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Tecniche dell’ Intarsio

Fonte: Biagio Ventura allievo dell’istituto “Maria Teresa Caiazzo” di Salerno e da  Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari

Intarsio a Buio

Nell’introduzione alle varie epoche non si è mai citato la tecnica dell’Intarsio al Buio che forse è la più emblematica dell’atto dell’intarsio; il perché dell’omissione è dovuto all’uso di questa tecnica costantemente in tutti periodi citati.
In cosa consiste: secondo il disegno o la sagoma prestabilita si scava il legno di fondo per poi inserirvi tessere di legno o di altro materiale quali:avorio, madreperla, pietre dure, o metalli,che saranno uguali alla parte scavata sul piano da intarsiare.

La Tarsia a Secco

Una tecnica della tarsia è denominata a “secco”, infatti anticamente l’intarsio poteva anche essere inserito a secco, senza l’uso delle colle. Questo tipo di tecnica fu usata per le tarsie a buio, perché solamente questo tipo di tecnica può essere adottata per un incollaggio a secco.

Pannello intarsiato Istituto Statale D Arte di Anghiari.

Visto e considerato gli inconvenienti di tenuta di una incrostazione a secco, io consiglio di usare sempre la colla anche se otteniamo un intarsio preciso allo scasso, perché i legni usati per la tarsia, che devono essere diversi per policromia e quindi di diverso tipo di legno, col passare del tempo avranno un ritiro diverso l’uno dall’altro provocando inevitabilmente il distacco, o l’allentamento delle tessere nella sede.

La tarsia Certosina

L’ uso della tecnica certosina ebbe la sua massima applicazione nel XIV e XV secolo. La definizione deriva dai monaci “Certosini” dell’ordine di San Bruno, che trassero questo stile decorativo probabilmente dal “Mudejar” spagnolo, a sua volta derivante da stilemi arabi e musulmani. L’ uso di questa tecnica si sviluppo soprattutto in Veneto e Lombardia. Questo tipo di lavorazione era stato a lungo praticato nei paesi islamici ed arrivò in Italia verso la fine del medioevo. Pare che sia stata eseguita per la prima volta a Venezia che aveva appunto legami commerciali molto stretti con il Medio Oriente; infatti i disegni nell’imitazione italiana mostrano evidenti caratteristiche arabe.

La decorazione certosina si ottiene con due sistemi:

Il primo consiste nell’utilizzare materiali di vario tipo, come avorio, madreperla, o vari tipi di legno sagomati a forma geometrica e presumibilmente incassati a secco (usando la tecnica a buio), nel piano interno, nel fronte e nei fianchi in genere di cassapanche nuziali.


La seconda tecnica è quella denominata a “toppo“, che consiste nel prendere listelli di legno di vario tipo tagliati a poliedro, incollati, riuniti e costretti insieme da un cordino, a formare un parallelepipedo, il toppo, che veniva affettato in sottili lamine, che servivano a decorare riquadrature, piani, o fasce dei mobili.

La realizzazione della tarsia certosina

Servono un asse di legno massello su cui inserire l’intarsio ed una listra della essenza che si preferisce.

Si riporta il disegno sulla listra con l’ausilio della carta da lucido e lo si ritaglia con un seghetto a traforo, facendo attenzione a non inclinare la lama del seghetto: è indispensabile tenerla sempre perfettamente perpendicolare al legno per evitare di ricavare dei tasselli imprecisi.

Realizzare tanti tasselli quante sono le tessere del disegno, li si riporta sull’asse di legno massello e se ne tracciano i contorni con la matita.

Si prepara lo scasso che ospiterà i tasselli, con scalpelli e sgorbie, con la massima precisione: se il lavoro viene eseguito bene non sarà necessario lacolla per fissare le tessere di legno.

Terminato l’intarsio, rifinire nel modo che si ritiene più opportuno optando per la lucidatura a cera o a tampone. 
La Tarsia Geometrica

Venne studiata intorno al trecento per ricoprire completamente gli oggetti da decorare.

Con questa tecnica la listra viene tagliata pezzo per pezzo e assemblata in base al progetto disegnato.

Il nome di tarsia geometrica deriva dal tipo di disegno ottenuto, che presenta decori molto squadrati e rettilinei

La realizzazione della Tarsia geometrica

Si riporta il disegno che si desidera riprodurre possibilmente in dimensioni reali su un foglio di carta.

Scelte le essenze ed individuata in ognuna la venatura migliore da seguire, si stabilisce come distribuirle nel disegno per ottenere il giusto equilibrio dei colori e gli effetti chiaroscurali, che devono essere in armonia con l’intero contesto.

Si riporta il disegno di ogni singolo pezzo sul legno aiutandosi con della carta da lucido. Per essere più precisi nell’intaglio, può essere comodo attaccare sul retro del legno, soprattutto sulle essenza che tendono a rompersi, una striscia di scotch’di carta e, rigirato il legno con l’aiuto di un righello, passare più volte il taglierino lungo i bordi della parte da staccare scalfendo piano le fibre fino a farle separare.

Una volta ritagliato il disegno, lo si ricompone bloccandolo con lo scotch’e lo si incolla sull’oggetto seguendo la normale procedura.

La Tarsia Prospettica

La tarsia prospettica-pittorica si potrebbe definire, un mosaico di legni , infatti si ottiene commettendo sagome di legno ricavate da un disegno prestabilito (il cartone o progetto). Questo tipo di tecnica ebbe il suo massimo fulgore fra il 1440 e 1540 periodo che fu il più importante per l’arte della tarsia, grazie al suo impiego che si adattava perfettamente con gli studi e alla teorizzazione della prospettiva e al gusto dell’epoca. 

L’ espansione e il successo della tarsia, non è solo un episodio della storia dell’arredamento; la nuova tecnica si pose all’incrocio di tutte le arti perché, per la sua realizzazione, comprese la conoscenza della prospettiva e quindi della matematica riscattando per innovazione la posizione delle arti meccaniche nel confronto delle arti liberali. Non a caso gli intarsiatori più illuminati del quattrocento venivano chiamati maestri di prospettiva .

 Il perché di tale aggettivo, che sicuramente non è appropriato per tutti gli intarsiatori rinascimentali ma sicuramente calzante per i caposcuola di questa tecnica, deriva dalla conoscenza del disegno geometrico e della pittura.

E bene specificare che i cartoni per le tarsie più note, come lo studiolo di Federico da Montefeltro a Urbino, che si presume intarsiato da Baccio Pontelli, o le tarsie eseguite dai Canozzi da Lendinara alla Basilica di S. Antonio a Padova, erano preparati da pittori celebri quali: Bramante, Francesco di Giorgio Martini, Botticelli, Piero della Francesca e altri artisti del tempo.

Per riuscire a sintetizzare l’evoluzione dell’intarsio ho diviso in tre periodi l’arco di tempo che coprì i cento anni della tarsia

Il periodo quattrocentesco, legato maggiormente ai primi studi di prospettiva lineare, si basa soprattutto su scorci prospettici. Oltre l’aspetto iconografico, le tarsie di questo periodo si differenziano da quelle successive per la mancanza di essenze colorate artificialmente. L epicentro principale si sviluppò in Firenze e Siena.

I massimi esponenti del periodo furono:

Il Francione , Giuliano e Benedetto da Maiano, Baccio Pontelli di Firenze, il senese Barili, i Bencivenni, marchigiani di Mercatello sul Metauro, Arduino da Baiso di Ferrara.

Tarsia dell’ ordine superiore del Coro della Chiesa di Sant Andrea a Ferrara, attribuita a Pier Antonio degli Abbati alla fine del XV secolo. Museo Schifanoia

Per documentare il primo periodo, ho inserito appositamente una tarsia eseguita nel nord Italia a Ferrara, perché il maestro Arduino da Baiso, intarsiatore veneto, lavorò e apprese l’arte della tarsia a Firenze, lavorando per la famiglia Strozzi.Successivamente gli fu commissionato uno studiolo per Leonello D’Este a Belfiore in Ferrara, annoverando nella sua bottega come aiutanti i fratelli Canozi di Lendinara, che diventarono i più famosi maestri di prospettiva dell’area veneta, i quali a suo tempo ebbero legami di lavoro e influenzarono Pier Antonio degli Abbati al quale è stato attribuito il coro della chiesa di Sant Andrea a Ferrara. 

Questo riassunto storico serve a far capire l’ evoluzione dell’arte nuova dall’epicentro di Firenze che ispirò le altre parti dell’Italia; le quali scelsero la tarsia per rappresentare gli studioli umanistici e i cori delle cattedrali, della chiesa e dei mecenati nel rinascimento.

Particolare del leggio intarsiato da Fra Raffaello da Brescia a Monte Oliveto Maggiore, coro

Il secondo periodo collocabile nei primi anni del cinquecento, grazie all’applicazione della tintura dei legni e alla tecnica dell’ombreggiatura, consentì agli intarsiatori di creare quadri più complicati sviluppando e inserendo nuovi temi naturalistici collocati in scorci prospettici di vedute urbane e paesaggistiche.
I massimi esponenti di questo periodo furono la famiglia dei Canozi da Lendinara e Fra Giovanni da Verona

Il terzo periodo si colloca alla metà del cinquecento con il venire meno per l’interesse della tarsia ai temi geometrici e di innovazione, assomigliando sempre più a opere che volevano avvicinarsi, imitando la pittura. La causa fu dovuta essenzialmente ai cambiamenti di gusto tendenti ad un virtuosismo tipico del barocco. L esempio più importante viene da GianFrancesco Capodiferro che riuscì ad ottenere risultati eccezionali, riproducendo in tarsie i cartoni con storie bibliche di Lorenzo Lotto nella chiesa di Santa Maria Maggiore a Bergamo.

Tarsia pittorica, tedesca della metà del XVI° secoloCristoforo Canozi da Lendinaraquadro prospettico.

Particolare dell’interno di anta ornata di una complessa tarsia pittorica eseguita da un intarsiatore tedesco; si può notare la differenza di stile che denota al confronto dei due tipi d intarsio in questa pagina. Non a caso è stata scelta una tarsia eseguita da un tedesco per far notare la diversità dell’evoluzione della tarsia pittorica; infatti gli artigiani d oltralpe furono allievi dei maestri intarsiatori rinascimentali; ad esempio, alcuni di essi collaborarono con il maestro Arduino da Baiso per lo studiolo di Belfiore a Ferrara. Altra considerazione: gli intarsiatori tedeschi arrivarono a risultati eccellenti proseguendo e diventando i rappresentanti tecnicamente più qualificati del periodo seicentesco.

Tarsia a Toppo

La Tarsia a Toppo permette di raffigurare gruppi di piccoli motivi geometrici sistemati sempre nello stesso ordine e con le medesime dimensioni che formano veri e propri capolavori.

Guardandoli viene spontaneo chiedersi quanta pazienza occorra per riuscire a tagliare dei triangolini perfettamente identici nella forma, ma di essenze differenti che solitamente formano una cornice all’interno di un mobile.

È nel ‘500 che viene studiato il metodo della “tarsia a toppo” per velocizzare e semplificare simili lavori.

Per ottenere una successione di elementi geometrici tutti uguali basta procurarsi delle bacchette delle essenze prescelte della stessa forma del motivo da riprodurre:

per esempio, per i cerchietti si sceglie una bacchetta rotonda e la si taglia;

se tutte questa bacchette vengono incollate tra loro seguendo la successione da riportare sull’oggetto e segate tutte assieme, si ottiene un intarsio con motivi ricorrenti perfettamente uguali.

La realizzazione della Tarsia a toppo

Le bacchette di legno si acquistano in un negozio specializzato; di forma triangolare e in due essenze differenti, il loro numero varierà in base alle misure della superficie da decorare.

Si incollano tra loro le bacchette contrapponendo le due essenze in modo da creare un effetto di chiaro-scuro.

Si taglia con una sega l’intera fila di bacchette nello spessore di qualche millimetro e, ottenute le stesse, basta incollarle per poter mettere in opera l’intarsio.

Tarsia a Incastro o Foro e controforo

La tecnica dell’intarsio ad incastro, consiste nel sovrapporre due o più piallacci di legno o essenze diverse come avorio, ottone, madreperla, tartaruga, che venivano fissate fra di loro e tagliate seguendo un disegno prestabilito incollato sulla superficie da tagliare con il seghetto ad arco, il traforo, o come nella tradizione francese con il cavalletto da intarsiatore .
Dopo il taglio del pacchetto si passa a scambiare le essenze dando vita a giochi cromatici dati dai materiali impiegati.
Questa tipo di tecnica ha avuto la sua massima applicazione a partire dal XVII° sec in poi.
Presuppongo che un sistema primitivo simile alla tecnica ad incastro era già stato usato dagli intarsiatori in Italia nel corso del Rinascimento, sicuramente era una tecnica più limitata, che sovrapponeva due o tre piallacci insieme.
I maestri più bravi furono tedeschi, che perfezionarono questa tecnica arrivando ad un virtuosismo eccezionale.

Altra definizione di tarsia è marqueterie, dal francese.
Il perché di questa nuova definizione e da collocare nel passaggio dell’interesse per quest’arte dall’Italia, alla corte di Francia di Luigi XIV°.
Il massimo esponente della tecnica ad incastro nel seicento fu Andrè-Charle Boulle maestro ebanista alla corte di Luigi XIV° che intarsiava i mobili con tartaruga , ottone, rame, e altri materiali che davano un effetto decorativo e un contrasto cromatico unico alla tarsia.
Altri esponenti da nominare che operarono in Francia nel 1700, sono Jean-François Oeben che morì mentre costruiva il celebre scrittoio di Luigi XV che fu concluso da Jean Henri Riesener e David Roentegen il quale usò mirabilmente, la tecnica ad intarsio conico.
In Italia, l’intarsio ad incastro, fu usato superbamente da Giuseppe Maggiolini che sicuramente fu l’esponente più alto di questa arte nel XVIII° sec.

La realizzazione  della Tarsia a foro e contro foro
Si preparano i materiali necessari: fogli di impiallacciatura, un seghetto a traforo, scotch’carta, matita, chiodi molto piccoli, bisturi e colla.

Si realizza il pacchetto (insieme dei fogli di impiallacciatura che verranno bloccati tra due strati di compensato, che permetteranno di tagliare le essenze senza romperle), lo si blocca con chiodini molto sottili posizionati su tutto il perimetro.

Si incolla una delle due copie del disegno sul compensato servendosi del martello, si buca la superficie lungo tutto il contorno del disegno con un chiodo grosso almeno quanto la lama del seghetto, che potrà entrare nei fori, lasciando intatto lo sfondo del lavoro.

Si comincia ad intagliare partendo dall’interno del disegno e si procede verso l’esterno, facilitando così il lavoro. Se il seghetto scorre con difficoltà, si deve strofinarne la lama con della cera da candela.

Il taglio con il seghetto a traforo va eseguito in modo perfettamente perpendicolare al piano del pacchetto per ottenere un taglio preciso il più possibile ed il minor numero di imperfezioni tra un materiale e l’altro.

Ogni qualvolta una tessera si stacca dal pacchetto, la si impacchetta con dello scotch’carta, per bloccarne gli strati ed evitare che vadano persi; sullo scotch’di ogni pacchetto si scrive un numero che si riporta sulla copia del disegno.

Terminato il lavoro di intaglio, si apre il paccchetto e se ne estraggono le essenze. Per dare maggior risalto alla composizione, si giocherà sul differente colore delle essenze ma si potranno ottenere anche delle ombreggiature, immergendo le tessere nella sabbia rovente e tenendovele più o meno a lungo a seconda dell’intensità del colore desiderato.

 Terminata la ricomposizione, si blocca il tutto con dello scotch’in modo da non perdere i pezzi.

 Bloccate le tessere, per incollare l’intarsio su una tavoletta di legno, lo si fissa alla struttura con delle strisce di scotch; poi, con della colla di ossa, vi si fa aderire un foglio di giornale che lo ricopra completamente.

Quando il giornale è asciutto, si stacca lo scotch’che lo lega alla tavoletta e si spalma la colla di ossa sia sull’intarsio che sulla tavoletta e li si unisce esercitando una forte pressione e battendo con la martellina, per eliminare le bolle d aria che si formano tra i due strati. Il tutto verrà pressato o sotto pressa o con delle morse.

Seccata la colla, si passa sulla sull’intarsio una spugna inzuppata di acqua calda.

Stuccate le eventuali fessure, si procede alla lucidatura.

Leggi gli altri argomenti del Corso di Intarsio di

Mastro Santi del Sere

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