Il MobileTecniche decorative

I Materiali usati nell’Intarsio

Fonte: Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari

Le colle

Vari tipi di collanti sono stati adoperati nel corso della storia per attaccare le tarsie; generalmente, fino alla fine del periodo rinascimentale, le colle più antiche venivano ricavate dalla caseina o dalla colla di pesce e da ossi e pelle di animale, la cosiddetta colla forte.
Nelle epoche successive, fino alla metà del nostro secolo, la colla impiegata maggiormente è stata la colla forte. In questi ultimi decenni la ricerca tecnologica si è evoluta considerevolmente riuscendo ad ottenere prodotti sempre più sofisticati con un elevato potere adesivo come nel caso delle colle viniliche.

Cominciamo con le colle e poi proseguiamo a descrivere gli altri materiali usati nel restauro.

La colla forte e la vinilica pregi e difetti

La colla a caldo, colla forte , come già accennato, si ricava dalla bollitura di ossi e pelle di animale.
Questo tipo di colla si trova sotto forma di perline, sciolte in un recipiente contenente dell’acqua con una percentuale oscillante fra il 70-80% del peso della colla riscaldata e sciolta a bagno maria.
La qualità della colla a caldo è l’immediatezza nell’incollaggio. Se usata in ambienti caldi (18-20°C), favorisce l’incollaggio di impiallacciature e per incollare piccole tessere di legno, con la tecnica a guazzo , senza ricorrere a morsetti o chiodi. Un altro pregio della colla a caldo è quello della sua reversibilità. Tale pregio è molto apprezzato e richiesto nel restauro, e va tenuto conto che anche per le nuove creazione non sarebbe da sottovalutare. (ndr)

Il suo difetto, se si può definire così, è che necessita sempre di una temperatura costante per mantenerla a una giusta fluidità.
Le proprietà negative di questo adesivo, insieme alle colle a base di caseina e di pesce colle tradizionali, sono relative alla poca resistenza alla umidità e al riscaldamento.
Basti pensare a tutti gli inconvenienti che portarono a Benedetto da Maiano questi tipi di colla nel periodo quattrocentesco. L’ artista eseguì delle casse intarsiate per il re di Ungheria Mattia Corvino ma, come scrive il Vasari nelle Vite ,durante il trasporto fluviale: “… La onde cominciato a scassar le casse ed isdrucire gli incerati, vide Benedetto che l’ umidità dell’acqua e il mucido del mare aveva tutta fatta intenerire la colla e nello aprire gli incerati quasi tutti i pezzi, che erano nelle casse appiccicati, caddero in terra…” .

La colla vinilica viene ricavata da resine sintetiche. Questo tipo di adesivo è più semplice da adoperare, si trova già pronto e non ha l’inconveniente di essere riscaldato, perché si applica a freddo; quindi si può definire più pratico rispetto alla colla forte.
Le caratteristiche negative riguardano la poca reversibilità, per quanto concerne il suo impiego nel restauro.

Varie tecniche d incollaggio.

In questo paragrafo descriverò tecniche d incollaggio che uso correntemente adoperando i due tipi di adesivo.

Incollaggio con colla forte: Uso generalmente la colla forte quando devo intarsiare un mobile composto da molte tessere di piccole dimensioni, come nel caso descritto nel capitolo dedicato all’intarsio a incastro sulla riedizione di un tavolino intarsiato alla maniera della bottega di Maggiolini.
Il sistema di applicazione con questo tipo di adesivo deve essere molto veloce, prima che si raggrumi raffreddandosi, quindi è consigliato per operatori esperti.

La colla forte ha una presa quasi immediata, infatti basterà tenere pressati i pezzi per pochi minuti, con delle mollette da rimuovere successivamente, dopo 10/15 minuti, quando la colla avrà fatto presa. Questo tipo d incollaggio consente di non usare morsetti, chiodi o simili per tenere pressate le piccole tessere.
La completa essiccazione della colla si aggira di norma nelle 24 ore, quindi prima di fare qualsiasi azione di ripulitura sarà opportuno aspettare prudentemente un giorno dall’inizio del lavoro d incrostazione.

Incollaggio con colla vinilica: Il procedimento che uso comunemente consiste nel preparare tutte le varie tessere che compongono il motivo intarsiato, tenute unite con dello scotch. Otterrò così tutta la sagoma della tarsia unita e pronta per essere incollata.

Finita questa operazione passerò ad incollare la composizione sulla ossatura della gamba, adoperando una tavoletta e dei morsetti che mi presseranno sull’ossatura del mobile la composizione intarsiata, ricordando di inserire un foglio di carta che mi isoli la tavoletta dalla listra per evitare che si incolli il tutto.
È obbligatorio, per una buona riuscita di questo tipo di operazione, che tutti i piallacci abbiano un eguale spessore, per consentire una compressione uniforme.
Questa tecnica è consigliata per chi possiede una scartatrice calibratrice che permette di ottenere delle listre tutte uguali di spessore.

In molti casi, specialmente quando siamo agli inizi di una professione, essere provvisti di macchine calibratrici, è molto difficile per l’elevato costo. Se siamo impossibilitati ad avere piallacci uniformi di spessore potremo usare una tecnica non proprio ortodossa, ma efficace, che consiste nell’usare punte a spillo per pressare le tessere, inserendo tra chiodo e tessera piccoli pezzi di compensato, rigirando la testa del chiodo sul medesimo. A incollaggio avvenuto rimuoveremo le punte insieme al compensato.
Altro sistema simile è quello di usare grappette metalliche al posto dei chiodi, inserite con una magliettatrice pneumatica azionata ad aria compressa. Questo sistema è efficace ma è bene limitarsi ad usarlo su dei legni scuri evitando così che i fori provocati dalle punte non si notino a fine lavoro.

Il sistema usato anticamente per incollare piallacci di grandi dimensioni, consisteva nel fermare le listre con dei piccoli perni conici (le spine) di essenza uguale, che venivano inseriti nei fori praticati nelle tessere come fossero dei chiodi. Questa tecnica è indicata per fermare delle superfici da listrare come piani o fianchi di mobili. È sconsigliata per legni chiari di colore e per tarsie di tipo figurative.

I vari tipi di stucco

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La stuccatura serve per nascondere le imperfezioni causate dall’operatore durante l’incasso o la connessione delle varie tessere che compongono una tarsia. Meno stuccature ci sono, più il nostro lavoro sarà pregiato.
Di stucchi ce ne sono di vario tipo: da quello comune da rasatura che si compera in mesticheria già pronto per l’ uso, agli stucchi che si preparano in bottega mescolando colle e gesso da doratori.
I prodotti pronti all’uso si trovano già colorati con pigmenti prestabiliti, o neutri, formati dal solo composto bianco; questi possono essere adoperati come base e mescolati aggiungendo delle terre o degli ossidi per ottenere la colorazione desiderata.
Questi tipi di stucco sono molto veloci e facili da adoperare ma non possiedono una buona tenuta, che si può ottenere, invece, con dei composti preparati artigianalmente.
Per ottenere uno stucco più forte dovremo adoperare, come composto base, il gesso di Bologna di colore bianco chiamato comunemente da doratore, da mescolare con della colla forte, oppure con colla di coniglio o vinilica, tingendo il tutto con le terre per avere il colore voluto.
Da tenere in considerazione e da valutare, quando ci accingiamo a preparare il composto, che lo stucco schiarisce asciugandosi.
Il colore dello stucco è bene che sia di colore abbastanza scuro; io uso regolarmente la tinta bruno noce;, infatti questo colore mi confonde molto bene le piccole imperfezioni anche su altri tipi di legno differenti dal noce. Certamente sarà opportuno fare un colore uguale al legno di fondo quando si presentano grosse imperfezioni.

I coloranti

 (vai all’approfondimento)
In questo capitolo indicherò i prodotti e i coloranti più comuni che servono a tingere sia superficialmente o in profondità il legno.
Per eseguire una ripresa di colore superficiale si possono usare vari tipi di mordenti, aniline o colori concentrati, che si trovano senza difficoltà nelle mesticherie specializzate di prodotti per il restauro, con colorazioni già prestabilite. I vari tipi di coloranti si differenziano dal tipo di medium più o meno volatile con cui devono essere sciolti.
Questi prodotti si trovano generalmente commercializzati in concentrati da diluire con i rispettivi medium e, a secondo della loro diluizione, otterremo una colorazione più chiara o più scura.
I coloranti più comuni sono i mordenti da diluire in acqua. Questi vengono forniti sotto forma di grani e devono essere sciolti in acqua per diventare coloranti. Le tinture si possono ricavare tramite la bollitura di essenze naturali. Ad esempio, facendo bollire in acqua del mallo di noce, si ottiene una colorazione bruno scura; oppure, adoperando decotti di cicoria, fondi di caffè o di tè, si possono ottenere mordenti dello stesso colore più delicato.

I mordenti chimici: Un piccolo accenno su questa categoria di colorazioni che si ottengono tramite l’uso di sostanze chimiche. I componenti più comuni da reperire ed adoperare sono il bicromato di potassio, il permanganato di potassio, ammoniaca. Oppure si possono usare i solfati di rame o di ferro e i solfuri di sodio, calcio e ferro.
Il bicromato di potassio è ottenuto sotto forma di cristalli da sciogliere in acqua tiepida. La soluzione ottenuta, applicata al legno di noce, da una colorazione unica e rende uniforme il passaggio di venatura tra l’alburno e il durame.

Il permanganato fornisce una colorazione rosso scura.
Per quanto concerne le tinture con i solfati si può prendere come esempio questo procedimento: Si sciolgono in un litro di acqua 50 g di solfato di rame insieme a 20 g. di arseniato di potassio ottenendo una colorazione azzurra. Sostituendo il solfato di rame con quello di ferro otteniamo una colorazione verde.
I solfuri danno una tintura bruno scura e devono essere sciolti nella percentuale del 5% in un litro d acqua a temperatura di 50 gradi, aiutando il potere penetrativo con l’aggiunta di acido acetico o aceto.
Un altra sostanza che ha potere colorante è l’ ammoniaca.

I prodotti per la verniciatura e finitura di una tarsia.

Le vernici e le tecniche di lucidatura, che si adoperano comunemente per finire un lavoro intarsiato, sono due:
la lucidatura a cera e quella stesa a tampone a base di gommalacca

Lucidatura a cera o all’encausto:

(approfondimento). 

La lucidatura a cera è da considerare l’ archetipo delle lucidature; infatti questo tipo di tecnica è stata usata correntemente durante le varie epoche.
L’ impiego degli encaustici risale alla civiltà greco-romana, dove per la sua particolare peculiarità di lasciare un lucido vellutato, venne usata per finire mobili e sculture. La composizione delle cere antiche erano a base di cera d api vergine che venivano sciolte insieme ad acquaragia o essenza di trementina riscaldando il composto a bagnomaria. L acquaragia ha lo scopo di impedire la cristallizzazione della cera e inoltre, non evaporando completamente, rimane nello strato di cera sotto forma di resina, accentuando la brillantezza della lucidatura.
Con la scoperta del nuovo mondo il composto si è avvalso di cere vegetali provenienti dal sud America , tipo la cera carnauba, che adesso è usata comunemente per creare i composti artigianali.

Ricetta tipo per ottenere l’encausto:
Immergere in 100 g. di acqua ragia o essenza di trementina 10 g. di cera di carnauba e 15 g. di cera d api. La vernice così ottenuta verrà spalmata a pennello. Dopo che la cera stesa sarà asciutta, lucideremo con un panno di lana il manufatto.

Lucidatura a tampone:

 (approfondimento)

La lucidatura a base di gommalacca stesa a tampone risale alla metà del XVIII sec. ai tempi di Luigi XV perciò si chiama anche lucidatrice alla francese.

Questo tipo di lucidatura è ineguagliabile al confronto di altri tipi di finitura e fa risaltare oltremodo le venature e il colore del legno.
Per una applicazione corretta occorre molto tempo e buona pazienza; infatti la vernice da impiegare deve essere molto diluita, risulterà fina di spessore e al tempo stesso coprirà il poro del legno.

Lucidature miste:

La lucidatura mista consiste nel preparare il fondo del mobile con la cera. Successivamente il mobile verrà lucidato con gomma lacca stesa a tampone. Il sistema fornisce una lustratura non brillante, tipica della lucidatura a tampone, che viene spenta e resa di aspetto vellutato, caldo , al mobile trattato con questo procedimento.
Altro tipo di lucidatura mista è quella dell’aggiunta nella preparazione della vernice di gommalacca, della cosiddetta vernicetta , che essendo un prodotto sintetico ha proprietà di chiudere il poro molto più coprenti e quindi risulterà più veloce l’operazione della lustratura, al confronto della tradizionale vernice stesa solamente con gommalacca. Il composto per questo tipo di vernice è formato dal 50% di vernice sintetica insieme a pari percentuali di gommalacca. Il procedimento e i materiali da usare per la lucidatura sono gli stessi; gli unici suggerimenti consistono nell’adoperare un tampone più piccolo, circa la metà del tampone impiegato per la verniciatura alla gommalacca.
Anche l’applicazione a tampone viene eseguita differentemente: questa dovrà essere effettuata facendo dei movimenti circolari nel piano da lucidare, molto stretti e non ampi come si fa per la lustratura tradizionale.

La seppiatura:

 A volte si può verificare che la lucidatura di un mobile ( lucidato alla francese) si ossidi per l’esposizione diretta della luce solare schiarendone la patina o si possa sporcare superficialmente con sostanze grasse facilmente rimovibili. I sistemi per ridare il colore originario al mobile, i sistemi sono quelli che consistono nel rimuovere la vernice sporca e ossidata con il decapante. Oppure consiglio di adottare il procedimento della seppiatura che non necessita di ripulitura e consente, per mezzo di un panno di lino, pomice e olio paglierino, di rimuovere lo sporco, il grasso e l’ossidatura.

Il procedimento è il seguente:
Si stende a pennello la miscela composta di olio paglierino miscelato al 50% con petrolio bianco spalmato a pennello, spolverizzando con della pomice; oppure si può usare lana d acciaio finissima per far assorbire meglio il composto.
Quando il legno avrà ripreso il colore originario si potrà procedere di nuovo alla lucidatura a tampone. 

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