Il MobileTecniche decorative

Corso di Intarsio sul Legno

Fonte: Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari


L’intarsio è una tecnica di decorazione di superfici piane, curve o lievemente accidentate di oggetti in legno. Con questo tipo di lavorazione si personalizzano i mobili, poiché si ottengono degli effetti cromatici non esistenti in natura.

Aspetti generali della tecnica

L’intarsio ligneo si basa sul contrasto armonico di vari toni di tasselli di legno di diverse qualità, ma anche lamine metalliche, argento, scaglie di madreperla, avorio, tartaruga, ecc.

L’intarsio in genere è eseguito dall’ intarsiatore ma anche da un ebanista esperto nel disegno, i quali eseguono tagli con l’ausilio di seghetti finissimi, seguendo tutte le sinuosità, le svolte e le morbidezze del disegno ed ottenendone vari pezzi, detti “cavature”, talora anche minutissimi, che, a traforo finito, costituiscono le “tessere” per la ricostruzione del disegno originale. In ciascun pacchetto di cavature poi, l’intarsiatore sceglie quella che, per colore, gli occorre alla ricomposizione.

Tipi di intarsi
  • certosina: in cui vengono impiegate piccole tarsie di massello con essenze chiare e scure applicate a toppa.
  • marquetterie: è forse la tecnica più utilizzata, sovrapponendo fogli di varie essenze con uguale spessore e dimensione, con una sola operazione di taglio si ottiene il negativo e il positivo del disegno.
  • intarsio pirografato: è una tecnica di lavorazione che consiste nell’eseguire il disegno incidendo la superficie con una punta arroventata, ciò naturalmente non si addice ad un mobile d arte.
Gli strumenti

L’arte dell’intarsio è molto antica, la si fà risalire a circa 3000 anni fa nell’Egitto, dove la si realizzava corrodendo con acidi il legno. La tecnica è molto migliorata nell’800 e 900 con l’uso di finissime lame e seghette azionate a mano o a pedale.

Intarsio: seghetto a mano (traforo)
Intarsio: seghetto a pedali
Intarsio: moderna macchina traforatrice

Oggi per fortuna, gli strumenti sono molto migliorati, quasi all’inverosimile, per cui a livello professionale si utilizzano macchine traforatici alternative azionate a motore, con le quali è possibile ottenere una precisione elevatissima anche su grossi spessori di legno, unita ad un elevata velocità di esecuzione

Cos è l’ intarsio

Si dicono generalmente intarsi dall’arabo Tarsi , quelle opere ornamentali o figure ottenute commettendo sopra una superficie piana elementi variamente sagomati di materia diversa (legno, marmo, avorio, pietre colorate, eccetera).

L intarsio si applica alla decorazione di oggetti, mobili o alla architettura, rientrando nella più vasta categoria delle decorazioni polimateriche ottenute per incastri, inserzioni, incastonature, eccetera.

Le origini dell’ intarsio

La tecnica dell’intarsio ha origini antichissime. In Egitto, intarsi in avorio e legno appaiono fin dal tempo della prima dinastia in cofanetti decorati con motivi geometrici rinvenuti da molte tombe.

Già nella quarta dinastia, l’intarsio appare usato per i mobili come in alcune portantine ove a sua volta, l’ebano intarsiato con geroglifici d oro.

Nell’Asia Minore, invece, è più diffuso l’ intarsio di pietre dure e conchiglie (madre perla) disposte in un letto di bitume, si trovano, però, molti oggetti di uso comune con piccole decorazioni intarsiate di lavoro pregiato, come certe tavolette da giuoco, alcuni strumenti musicali, mobili di lusso ed altro.

Nell’ambito del mondo cretese, si trovano preziose figurine con intarsio di cristallo di rocca, madre perla, legno e oro su steatite.

Nel mondo greco più antico, si trovano solo echi letterali di opere analoghe a queste ora descritte, in genere con riferimento ad oggetti di importazione dall’oriente, ove, nel primo millennio, si mantiene la tradizione artigiana di questa produzione, come documentano intarsi eburnei di Assur o quelli lignei di tasso e bosso di Gordion, appartenenti a mobili o arredamenti.

L’ intarsio appare intorno al terzo secolo avanti Cristo nelle zone dell’Asia Minore e col passare del tempo si diffonde in Europa ed in particolare in Italia, dove compare con il nome di tarsia al tempo dell’Impero romano.

Scatole, cofanetti, oggetti di legno erano generalmente coperti di stucco e di pittura.

L’ impiego del legno al naturale era cosa nuova che esigeva l’opera di intarsiatori abili nel ritagliare sottili lamine e nel variare i colori per mezzo dei legni diversi che si potevano rinvenire in Italia come l’ebano, il cipresso, il bosso ed il noce.

Alla fine del XV secolo si ricorse alla tintura. Inizialmente si sfruttò soprattutto il contrasto dei toni chiari, dati dalla fusaggine e dal bosso, e di quelli scuri per i quali si usavano l’ebano ed il noce.

Le ombreggiature si ottenevano annerendo il legno col ferro rovente quando le lamine erano già applicate con il mastice.

L’ invenzione di un procedimento che permetteva di tingere il legno per mezzo della bollitura sarebbe dovuta, secondo il Vasari, a frà Giovanni da Verona, mentre altri attribuiscono la scoperta ai fratelli Lendinara.

Inizialmente la tarsia venne detta certosina e consisteva in tasselli di essenze di legno, intarsiate con figure semplici e stilizzate, inserite in un asse di massello con incastri tanto perfetti da essere bloccati senza l’uso della colla.

Per più di mille anni non si eseguirono più lavori ad intarsi, poi la tecnica tornò alla ribalta soprattutto in Toscana ove venivano applicate nuove tecniche quali la tarsia geometrica che implica la copertura totale della struttura su cui si desiderava riportare l’intarsio con parti di listra (l impiallacciatura non era ancora stata scoperta) assemblate tra loro.

Solo nel 400 i grandi intarsiatori fiorentini cominciano ad impreziosire questa tecnica inserendo le prime regole di prospettiva ed utilizzando delle ombreggiature che donano maggiore effetto a quelli che erano diventati veri e propri dipinti. Come è noto la nuova visione prospettica ebbe un incremento decisivo verso il 1425÷1435 con le dimostrazioni del Brunelleschi e dell’Alberti che traggono spunto dalle vedute delle città.

In questi casi particolare, il decrescere regolare delle mura laterali, simile a quinte teatrali, e le fughe dei lastricati possono facilmente tradursi in strutture lineari.

L’intersezione delle linee di fuga e degli ortogonali, determinano un reticolato di figure semplici, facili da rendere ritagliando le lamine lignee.

Le prospettive urbane non erano solo un esercizio caro agli intarsiatori, ma chiarivano anche la ragione d essere della loro arte.

Parecchi in questo periodo sono i cassoni ornati con pannelli di questo genere.

Lo stesso Vasari descrive l’abilità di alcuni intarsiatori nell’arte di combinare legni tinti di diversi colori per suscitarne prospettive, viticci ed altri oggett6i di fantasia che eran stati introdotti al tempo di Filippo Brunelleschi e di Paolo Uccello .

Nel 500 le difficoltà aumentano: gli intarsi presentano decori costituiti da composizioni di forma geometrica continuamente ripetute fatti con piccoli pezzi di legno tagliati ad uno ad uno cercando di ripetere la stessa forma e le stesse dimensioni.

E in questo secolo che, per semplificare il lavoro, si inventa la tarsia a toppo , ossia l’unione di varie bacchette di legno nelle forme geometriche che si vogliono riprodurre: l’estremità di queste bacchette riportano esattamente il disegno di cui si ha bisogno, quindi basta incollare tra loro i legni, scegliendo esattamente l’ordine in cui si vuole che appaiano nel decoro, e tagliarli in piccoli strati per ottenere sempre il medesimo disegno con la stessa forma e lo stesso spessore; il lavoro così diventa molto più semplice da eseguire.

Come per tutte le forme artistiche, anche nell’arte dell’intarsio, le evoluzioni portano una maggiore complessità dei soggetti prescelti nei quali vengono introdotti paesaggi caratteristici e scene di vita dell’epoca.

Con il passare degli anni, diventa di moda la lastronatura degli stipi con essenze pregiate, come l’ebano, in modo da consentire l’esecuzione di intagli a basso rilievo (potevano permettersi l’ebano solo committenti di alto rango, e quindi questo materiale veniva spesso sostituito con del pero ebanizzato, cioè tinto di nero).

Altra innovazione del tempo è l’introduzione di seghetti che consentono di ottenere tessere con un taglio molto più preciso e complesso.

All’inizio del 600 gli intarsiatori italiani lavorano in tutta Europa; in particolare il gruppo stabilitosi in Germania approfondisce una nuova tecnica denominata a foro e controforo : si possono ottenere svariati intarsi con il medesimo disegno, ma allo stesso tempo con diverse essenze di differenti colori.

Per creare un intarsio, secondo questa tecnica, basta prendere vari fogli di impiallacciatura e bloccarli all’interno di due spessori di legno, abbastanza fini da consentire il taglio senza troppa fatica, e seguire il disegno prescelto.

Una volta terminato il traforo, si ricompone il disegno giocando con le varie essenze e seguendo le venature ed i contrasti di chiaro-scuro.

I grandi maestri
Secrètaire boulle
Intarsio Boulle

Nel periodo tra il 1600 e 1700 spicca in modo particolare Andrè Charles Boulle (1642 – 1732)che, pur non avendo creato la tecnica dell’intarsio a foro e controforo, diventa famoso per averla perfezionata ai massimi livelli e per aver introdotto nuovi materiali come il metallo, il corallo, bois de rose del Brasile, palissandro dell’India e amaranto della Guyana.

Con l’uso dei materiali quali ottone e madreperla per circa 50 anni, si ricavano mobili molto raffinati adatti alla dimora del Re Sole ed oggi gelosamente custoditi presso il museo del Louvre a Parigi.

Con il 700 si ricomincia ad usare il legno come materiale primario per questi capolavori.

Molto ricercate sono le angolazione delle venature per gli sfondi assemblati a seconda del taglio del legno.

Gli intarsi che hanno raggiunto livelli di perfezione impensabili, vengono riquadrati da filettature come se fossero veri e propri dipinti incorniciati; questi raffinati disegni sono addirittura progettati da famosi pittori e realizzati con contrasti molto meno appariscenti di quelli del periodo precedente ma con particolari molto più dettagliati e precisi.

Il 13 novembre 1738 nasce in Italia Giuseppe Maggiolini, uno dei maggiori intarsiatori della storia. I suoi lavori di grandissima precisione spiccano per la grande quantità di essenze lignee, tutte differenti tra loro; esistono ancora oggi documenti che riportano le difficoltà incontrate per procurarsi più di ottanta tipi diversi di legno e per ottenere quei sottili fogli che permettevano al maestro di dare vita a fantastiche composizioni policrome.

Anche nell’800 la Francia è la culla di nuovi stili artistici che prendono il nome o da un monarca o dal periodo storico che il Paese attraversa: in ondine temporale troviamo lo stile Impero (inizia nel 1804 con l’ascesa in trono di Napoleone e termina intorno al 1815 con il Congresso di Vienna), lo stile Carlo X, lo stile Luigi Filippo e lo stile Napoleone III, che con breve intervallo di tempo, tra l’uno e l’altro, influenzano l’arte variandone piccoli particolari.

In questo secolo i fastosi intarsi geometrici vengono accantonati per passare ad un decoro più lineare e sobrio.

Comò in stile direttorio (Collezione del Castello di Fontainebleau) realizzato da Guillaume Beneman per il salone della regina Ortensia di Beauharnais, moglie di Luigi Bonaparte.

Con Napoleone I l’arredo acquista strutture soprattutto rettilinee: spariscono le smussature degli angoli e il mobile mantiene solo le linee essenziali, i bronzi sostituiscono parte della marqueterie e vengono applicate al mobile, come già nel 700, con piccole viti invisibili dall’esterno.

Alcuni ebanisti continuano comunque ad intarsiare i loro capolavori, prediligendo motivi classici, come anfore e coppe, festoni, corone di alloro e pregiati giochi di fondo ottenuti con differenti tipi di venature accostate tra loro.

La firma del laboratorio di Giuseppe Maggiolini a Parabiago (Milano) su un cassettone intarsiato conservato nella Villa Reale di Monza.

Con l’ascesa al trono di Carlo X, per esempio, è di moda l’uso di essenze di legno con colori contrastanti: intarsi molto scuri si staccano completamente dal colore chiaro di fondo. Attorno al 1830 lo stile Luigi Filippo inverte completamente il gioco di chiaro-scuro del periodo precedente e riprende stili e tecniche precedenti.

Nel 1852 entriamo nel regno di Napoleone III in cui rivivono tutti gli stili precedenti: si ripropongono gli arredamenti del passato come mobili Boulle riprodotti seguendo attentamente le tecniche originali.

Per quanto riguarda i materiali di intarsio di inizio ottocento si può facilmente constatare che la qualità migliora col passare degli anni.

Scrittoio Art Nouveau realizzato da Louis Majorelle

E verso la fine del secolo che cominciano ad operare quegli intarsiatori che ci introdurranno alle tecniche decorative del nostro secolo; nasce infatti una nuova idea architettonica che si rispecchia come sempre nell’arredamento: l’ art nouveau o modern style, presenta come novità il disegno composto da soli elementi vegetali, caratterizzati da lunghi gambi che si intrecciano tra loro quasi sempre riquadrati da composizioni scultoree alquanto fantasiose.

Anche il prezzo degli intarsi si abbassa perché i macchinari sono sempre più sofisticati e consentono maggiori precisioni, rendendo il lavoro facile, veloce e di ottimo risultato.

Approfondimento

Il termine “tarsia” deriva dall’arabo “tarsi” (decorazione preziosa o incrostazione) e fu dato ai primi lavori certosini in cui i motivi ornamentali traevano ispirazione dagli intarsi marmorei mussulmani. Questa definizione deriva dai monaci certosini dell’ordine di San Bruno che trassero questo stile dal “Mudejar” spagnolo, a sua volta derivante da stilemi arabi. L uso della tecnica , certosina o a toppo, si sviluppò soprattutto in Veneto e Lombardia grazie anche ai numerosi contatti commerciali che la Serenissima aveva con il Medio Oriente.

La tarsia dal Quattrocento al Seicento

Il Quattrocento fu il periodo di massimo splendore per la tarsia, dovuto, grazie agli studi e alle ricerche sulla prospettiva fatti da grandi artisti, architetti e matematici dell’epoca come Brunelleshi, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, convalidati dagli studi matematici di Luca Pacioli, nel trattato “De Divina Proportione”.

La tecnica più usata fra il 1440 e 1540 è l’intarsio pittorico, che consisteva nel prendere la sagoma del cartone o progetto e nel riportarla nei vari tipi di listre di legno, di diverso colore o tinte per le precedenti immersioni in soluzioni colorate. Con l’evoluzione delle tecniche di tintura e dell’ombreggiatura, gli intarsiatori, dettero vita a motivi naturalistici e a complesse scene figurate che permisero di ottenere degli effetti analoghi (anche se limitati) alla pittura.

La più alta espressione di questa tecnica è la tarsia pittorica-prospettica che riproduce complesse vedute architettoniche strettamente legate con i contemporanei studi di prospettiva lineare.

La produzione di tarsia fra la prima metà del quattrocento e i primi del cinquecento è segnata dall’esigenza di un nuovo ordine geometrico e compositivo ispirato, come abbiamo già detto, ai grandi architetti del tempo.

Qui forse insiste il maggior fascino della produzione intarsiata a soggetto urbano o architettonico nel trasfigurare la città reale in forma ideale, come nell’anonima tavola dipinta della città ideale a Urbino.

L’epicentro della produzione intarsiata fu Firenze; infatti dalle informazioni fornite da Benedetto Dei, intorno al 1470 vi erano 84 botteghe di legnaiolo di tarsia e intagliatori, tutte in via Tornabuoni e in via Larga dei legnaioli.

Gli esponenti maggiori di questa arte furono Giuliano e Benedetto da Majano,autori degli armadi della sagrestia Nuova di S. Maria del Fiore; Baccio Pontelli che realizzò il celebre studiolo di Federigo da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, eseguito i su disegni di Francesco di Giorgio Martini e del Botticelli; i Bencivenni, che intarsiarono gli stalli del coro di Todi e i pannelli del Collegio Del Cambio a Perugia; I fratelli Canozzi da Lendinara, che come abbiamo già detto operarono tra Emilia e Veneto; i senesi Ammannati e Antonio Barili; il veneto Fra Giovanni da Verona, che intarsiò il coro di Monte Oliveto Maggiore .

ll’declino di quest’arte giunse verso la metà del Cinquecento: i motivi sono da legare al venire meno degli interessi della prospettiva lineare e a una nuova concezione dell’interpretazione di questa tecnica la quale voleva avvicinarsi sempre più ad una maniera e verosimiglianza pittorica, cosa che invece la portò ad una banale produzione di opere di mero virtuosismo.

La tipologia della tarsia seicentesca consiste nell’adoperare materiali ed essenze diverse, come l’avorio, l’ebano, le pietre dure, le lamine di metallo, di rame e ottone accostate a tartaruga e listrature di legni di radica (che comunemente era di legno di noce).

L uso di queste essenze preziose fu dovuto alle scoperte e agli scambi commerciali che introdussero nuovi materiali .

In questo secolo la tecnica più in auge è l’intaglio; uno dei massimi esponenti nell’area veneta, fu Andrea Brustolon che fu il maggior artefice di questo esuberante stile decorativo.
In questo periodo il nome o la definizione dell’intarsiatore assume quello di ebanista, per la qualità dei materiali adoperati e il tipo di lavoro ricercato distinguendo così il suo lavoro da quello del comune falegname.


Mobile attribuito a Andrè Charles Boulle.

Il nome di ebanista deriva da ebano legno scurissimo di colore nero, che fu usato moltissimo in questo secolo per far risaltare le materie che gli venivano accostate, basti pensare alle tarsie eseguite con tartaruga e ottone, rame o argento da Charles Boulle, grande ebanista alla corte di Luigi XIV.

Questo tipo di tarsia prende il nome dall’ebanista Boulle ma fu importato in Francia da artigiani italiani al servizio di Maria dei Medici.

A questo tipo di legno furono accostate anche le pietre dure con la tecnica del commesso, dando al mobile una raffinatezza unica.

Questi accostamenti furono dovuti alla creazione dell’Opificio delle Pietre Dure istituito da Ferdinando I a Firenze, che in collaborazione con gli ebanisti produsse splendidi esemplari di mobili come inginocchiatoi, piani di tavoli e stipi, mobili questi ultimi che per la loro struttura e le loro funzioni meglio si prestavano ad accogliere questo tipo di decorazione.

Cenni sulla tarsia settecentesca

Con l’ inizio del settecento, lo stile Barocco, che fu lo stile predominante nel XVII sec., si trasforma nell’esaltazione delle forme decorative nel Barocchetto o Rococò.

Nei primi anni del secolo il mobile perde la rigorosità nella struttura e assume forme slanciate e involute, grazie soprattutto ad una decorazione che si basa su motivi di svolazzi, ghirigori, riccioli e conchiglie.

Nel primo settecento è ancora l’ intaglio la tecnica predominante, ed arriva all’apogeo dell’eccesso e del virtuosismo in questo periodo.

L intarsio nel XVIII sec. compare nel mobile con legni pregiati e particolarmente raffinati come il palissandro, il legno di rosa, il violetto, il noce d india, ecc.
In questo periodo si perfeziona la tecnica del taglio del legname, con l’utilizzo di legni pregiati che non potevano essere sprecati, sia per il costo che per la rarità; gli spessori dei piallacci potevano variare da 1mm. ai 3 mm. a seconda della necessità.

Il tronco era segato manualmente e dovremo aspettare gli inizi del XIX sec. per ottenere listrature più sottili, attraverso l’utilizzo dei primi macchinari per la tranciatura del tronco.

La listratura si adattava benissimo al mobile settecentesco, che era costruito di un ossatura di legno povero e possedeva forme mosse e molto accentuate poi rivestito con impiallacciature di legni pregiati che si prestavano al meglio per le curve e le bombature del mobile. La tarsia usufruiva dell’impiallacciatura usandola per ottenere delle policromie più complesse con la tecnica dell’intarsio a incastro, oppure di tagli particolari dei legni (a fetta di salame o a lisca di pesce) creando delle decorazioni, che caratterizzarono questo periodo storico.

Nel corso del settecento, con la fine dell’epoca del Rococò e l’avvento del Neoclassicismo lo stile dei mobili (e di conseguenza la tarsia) cambia genere, passando dai motivi di ceste, riccioli, conchiglie e ghirigori, alla riscoperta delle forme classiche.

I soggetti trattati in questo periodo riprendono scene mitologiche, fantasie architettoniche, tutti temi che riprendevano spunto dal mondo classico, grazie all’interesse sul ritrovamento relativi agli scavi di Pompei.


Piccolo tavolo tondo attribuito a G. Maggiolini

Massimo esponente del gusto Neoclassico nell’ambito della produzione del mobile lombardo fu Giuseppe Maggiolini che portò la tecnica della tarsia a eccezionali risultati sia per la bravura dell’esecuzione sia per la qualità del disegno che gli era fornito dai più validi artisti del tempo attivi a Milano, come Andrea Appiani, Giocondo Albertolli e Giuseppe Levati.

Altra area geografica dove si ebbe un uso importante della tarsia, fu il napoletano, in special modo a Sorrento dove nel corso del 1800, eccelsi intarsiatori riuscirono ad ottenere risultati, con l’ausilio di ritocchi acquerellati e a china, di considerevole rilevanza. Con la fine del periodo Neoclassico non abbiamo più avuto un interesse specifico per la tarsia; questa tipo di arte, anche se sempre usata, non ha trovato fino ad oggi un posto di rilievo nella decorazione in genere.


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Mastro Santi del Sere

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