Consulenze per il Pianoforte

Fortepiano da restaurare

a cura di Stefano Rogledi

Domanda

Carissimo Prof. Stefano Rogledi,
chiedo lumi sul pianoforte, di cui le mando alcune foto, che è appartenuto sempre alla mia famiglia, mai restaurato e di cui mi si dice forse risalente ai primi del 1800. Non sono riuscito a vedere targhette con numeri o nomi di costruttori.

Grazie
Antonio Guzzardo

Risposta

Gentilissimo Sig Antonio,
complimenti vivissimi per il Fortepiano in suo possesso.
Questo strumento, databile 1820 circa, testimonia la marcia di avvicinamento al moderno pianoforte.
Ricordiamo che il termine “Fortepiano”, fu adottato da Bartolomeo Cristofori da Padova, l’inventore, per differenziarlo dal Clavicembalo, strumento che lo ha preceduto insieme al Clavicordo (si rimanda il lettore all’articolo sulla storia del pianoforte, su questo stesso sito).
Certamente gli esemplari in circolazione sono ormai davvero pochi; da ciò l’alto valore storico di tale strumento.


La costruzione sembrerebbe rifarsi alla scuola italiana, con qualche richiamo agli esemplari piu blasonati di scuola Austriaca.
Fatto curioso è l’estensione molto scarsa della tastiera; tale caratteristica ne limita fortemente l’utilizzo come strumento solista.
La letteratura dell’epoca infatti si avvaleva di strumenti dall’estensione maggiore. Su questo fortepiano non è possibile eseguire per esempio le sonate di Mozart, che scendono piu in basso, men che meno Beethoven (anche se quest’ultimo suonava proprio su strumenti simili a questo ma dall’estensione maggiore).
Forse è eseguibile il “Clavicembalo ben temperato” di J.S.Bach, la cui tessitura ed estensione è probabilmente contenibile da tale strumento.
Si può supporre che servisse per istruire e accompagnare il coro, realizzando parti di cosiddetto “basso continuo”.

Tale pratica (basso continuo), si fonda sull’accompagnamento di un coro o una piccola orchestra, che prevede la realizzazione di parti improvvisate dall’esecutore, sulla base di una traccia armonica costituita da sigle. Da qui la libera scelta dell’esecutore di non scendere oltre i limiti imposti dalla tastiera. Ciò non sarebbe possibile naturalmente dove, in luogo di una traccia ci fosse una partitura precisamente scritta, a cui rimanere fedeli nell’esecuzione.

Le condizioni tecniche appaiono certamente pessime.
Il mio invito è di interpellare un restauratore “al di sopra di ogni sospetto”. Questo genere di strumenti va trattato con cautela e sapienza filologica;
un restauro, a mio giudizio, può essere effettuato solo da un tecnico che si occupi solamente di strumenti antichi (clavicembali, clavicordi, spinette, fortepiani), per non distruggerne il contenuto e il valore storico.
Musei, concertisti e appassionati collezionisti sono il terreno su cui eventualmente orientarsi per una vendita.
Non lo lasci dimenticato e vicino a una morte definitiva, se vorrà potrò fornirle nominativi (tecnici di riconosciuto valore internazionale) in grado di valutare il da farsi.

Cordialmente,
Stefano Rogledi

 

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