Arte & Artigianato

Arte e Restauro del Marmo

La lavorazione della pietra nei secoli

Le epoche più antiche

Quando si parla dell’età della pietra si rincorrono nelle nostra mente immagini di primitivi trogloditi dall’aspetto rozzo e incivile. E un luogo comune da sfatare perché la lavorazione della pietra costituì un progresso tecnologico senza precedenti nella storia dell’umanità e fu la base per tutti gli sviluppi futuri.

 

Arte e storia della pietra Arte e storia della pietra
Raschiatoio, bulino e seghetto in selce, Veneto, Paleolitico Superiore-Neolitico Ossidiana anatolica finemente lavorata dagli artigiani preistorici Elegante scrittura romana, Padova, Basilica di Santa Giustina

 
Quanta fatica, quanta perizia, quanta cultura ci vogliono per trarre da un pezzo di pietra informe ed inutile, una punta, una lama, un punteruolo, una lametta Gli archeologi hanno studiato con molta attenzione le diverse industrie litiche , cioè dei siti nei quali la presenza di particolari tipi di pietra come la selce e l’ ossidiana, ha favorito la nascita e lo sviluppo di lavorazioni complesse, eseguite talvolta in serie, che producevano manufatti di grande pregio (e con un grande valore aggiunto direbbero gli economisti).
La selce e l’ossidiana sono le pietre più adatte ad essere lavorate per trarne oggetti appuntiti e taglienti. La selce è un minerale formato da quarzo miscristallino, frutto di sedimentazioni, che assume un aspettoIl ritrovamento di molti materiali semilavorati, in diversi stadi di finitura, fa pensare che gli artigiani più giovani o più inesperti fossero impiegati per i lavori di sgrossatura, mentre artigiani più provetti erano impiegati nelle rifiniture e nel ritocco. Spesso questi insediamenti di industria litica dopo aver soddisfatto le
esigenze locali erano in grado di espandere la propria zona di consumo e i manufatti erano venduti anche in terre lontane dal luogo di produzione. E il caso dell’ossidiana una roccia eruttiva di tipo effusivo di colore nero (o translucida) e di consistenza simile al vetro, tanto da poter essere lavorata in scaglie molto taglienti e dunque molto utili per punte di frecce, puntali di lance, lame di pugnali e di coltelli, lamette, raschiatoi, ecc.
Simile alla selce, l’ossidiana, percossa con determinate modalità, si scheggia in lamine sottili e taglientissime, molto utili per tutti gli usi domestici, per strumenti di caccia, per altre lavorazioni artigianali (scalpelli per il legno, raschiatoi per scuoiare e per radere il pellame, ecc.) tanto da essere commercializzata e diffusa anche a grande distanza dai luoghi di estrazione e di produzione, in aree cioè dove questa roccia non si trova in natura.
L archeologo veneto Gian Carlo Zaffanella, nel corso di una recente missione in Anatolia, ha confermato che l’ossidiana scavata e lavorata in alcuni siti della Turchia centrale e orientale e precisamente sulle pendici vulcaniche della Cappadocia e del Monte Ararat, si è diffusa in tutto il Medio Oriente (Libano, Siria, Giordania, Iraq, Iran, Golfo Persico ed Egitto dove è stata trovat in sepolture pre-dinastiche) seguendo una vera e propria via dell’ossidiana .

 

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Cippo funerario romano, finemente scolpito, I sec. d.C. Mirano, Venezia    Scultura paleocristiana con l’immagine di san Prosdocimo, fine del V o inizio del VI sec. d.C.

 

Oltre che per strumenti da punta e da taglio, l’ossidiana fu impiegata per oggetti ornamentali come collane, piccoli vasi, balsamari, statuette e specchi, anche se per piccoli balsamari, vasetti e collane era preferito il marmo e l’alabastro, sicuramente più lavorabile dell’ossidiana.
Nel mondo antico gli Assiro-babilonesi e gli Egizi furono maestri nella lavorazione della pietra e ancor oggi stupisce la grande abilità artigianale che possedevano quei popoli nella costruzione e nella decorazione di templi e palazzi. Se è vero che l’arte statuaria inizia in Egitto (ne è esempio lo splendido Antinoo in marmo dei musei vaticani) è anche pacifico che fu la Grecia Classica e portate quest’arte ai più alti livelli. La statuaria greca ebbe grande sviluppo perché nei manufatti tridimensionali potevano essere egregiamente risolti gli aspetti contrastanti del realismo e dell’idealizzazione mitica che costituivano la costante dualità del pensiero greco filosofico-religioso.
Già nella scultura arcaica del periodo minoico-miceneo la scultura non è più soltanto rappresentata in un idolo nel quale si materializza il divino in forme vagamente antropomorfe, ma siamo di fronte a immagini che hanno l’apparenza della vita e che sembrano muoversi nello spazio.
Come opportunamente annota Giulio Carlo Argan: lo scultore lavorava con scalpelli a punta, riducendo via via il blocco di marmo tutt intorno alla figura ideale di cui andava ricercando i limiti e i contorni, quasi disegnandola nella materia. Procedendo dall’esterno, insomma, lo scultore non cercava tanto la superficie solida del corpo quanto il suo limite imponderabile con la luce e lo spazio: un limite, appunto, che definisse insieme lo spazio infinito e la forma umana in cui quasi simbolicamente di identificava.

 

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Strumenti preistorici in ossidiana ritrovati in Anatolia Ritoccatoio dell’Uomo del Similaun (Alto Adige), fine del IV millennio a.C. Cippo gromatico romano a Mirano, Venezia

Mentre nelle statue arcaiche e in molte statue del periodo classico, tra il V e il IV secolo a.C. prevale una tipicizzazione ideale e simbolica capace di trasmettere valori etici, ideali eroici e di sottolineare una forte sacralità dell’essere rappresentato, già nel periodo di Pericle compare timidamente un nuovo genere: la ritrattistica, una tipologia nella quale agli ideali di bellezza si andavano sovrapponendo esigenze di riprodurre la fisionomia del soggetto Sarebbe molto sbagliato liquidare la scultura romana come una semplice reiterazione di quella greca, innanzi tutto perché fu merito non da poco, proprio dei romani, averci tramandato buona parte della statuaria greca andata purtroppo distrutta, e poi perché la scultura romana ebbe un peculiare stile in cui si fondevano monumentalità e capacità narrativa (si pensi alla colonna di Traiano) e si accentuavano tutti gli elementi naturalistici e realistici, solo abbozzati nelle scultura greche.
Oltre che nella statuaria i romani in piegarono una grande varietà di marmi e di pietre nell’edilizia, sia come elementi strutturali sia come elementi decorativi, come nei mosaici, nelle pavimentazioni in marmi policromi di sale e di piscine, nelle decorazioni parietali nelle quali venivano impiegate tarsìe di marmo di diverso colore e venatura (l opus sectile, cioè il marmo segato).

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