La Diagnostica

Diagnostica: Fotografia all’infrarosso

Fonte: testi liberamente tratti da “Tecniche fotografiche per la documentazione delle opere d arte” di Manfredi Faldi, Claudio Paolini ( Manfredi Faldi: Restauratore di dipinti ed esperto di diagnostica artistica, laureato in Storia dell’Arte all’Università di Firenze). “Il Restauro dei dipinti e  sculture lignee” Giuseppina Perusini di  del Bianco Editore

Queste radiazioni sono utilizzate nel campo del restauro sia per il loro potere termico che per la loro proprietà di attraversare le vernici offuscate e determinati pigmenti rendendo visibili gli strati sottostanti. Le radiazioni infrarosse hanno lunghezza d’onda superiore a quella delle radiazioni visibili (quelle che hanno lunghezza d’onda compresa fra 750 e 1200 nm vengono dette «infrarosso fotografico», mentre quelle che hanno lunghezza d’onda superiore a 1200 nm vengono dette «infrarosso termico» e sono usate per la termo visione) non vengono quindi percepite dall’occhio umano ma possono essere registrate con diverse apparecchiature che vanno dalla semplice macchina fotografica alle complicate apparecchiature per la riflettografia a raggi infrarossi.

Le radiazioni elettromagnetiche che l’occhio umano percepisce sono comprese in un intervallo di lunghezze d’onda fra i 400 e i 750 nanometri circa. Al di là di questi limiti le radiazioni divengono a noi invisibili ma mantengono la capacità di interagire in vario modo con la materia (per assorbimento, riflessione, trasmissione etc.) proprio come avviene con la luce.
L’osservazione del loro comportamento richiede speciali tecniche che, nel caso dell’infrarosso più vicino alla luce visibile (fino a circa 900 nm.), possono limitarsi a quelle impiegate per la normale fotografia; naturalmente dovrà essere utilizzata una speciale pellicola sensibile a queste radiazioni e posto davanti all’obiettivo un filtro che blocchi la luce visibile. Si otterrà in questo modo un’immagine in valori di chiaro e scuro come si otterrebbe con una pellicola in bianco e nero ma costituita di sole radiazioni infrarosse.

La superficie di un dipinto, fotografata in questo modo, può apparire notevolmente differente da come ci appare normalmente: uno strato di colore, opaco alla luce visibile, potrà risultare parzialmente trasparente all’infrarosso mettendo in evidenza ciò che si trova al di sotto di esso come un disegno preparatorio, un pentimento o una lacuna.
Naturalmente non sempre e non tutta la pittura acquisterà trasparenza. Il risultato dipende dal tipo di pigmento impiegato, dal suo spessore, dalla sua macinazione, dalla natura e dalla quantità del legante e, infine, dalla lunghezza d’onda della radiazione infrarossa impiegata. E’ per questo che per la rilevazione di disegni preparatori viene preferita la riflettografia all’infrarosso che, pur fornendo l’immagine su un monitor e quindi meno dettagliata, registra radiazioni di maggiore lunghezza d’onda aumentando, così, il potere di penetrazione sul film pittorico.

  

I risultati più interessanti in questo senso si ottengono esaminando dipinti di scuola fiamminga, proprio in funzione della tecnica specifica adottata in fase di esecuzione. Anche se non sempre sarà possibile rilevare ciò che si trova al di sotto dello strato pittorico, la metodica sarà comunque in grado di rendere trasparenti gli strati di vernice anche fortemente oscurati.
Permettendo una preventiva valutazione dell’opera come priva delle vernici alterate, lo svolgimento della pulitura di un dipinto, se preceduto da questa tecnica, potrà essere condotto con maggior sicurezza e precisione.
Occorre tenere presente che i rapporti fra le varie parti dell’opera potranno risultare falsati nell’immagine infrarossa ma le figure, i panneggi, gli oggetti rappresentati verranno a riacquistare le loro sfumature chiaroscurali appiattite dalle vernici, mostrandosi così nella loro forma e modellato.

Un ulteriore contributo offerto dalla fotografia all’infrarosso nella diagnostica artistica riguarda l’individuazione delle parti non originali. Materiali di diversa natura chimica possono avere un comportamento simile fra loro quando sono colpiti da radiazioni visibili assumendo così lo stesso colore, come ad esempio il verdigris e il verde di cobalto o l’azzurrite e il blu oltremare artificiale, ma non necessariamente devono avere lo stesso comportamento anche in altre regioni dello spettro. Molti pigmenti stesi sulla pittura, puri o in mescolanza tra loro, sono dello stesso colore e perciò indistinguibili, ma nella fotografia all’infrarosso possono apparire più chiari o più scuri (materiali differenti, ma dello stesso colore, sulla superficie di un opera possono derivare da ridipinture o altri interventi di restauro).

Per tentare di stabilire quanto della superficie di un dipinto è originale, si può ricorrere alla tecnica dell’infrarosso colore che registra, non solo il comportamento delle radiazioni IR ma, anche e contemporaneamente, quello di una parte dello spettro visibile. Utilizzando una speciale pellicola a colori facilmente reperibile in commercio e anteponendo all’obiettivo un filtro che ostacoli completamente le radiazioni blu, registreremo sulla stessa immagine le radiazioni verdi, rosse e infrarosse riflesse dal dipinto. A queste la pellicola attribuisce dei colori arbitrari: l’IR risulterà rosso, il rosso e il verde risulteranno rispettivamente verde e blu.L’osservazione dei colori ottenuti permetterà ulteriori approssimative valutazioni sulla presenza di determinati materiali e condurrà ad una migliore differenziazione di pigmenti apparentemente simili: il verde rame e il verde di cobalto, ad esempio, si mostreranno il primo magenta e il secondo blu.

Bisogna infine aggiungere che, nella rilevazione dei ritocchi pittorici con gli esami all’infrarosso, si da la possibilità di non raggiungere il risultato, ma può anche accadere che si vengano ad evidenziare delle parti non originali che l’esame in fluorescenza agli UV, a causa della presenza di antiche vernici, non aveva rivelato.

Le proprietà delle radiazioni infrarosse possono essere inoltre sfruttate per migliorare l’esame in luce trasmessa dei dipinti su tela. Osserviamo spesso dipinti completamente opachi in transilluminazione che formano in IR trasmesso ottime immagini.
Rispetto alle tecniche in IR riflesso, l’assenza totale della riflessione sulla superficie degli strati più esterni (spesso di intensità più elevata rispetto a quella delle radiazioni giunte agli strati più interni) aumenta le possibilità di osservare disegni preparatori e pentimenti.

 Nelle tecniche IR riflesso, inoltre, gli strati più esterni, che presentano la maggiore opacità, devono essere superati due volte: dapprima le radiazioni devono raggiungere lo strato sottostante per poi essere da questo parzialmente riflesse e superare nuovamente lo strato esterno. Nel caso della transirradiazione, invece, la radiazione dovrà attraversare la tela e la preparazione, ma incontrerà lo strato pittorico una sola volta.
L’infrarosso trasmesso può servire ad integrare i dati ottenuto con la radiografia ai raggi X su dipinti a bassa radiopacità e con preparazioni a base di bianco di piombo o nel caso in cui si voglia rivelare un disegno preparatorio eseguito con nero d’avorio o nero carbone, non rilevabile con le tecniche radiografiche.

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