Il MobileLe Fasi del Restauro

Materiali e tecniche antiche nel restauro del mobile

Fonte: IL MOBILE conservazione e Restauro di Cristina Ordonez, Leticia Ordonez,Maria Del Mar Rotaeche Casa Editrice: Nardini Editore

Da quando esistono le prime civiltà organizzate, si vengono affermando due categorie di artigiani. Una lavorava per le classi ricche ed elevate, producendo in piccola quantità prodotti di lusso che esigevano grande abilità manuale, idee e materie prime costose; l’altra riforniva un mercato molto più esteso formato dal grande pubblico, dove bisognava produrre il più possibile a bassi costi.

Per fare questo era molto importante adottare le tecniche più avanzate e ricercare materie prime meno costose. Per contro i progressi tecnici venivano introdotti molto lentamente nelle botteghe artigiane che producevano gli oggetti più costosi.

 Le corporazioni

L artigianato fu l’unica forma produttiva dell’età classica, restò fiorente per tutto il medioevo con regole e corporazioni e fu profondamente ridimensionato e modificato con la rivoluzione industriale. Ancora nel 500 la conoscenza dei materiali e delle tecniche artigianali era considerata un segreto del mestiere da tramandare oralmente; infatti estranei e stranieri erano esclusi dalle corporazioni di arti e mestieri.

Verso la fine del 500 vengono compilati alcuni manuali di tecnica metallurgica, vetraria e orafa. Nel Seicento e nel Settecento anche grazie alla spinta dell’illuminismo vennero pubblicati altri testi specifici. Verso la fine del medioevo iniziano a nascere le varie corporazioni; gli artigiani che lavorano il legno cominciano ad organizzarsi in gruppi di specialità: ad esempio esistevano con ovvi compiti diversi il bottaio, il fabbricante di archi e frecce, il carpentiere, il falegname, ecc…, i quali frequentavano tirocini diversi e percepivano compensi differenziati.

Nel progredire dei tempi aumentava la tendenza alla specializzazione e verso la fine del 700, cioè all’inizio della rivoluzione industriale, tutte le tecniche per costruire e decorare i mobili erano compito di artigiani diversi; troveremo quindi come già ai nostri giorni: falegnami, ebanisti, seggiolai, tornitori, intagliatori, verniciatori, doratori, laccatori, imbottitori ecc …

A Torino nacque nel 1636 e sopravvisse fino al 1844 una importante corporazione: l’Università dei Minusieri. La semplice denominazione di “Università dei Minusieri” ben presto si arricchisce di altre specifiche e sul frontespizio del “Registro dei Mastri” che si tiene dal 1675, si legge: Università dei Minusieri, Ebanisti, Mastri da carrozze, Montadori d armi, Botellari et fabricatori di cadreghe di Torino e dei suoi Borghi. Fabbricatori di sedie e costruttori di botti, all’interno dell’Università, diventeranno presto una categoria unica con i minusieri.

Il falegname è genericamente il fabbricatore di mobili; come ho appena accennato, in agglomerati produttivi di una certa importanza, esso è affiancato da specialisti che permettono di ottimizzare la produzione sia dal punto di vista della qualità che dei tempi di esecuzione.

La stessa cosa non avviene nelle piccole o piccolissime botteghe dove non essendoci una produzione quantitativamente importante, l’unico o i pochissimi addetti accentrano le varie specialità. 

Evoluzione della tecnica di costruzione

Proprio in questi anni si sviluppa e consolida una tecnica di lavorazione del mobile, altamente innovativa in confronto al semplice sistema di inchiodare le assi l’una all’altra lungo gli spigoli. Come si è visto, il legno si muove principalmente trasversalmente alle venature, ciò faceva si che i pezzi inchiodati tendessero a spaccarsi. Il nuovo modello di cassone era composto da un telaio o cornice, formato da una serie di listelli che montati verticalmente prendevano il nome di “montanti” e orizzontalmente di “traverse”. All’interno di queste cornici venivano poi inseriti, in apposite scanalature, i pannelli. Gli elementi di questo telaio, erano tenuti insieme da un tipo di giunto già ampiamente usato in passato dagli egizi, i quali, abilissimi artigiani, diversi secoli prima, avevano già inventato molte delle tecniche fondamentali impiegate nel fabbricare e decorare mobili. Il giunto è formato da un incavo rettangolare detto mortasa e da una sporgenza nell’altro elemento del giunto, sagomata in modo da penetrare nell’incavo, detta tenone. Le forme di queste giunzioni possono essere molteplici, ma il principio ispiratore è sempre lo stesso. Sembra che questa importante innovazione venga riscoperta in Italia e da qui il suo uso si diffuse in tutta Europa.

L’ uso della colla non viene mai registrato prima della fine del sec.XVII°, quindi per rendere gli incastri robusti e duraturi si usarono chiavi e perni in legno che inseriti in fori appositamente praticati, rendevano stabile la giunzione.

Una notevole evoluzione della tecnica, avviene con la scoperta della possibilità, di curvare il legno.

In un primo momento, si usarono alberi giovani e di taglio fresco, sfruttando la loro elasticità, li si fissava in posizioni predeterminate e cosi si lasciavano seccare. In seguito si scoprì che anche il legno di alberi maturi o stagionato poteva essere curvato, dopo averlo fatto bollire o trattato con il vapore. Questa tecnica, oltre a consentire un minor spreco di materiale, permette di costruire un pezzo più resistente, perché la venatura corre nel senso della curvatura.

Gli attrezzi

Gli strumenti manuali usati dal falegname nei vari tempi, sono simili a quelli che ancora oggi vengono usati dall’artigiano o dal restauratore. L’unica differenza sostanziale, la si può trovare nella qualità dei metalli, con cui in parte sono composti; qualità oggi migliorata dai progressi tecnici.

Artigiani specializzati e mobili di pregio

Il termine ebanista, sta ad indicare genericamente, la categoria dei più abili ed esperti tra gli artigiani del mobile. Letteralmente il termine deriva dalla denominazione francese: menuisier en ébene; cioè falegname specializzato nella preziosa lavorazione di legni pregiati, tra cui appunto l’ebano. Spesso venne usato anche il termine di stipettaio, altra denominazione per indicare l’artigiano che costruisce mobili di pregio e impiallacciati. Vi ricordo che lo stipo è quel particolare tipo di mobile, a forma di parallelepipedo, destinato ad essere appoggiato su tavoli e cassoni: lo spazio interno, chiuso da ante o ribalte, era organizzato e diviso in numerosi piccoli scomparti, cassettini e sportelli anche segreti e veniva usato per contenere documenti, gioielli, denari, oggetti preziosi e piccole collezioni. Ha origine in Italia all’inizio del 500 e chiaramente destinato alle classi ricche e nobili dell’epoca, diventerà con il 600 il mobile aulico per eccellenza.

La costruzione di qualunque mobile pregiato, iniziava con l’assemblaggio della struttura, detta anche telaio o carcassa, che in realtà determinava la forma. Questa struttura destinata poi ad essere ricoperta con piallacci, doveva essere solida e ben levigata e tutti i migliori incastri conosciuti, tra cui non ultimo quello a coda di rondine, magistralmente utilizzati. Quando, soprattutto nel 700, la struttura doveva prendere una forma a serpentina o bombè, si usava comunemente una tecnica detta a blocchi; cioè venivano tagliati piccoli pezzi di legno che simili a mattoni e in parte già grossolanamente sagomati, venivano legati insieme e poi levigati sino ad ottenere la forma desiderata.

Gli antichi Egizi, i Greci ed i Romani già conoscevano la tecnica di applicare sottili fogli di legno pregiato, su una struttura di legno più economico. A seconda del taglio adottato nel sezionare il tronco, si otterranno disegni diversi e innumerevoli possibilità di composizione. I metodi di taglio manuale in uso nel seicento e nel settecento, permettevano l’ottenimento di piallacci o lastroni, con spessori variabili da tre a sei millimetri, quindi grande spreco di materiale.

Metodi meccanici moderni, permettono l’ottenimento di piallacci, dello spessore anche di circa 0,5 mm. In genere il foglio di piallaccio, veniva immerso nell’acqua per diverse ore e successivamente pressato tra due pannelli, onde ottenere in due o tre giorni, un foglio perfettamente asciutto e piatto.

Sia la base che la lastronatura, veniva preparata con una pialla particolare, con ferro a denti, che eliminava le irregolarità, ma nello stesso tempo, rendendo ruvida la superficie, aumentava la superficie di adesione della colla. Gli eccessi di colla e le bolle d aria, venivano eliminati lavorando la superficie, con un apposito martello da impiallacciatura; sulle superfici curve, venivano sovente usati sacchi di sabbia, per far meglio aderire i piallacci, fino ad asciugatura della colla. Alla fine a colla completamente asciutta venivano rifiniti gli spessori.

Tecniche decorative
Intarsio e marqueterie.

L intarsio è una tecnica molto antica e viene ripresa in Italia già dal 400. Consiste nell’accostare ed inserire in una superficie lignea, precedentemente incavata a tale scopo, una serie di tasselli lignei o di altro materiale, appositamente sagomati e di essenza o colore diversi, predisposti in modo tale da riprodurre un disegno o una decorazione. L intarsio poteva essere a secco, nel caso le varie tessere fossero accostate con il semplice incastro; diversamente si ricorreva ad un mastice per fissarle. Oltre a sfruttare le colorazioni naturali dei vari legni, venivano spesso usati altri materiali, come l’avorio e la madreperla.

In alcuni casi, per sveltire il lavoro, invece di inserire nell’incavo, appositamente creato, i vari tasselli, lo si riempiva semplicemente con stucco; a verniciatura eseguita l’effetto decorativo era pressoché lo stesso. Altre volte l’intarsio, veniva simulato, semplicemente, con una decorazione a pennello in colore contrastante. L effetto era comunque assicurato.

Come abbiamo visto l’intarsio è eseguito su supporto in massello; si parlerà invece di marqueterie, quando il motivo decorativo, viene composto da una lastronatura fatta di legni diversi, a volte accostati con altri materiali, quali l’avorio, la tartaruga, il peltro, l’ottone, che si compongono tra loro come un puzzle. (nel caso vengano usati per la composizione dell’intarsio materiali diversi da essenze lignee, si parla allora di incrostazione ndr).

Taglio delle tessere: Riuniti i vari piallacci, con colori ed essenze diverse, che dovevano venire utilizzati e formato così un unico pacchetto, si procedeva al taglio contemporaneo, di tutti gli strati, secondo il disegno precostituito. A taglio eseguito e separati i vari strati, si procedeva all’assemblaggio accostando materiali e colori desiderati, appunto come si esegue un puzzle. Costituito il disegno, si fissavano per comodità i vari elementi su un foglio di carta e il tutto veniva poi incollato sulla struttura del mobile. In alcuni casi, gli artigiani ebanisti per ampliare la varietà delle colorazioni, usavano legni tinti.

La Tornitura

La tecnica di far ruotare un pezzo di legno su struttura apposita e di comporre la forma desiderata, utilizzando un utensile da taglio che agisce sullo stesso, è un sistema già usato dai soliti antichi Egizi e successivamente da Greci e Romani. Si hanno notizie che a Colonia, i tornitori già dal 1180, avevano costituito una propria corporazione, addirittura separata da quella degli altri artigiani del legno, cosa questa che sottolinea l’importanza del loro operato.

Una delle forme più semplici e primitive è il cosiddetto tornio a pertica che funzionava grazie all’elasticità di un lungo palo. Il pezzo da tornire, veniva fissato su una semplice incastellatura, munita di punta e contropunta, entro cui lo stesso veniva imprigionato; la punta imprimeva il movimento di rotazione, tramite una corda avvolta sulla stessa e collegata da un lato al palo e dall’altro ad un pedale. Schiacciando il pedale e portando quindi in tensione la corda, essa faceva ruotare il pezzo verso l’operatore; nel momento in cui si rilasciava il pedale, la corda, richiamata dall’elasticità del palo, faceva ruotare il pezzo in senso opposto. L evoluzione, sarà l’applicazione di una ruota che da principio un aiutante girava manualmente e successivamente verrà mossa da motore.

Intaglio

Tra le tecniche più antiche e diffuse nella lavorazione del legno, sicuramente si deve annoverare l’intaglio.

Esso si ottiene scavando la superficie con scalpello e sgorbia, seguendo un disegno prestabilito. I procedimenti partono dai più semplici, consistenti ad esempio in primitive incisioni sulla superficie, magari accompagnate da una serie di disegni ripetitivi, impressi con appositi punzoni, fino ad arrivare a vero e proprio intaglio scultoreo, assai più complesso, dove si potrà facilmente parlare come nella scultura, di bassorilievo, altorilievo e intaglio a tutto tondo. come dimenticare la splendida arte scultorea di Giuseppe Maria Bonzanigo, attivo a Torino e prima ancora, in ordine di tempo, quella del veneto Andrea Brustolon. Quasi tutti i legni, usati normalmente nella lavorazione dei mobili, possono essere usati per l’intaglio, erano comunque preferiti quelli con venatura più compatta. Usatissimo in Italia fu il noce. I pezzi che dovevano essere laccati o dorati, venivano preferibilmente eseguiti con legni teneri quali pioppo, cirmolo, abete. Dal 1850, si iniziano a costruire macchine, in grado di produrre meccanicamente l’intaglio. Tale automazione, negli anni enormemente migliorata, permette oggi di eseguire, nella lavorazione di serie, lavori perfetti. L intaglio manuale, sopravvive nella produzione artistica e nelle varie fasi del restauro, dove la riproduzione di un solo particolare, fà economicamente preferire la manualità.

Antichi arredi

Nella seconda metà del 400 esistono nell’arredo pochissime tipologie di mobili e tra queste sicuramente il più importante è rappresentato dal cassone.  Esso infatti viene usato come credenza, dispensa, guardaroba e per ogni altro oggetto, prezioso e non, che possa in esso essere contenuto.

Nel medioevo esistono vari tipi di sedile che verranno poi mano a mano evolvendosi. La poltrona o meglio il sedile con braccioli, era riservata al capofamiglia o agli ospiti d onore; le persone di ceto inferiore, sedevano su panche o cassoni e sgabelli.

La tecnica di costruzione, non fa altro che applicare le conoscenze che già si hanno nel campo della falegnameria; quindi usare al meglio i vari incastri conosciuti, l’utilizzo del tornio ove occorra e l’intaglio e altro per la decorazione e finitura.

La sedia è un mobile molto complesso, soprattutto per le resistenze meccaniche che deve sopportare, derivanti dal normale uso quotidiano. Nella costruzione di serie, dalla fine del 700, diventa frutto di opera collettiva: il tornitore per le parti tornite, un operaio per segare e sagomare, altro per la curvatura, l’intagliatore, il montatore per assemblare ed infine il verniciatore.

Accanto a questa alta specializzazione, si formarono e sopravvissero per un certo tempo, artigiani che possiamo definire nomadi, i quali accontentandosi di vitto, alloggio e un piccolo compenso, giravano tra i vari insediamenti rurali, con a seguito pochi attrezzi che compensati da grande abilità manuale, permettevano di produrre a domicilio, sedie semplici, robuste, comode e gradevoli.

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