. Manno, I mestieri di Venezia, storia, arte e devozione delle corporazioni dal XIII al XVIII secolo, Cittadella (Padova ) 1997

G. Mariani Canova, Artigianato antico a Padova e Rovigo, Padova 1998

W. B. Mtilke, L abbigliamento nei secoli, Roma 1991

Tessuti nel Veneto, Venezia e la Terraferma, a cura di G. Ericani e P. Frattaroli, Verona 1993

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