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Il Mobile - Tecniche decorative | ||||||||||||||||||||||
Scritto da Mastro Santi | ||||||||||||||||||||||
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Fonte: Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari ***
ApprofondimentoIl termine "tarsia" deriva dall'arabo "tarsi" (decorazione preziosa o incrostazione) e fu dato ai primi lavori certosini in cui i motivi ornamentali traevano ispirazione dagli intarsi marmorei mussulmani. Questa definizione deriva dai monaci certosini dell'ordine di San Bruno che trassero questo stile dal "Mudejar" spagnolo, a sua volta derivante da stilemi arabi. L uso della tecnica , certosina o a toppo, si sviluppò soprattutto in Veneto e Lombardia grazie anche ai numerosi contatti commerciali che la Serenissima aveva con il Medio Oriente. La tarsia dal Quattrocento al Seicento Il Quattrocento fu il periodo di massimo splendore per la tarsia, dovuto, grazie agli studi e alle ricerche sulla prospettiva fatti da grandi artisti, architetti e matematici dell'epoca come Brunelleshi, Paolo Uccello, Piero della Francesca, Leon Battista Alberti, convalidati dagli studi matematici di Luca Pacioli, nel trattato "De Divina Proportione".
La produzione di tarsia fra la prima metà del quattrocento e i primi del cinquecento è segnata dall'esigenza di un nuovo ordine geometrico e compositivo ispirato, come abbiamo già detto, ai grandi architetti del tempo. Qui forse insiste il maggior fascino della produzione intarsiata a soggetto urbano o architettonico nel trasfigurare la città reale in forma ideale, come nell'anonima tavola dipinta della città ideale a Urbino. L'epicentro della produzione intarsiata fu Firenze; infatti dalle informazioni fornite da Benedetto Dei, intorno al 1470 vi erano 84 botteghe di legnaiolo di tarsia e intagliatori, tutte in via Tornabuoni e in via Larga dei legnaioli. Gli esponenti maggiori di questa arte furono Giuliano e Benedetto da Majano,autori degli armadi della sagrestia Nuova di S. Maria del Fiore; Baccio Pontelli che realizzò il celebre studiolo di Federigo da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, eseguito i su disegni di Francesco di Giorgio Martini e del Botticelli; i Bencivenni, che intarsiarono gli stalli del coro di Todi e i pannelli del Collegio Del Cambio a Perugia; I fratelli Canozzi da Lendinara, che come abbiamo già detto operarono tra Emilia e Veneto; i senesi Ammannati e Antonio Barili; il veneto Fra Giovanni da Verona, che intarsiò il coro di Monte Oliveto Maggiore . ll'declino di quest'arte giunse verso la metà del Cinquecento: i motivi sono da legare al venire meno degli interessi della prospettiva lineare e a una nuova concezione dell'interpretazione di questa tecnica la quale voleva avvicinarsi sempre più ad una maniera e verosimiglianza pittorica, cosa che invece la portò ad una banale produzione di opere di mero virtuosismo. La tipologia della tarsia seicentesca consiste nell'adoperare materiali ed essenze diverse, come l'avorio, l'ebano, le pietre dure, le lamine di metallo, di rame e ottone accostate a tartaruga e listrature di legni di radica (che comunemente era di legno di noce). L uso di queste essenze preziose fu dovuto alle scoperte e agli scambi commerciali che introdussero nuovi materiali . In questo secolo la tecnica più in auge è l'intaglio; uno dei massimi esponenti nell'area veneta, fu Andrea Brustolon che fu il maggior artefice di questo esuberante stile decorativo.
A questo tipo di legno furono accostate anche le pietre dure con la tecnica del commesso, dando al mobile una raffinatezza unica. Questi accostamenti furono dovuti alla creazione dell'Opificio delle Pietre Dure istituito da Ferdinando I a Firenze, che in collaborazione con gli ebanisti produsse splendidi esemplari di mobili come inginocchiatoi, piani di tavoli e stipi, mobili questi ultimi che per la loro struttura e le loro funzioni meglio si prestavano ad accogliere questo tipo di decorazione. Cenni sulla tarsia settecentesca
Nei primi anni del secolo il mobile perde la rigorosità nella struttura e assume forme slanciate e involute, grazie soprattutto ad una decorazione che si basa su motivi di svolazzi, ghirigori, riccioli e conchiglie. Nel primo settecento è ancora l' intaglio la tecnica predominante, ed arriva all'apogeo dell'eccesso e del virtuosismo in questo periodo.
Il tronco era segato manualmente e dovremo aspettare gli inizi del XIX sec. per ottenere listrature più sottili, attraverso l'utilizzo dei primi macchinari per la tranciatura del tronco. La listratura si adattava benissimo al mobile settecentesco, che era costruito di un ossatura di legno povero e possedeva forme mosse e molto accentuate poi rivestito con impiallacciature di legni pregiati che si prestavano al meglio per le curve e le bombature del mobile. La tarsia usufruiva dell'impiallacciatura usandola per ottenere delle policromie più complesse con la tecnica dell'intarsio a incastro, oppure di tagli particolari dei legni (a fetta di salame o a lisca di pesce) creando delle decorazioni, che caratterizzarono questo periodo storico. Nel corso del settecento, con la fine dell'epoca del Rococò e l'avvento del Neoclassicismo lo stile dei mobili (e di conseguenza la tarsia) cambia genere, passando dai motivi di ceste, riccioli, conchiglie e ghirigori, alla riscoperta delle forme classiche. I soggetti trattati in questo periodo riprendono scene mitologiche, fantasie architettoniche, tutti temi che riprendevano spunto dal mondo classico, grazie all'interesse sul ritrovamento relativi agli scavi di Pompei.
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