Strumeti Musicali

Il Pianoforte: Storia e tecnica

a cura di Stefano Rogledi

Presentazione

E’ con grande piacere che raccolgo l’ invito di offrire qualche articolo di carattere divulgativo sulla storia e sulla fisica del pianoforte, dagli albori ai nostri giorni, pensando che questo sia un bellissimo “luogo” di incontro per gli appassionati di cose belle, di arte e quindi, anche di Pianoforti.

Un sito questo, che fornisce una splendida cornice al tema.

Si cercherà di seguire un ordine cronologico, addentrandoci di tanto in tanto nelle nozioni di carattere tecnico, accettando di buon grado le vostre proposte o domande. 

Vedremo anche la splendida e (in alcuni casi) perfetta tecnologia del pianoforte moderno, menzionando le difficoltà tecnico-fisiche che i costruttori hanno dovuto affrontare e risolvere, nonché i guai che più spesso si presentano in strumenti datati e non.

Sarà, credo, emozionante anche notare come lo sviluppo dello strumento abbia influenzato la letteratura pianistica e viceversa.

Vi dò quindi appuntamento a presto, sperando di esaudire le vostre aspettative. 

Un Prototipo che viene da lontano

Gentili Lettori,

iniziamo a tracciare una storia della nascita del Pianoforte in modo forse leggermente differente dal convenzionale. Sapranno in molti infatti che il padre ideatore fu Bartolomeo Cristofori da Padova, precisamente nel 1707. Riteniamo però che ci siano alcune notizie preliminari che meritino attenzione.Facciamo qualche passo indietro nel tempo.

 

Possiamo definire un “prototipo” degli strumenti a corde percosse, quindi anche del Pianoforte, il Monocordo, attribuito a Pitagora, 580 a.C. circa, (FOTO 1)
Fu usato per studi riguardanti i rapporti matematici dei suoni.

Foto 1 : Monocordo, attribuito a Pitagora, 580 a.C. circa 

Una singola corda, presumibilmente di budello, tesa tra due ponticelli su una scatola di legno, recava, incollata sul legno sotto la corda, una striscia di carta riportante le suddivisioni matematiche degli intervalli prodotti dalla corda stessa. Premendo la corda nei punti segnati sulla carta si otteneva, pizzicando, il suono corrispondente alle indicazioni sulle suddivisioni matematiche.
Se per esempio, idealmente parlando, tendessimo una corda ad una determinata frequenza, poniamo 500 Herz, premendola esattamente a metà della sua lunghezza e pizzicandola, la sua frequenza raddoppierebbe, portandosi a 1000 Herz, (questo nella teoria, non considerando la cosiddetta disarmonicità di una corda, che nella pratica introduce qualche “errore” di scostamento dei multipli di una frequenza fondamentale).

Il monocordo entrò poi nella pratica musicale delle Chiese Greche e Romane, fornendo una buona guida al coro.
Guido D Arezzo intorno al 100 d.C. inventò poi il ponticello mobile, che permetteva di variare la lunghezza della corda e relativa frequenza, ottenendo in tal modo rapidamente una differente intonazione, in funzione dei diversi utilizzi.

storia e tecnica del pianoforte

 

Foto 2

Da menzionare il fatto che in Cina, molti secoli prima (nel 2000 a.C.circa), era in uso il “Ke” (FOTO 2), una sorta di monocordo di dimensioni molto superiori, dotato di circa cinquanta corde, tese a gruppi su differenti capotasti mobili, quindi “accordabili” diversamente e indipendentemente tra i vari gruppi.

Dopo il monocordo di Guido D Arezzo lo sviluppo fu rapidissimo. Ad esso furono applicati i tasti, già in uso sugli Organi liturgici, crebbe il numero di corde, alle estremità dei tasti furono applicate delle tangenti per la percussione delle corde, inoltre la possibilità di regolazione dell’intonazione serviva da guida per il coro.
Furono condotti molti esperimenti fino al XII e XIII secolo, si costruirono così strumenti in grado di fornire tutte le note di una scala musicale preordinata.

Tali esperimenti culminarono con l’invenzione del “Clavicytherium” (FOTO 3).
Quest’ultimo ebbe il sistema di corde (sempre in budello) posizionate in modo triangolare a forma di arpa, eccitate tramite un plettro di penna di volatile, posizionato all’estremità del tasto: invenzione (tanto per cambiare) tutta italiana, collocabile intorno al 1300, successivamente ripresa in Germania.

Foto 3: Il Clavicordo 

Da qui il passo verso il Clavicordo, vero antenato del Pianoforte, fu breve.
Nel prossimo articolo parleremo dell’invenzione e dell’impiego del Clavicordo.  

 La marcia di avvicinamento: Clavicordo, Spinetta, Virginale e Clavicembalo
Il Clavicordo

Siamo arrivati dunque al successore del “Clavicytherium”, visto in precedenza.
Lo strumento che vede la luce è il “Clavicordo”, (foto1+2) sec XV ; l’origine risale al tardo medioevo ed è da considerarsi una derivazione del monocordo.

ll’termine (da claves -tasti- + chorda) è registrato per la prima volta nel 1404. Curiosamente, in Italia nei sec.XVI-XVII è anche indicato con i nomi di “buonaccordo o bonaccordo”.

La differenza fondamentale risiede nel fatto che, le (circa) 22 corde metalliche di cui è costituito, vengono percosse da una lamina metallica anzichè pizzicate. Vediamo nell’illustrazione (foto3) la conformazione della tangente metallica applicata al tasto.
La filosofia costruttiva è semplice: la tangente, percuotendo la corda, la suddivide in due parti, esattamente come nel monocordo, ma il processo è ottenuto tramite l’azionamento di tasti anzichè il pizzico. Possiamo definirlo il primo cordofono da tasto, che insieme a clavicembalo e organo costituisce il gruppo degli strumenti fondamentali nella prassi esecutiva fino al sec.XVIII.  

Storia e tecnica del pianoforte
 Foto 3

La forma è simile ai (ovviamente successivi) pianoforti “a tavolo”, cioè rettangolare.
Durante i secoli XVI e inizio XVII furono apportati molti miglioramenti e modifiche, cosicchè divenne diffusissimofino ad una discreta parte del diciottesimo secolo, quindi molto tempo dopo l’apparizione e affermazione del pianoforte.
Si passò da una iniziale estensione di 3 ottave, 37 tasti, all’ampliamento della stessa, che arrivò anche a 77 tasti, con tavola armonica avente fino a cinque ponticelli, similarmente al “Ke”, strumento cinese in precedenza menzionato.
La conformazione tipica del Clavicordo, vede la tavola armonica che occupa solo metà del corpo dello strumento, tipicamente il lato destro. La parte fronte-tasti invece reca una copertura asportabile, per poter effettuarne la manutenzione meccanica e l’accordatura.
Generalmente, possiede un maggior numero di tasti rispetto alle corde (Clavicordo legato), differenza quest’ultima fondamentale rispetto al Clavicembalo e strumenti coevi. Ciò è giustificato dal fatto che i diversi tasti, percuotendo la corda in punti differenti su una medesima corda, controllano nello stesso istante timbro e altezza della nota. Si costruirono Clavicordi con due ed anche tre tasti per ogni corda, nei primi strumenti inoltre si hanno 2 tangenti applicate a ciascun tasto. Vien naturale pensare che, simili caratteristiche (per non chiamarle limitazioni ), rendono difficilmente eseguibili le composizioni anche più semplici.
Dobbiamo arrivare fino al 1725, quando il tedesco Daniel Faber costruisce un Clavicordo avente un tasto per ciascuna nota (Clavicordo slegato). Inoltre, per minimizzare la vibrazione spuria della parte corta di ogni corda (musicalmente non utile), conseguente al contatto con la tangente, viene applicato un feltro avvinghiato alle corde stesse, che ha la funzione di smorzare questa parte di corda. 

Ricapitolando, il Clavicordo possiede quattro importanti caratteristiche comuni al pianoforte moderno:

– tavola armonica indipendente
– corde metalliche
– metodo di percussione delle corde (impatto anzichè pizzico)
– (più tardi) applicazione dei pedali e del sistema di “damping”, onde allungare la vibrazione delle corde e/o modificarne il timbro.

Aggiungiamo che, dato l’alto numero di strumenti ritrovati in Italia rispetto al resto d Europa, l’invenzione ed evoluzione è da attribuirsi al nostro Paese. L aggiunta di questi importanti miglioramenti, permette all’esecutore di ricavare espressività e dinamica del suono.
In due parole il “piano e il forte”; novità dunque assoluta br> Il suono risulta molto “simpatetico” e dal carattere spirituale, permette una squisita gamma di sfumature, crescendo e decrescendo.
Possiamo definirlo come “il primo strumento a tasti con un anima”, per giunta molto sensibile La storia annovera (tra gli altri) un grandissimo estimatore e virtuoso del Clavicordo, nientemeno che J.S.Bach; é fatto noto che lo preferì ai primi esemplari di pianoforti.
W.A.Mozart poi, ne portava spesso uno con sè, per la pratica giornaliera, nei suoi lunghi viaggi itineranti, anche per via delle dimensioni contenute.
Tuttavia, dato il suono esile e soffice, non accontentava le esigenze di molti utilizzatori e amatori, che richiedevano strumenti più potenti, in grado di sprigionare maggior potenza e proiezione sonora.

La Spinetta

“…intorno al 1503, Giovanni Spinnetti da Venezia, costruì uno strumento dalla forma oblunga, con un estensione della tastiera di 4 ottave. La Spinetta appunto…”(foto4+5)

Storia e tecnica del pianoforte

 foto 4

foto 5

Questa fu una bella leggenda purtroppo, in auge fino a qualche decennio fa, mai confermata da fatti concreti o ritrovamenti.

Il nome deriva molto probabilmente da “spina”, “penna”..dal nome del plettro deputato alla produzione del suono.

Foto 6

Il termine si riferisce ad una variante del clavicembalo, di forma oblunga, poligonale o triangolare, rispetto al quale si differenzia in alcuni particolari.

Foto 7

Le corde infatti, corrono trasversalmente o in modo obliquo rispetto ai tasti. La meccanica invece non presenta differenze rispetto al clavicembalo, rimanendo il sistema a pizzico tramite il menzionato plettro o penna (foto6+7).

Grazie a questa innovativa geometria, si riuscì ad allungare le corde e ad ampliare la tavola armonica; innovazione questa, (una tavola armonica estesa per tutta la superficie dello strumento) che portò ad un discreto incremento della potenza sonora.

Il sistema di produzione del suono però, la meccanica quindi, non permetteva il controllo dinamico della corda; nessun piano o forte… nbsp; Nessun controllo espressivo… /span>

Il plettro pizzicava la corda (con un moto verso l’alto) sempre e comunque alla stessa maniera e velocità. L espressività andava creata dal compositore tramite abili artifici di fraseggio.

A causa di questo “pizzico”, nonché del materiale utilizzato per il plettro, la Spinetta produceva un suono molto nasale, “che sapeva di corda” se paragonato al più dolce e straordinariamente sensibile clavicordo.

Tuttavia raggiunse una vastissima popolarità.

Se ne costruirono di svariate lunghezze. Gli strumenti più piccoli poi potevano essere facilmente trasportati, spesso collocati su tavoli onde amplificarne il suono. 

Virginale

In Inghilterra la Spinetta veniva chiamata Virginale. Molti scrittori della storia degli strumenti sono incorsi in errore affermando che il Virginale differisce, a livello costruttivo, dalla Spinetta.

Studi accurati e comparazioni hanno dimostrato il contrario; non ci sono differenze vitali tra i due strumenti.

Naturalmente, vari costruttori in Italia Germania e Inghilterra, condussero esperimenti rivolti ad aumentare la qualità e potenza sonora; anche la geometria della cassa si prestò a notevoli varianti.

Rimbault, verso la fine del XVI sec. costruì un Virginale a forma di Arpa, tale strumento può essere considerato come il progenitore  (ma solo nella forma del pianoforte verticale che tutti conosciamo.

Possiamo dire che i costruttori dell’Europa continentale utilizzarono di preferenza forme triangolari, al contrario degli Inglesi che preferirono forme quadrate (square) o verticali.

Clavicembalo

Menzioniamo infine il Clavicembalo, da “Clavis (tasto)+Cembalo (salterio)”  (foto8+9).

L utilizzo della classica forma “a coda” (in tedesco flugel), pare attribuirsi per la prima volta ad un costruttore italiano, tale Geronimo da Bologna nel 1521.

Il motivo fu, nuovamente, il desiderio di ottenere grande potenza sonora. Un ampia cassa e un numero maggiore di corde, aprirono nuovi orizzonti ai costruttori.

foto 8

La meccanica, lo abbiamo già detto, era uguale a quella della spinetta, fatta eccezione per i modelli di Clavicembalo a 2 tastiere, di costruzione piu complessa.

Tuttavia la sonorità imboccò la stessa natura “nasale” della spinetta, mascherata e non evidente in un utilizzo con Orchestra, chiaramente percepibile invece quando lo strumentio veniva suonato “in solo”.

foto 9

Estenuanti esperimenti, senza successo, furono condotti dai costruttori, nel tentativo di eliminare o minimizzare questa caratteristica impronta sonora.

Certamente fu considerato dai compositori dell’epoca uno strumento dalle grandi risorse, la letteratura ad esso dedicata è infatti sterminata e qualitativamente assai rilevante.

Ne furono costruiti anche a due tastiere, con due e fino a tre corde per ogni tasto, raggiungendo così nel corso del XVII sec. completa maturità costruttiva.

Italiani, francesi, fiamminghi, tedeschi e inglesi si cimentarono nella produzione, raggiungendo vette assolute per raffinatezza estetica e tecnico-costruttiva, fino a quando comparve il genio di Bartolomeo Cristofori.

Si può dunque considerare il Clavicembalo come strumento europeo per eccellenza. Su di esso si formarono i musicisti europei per una dozzina di generazioni, dalla seconda metà del 1400 fino alla fine del 1700. Subì poi, nel sec.1800 una totale e improvvisa eclissi a favore del nascente pianoforte.

Vedremo, partendo da queste informazioni basilari, come quest’ultimo nacque. Si trattò di una geniale invenzione, di una vera rivoluzione, che influenzò profondamente anche lo stile delle composizioni, oltrechè la tecnica tastieristica e il modo di porgere il fraseggio musicale.

Cristofori, l’ inventore

Dobbiamo al genio di Bartolomeo Cristofori (Padova 1655 – Firenze 1731) l’idea decisiva da cui nasce il pianoforte. Il grande merito, al di là dell’invenzione meccanica (già di per sè geniale), fu quello di intuire il bisogno di nuovo, anche dal punto di vista del suono. Con la sua invenzione, aprì la strada a inediti orizzonti sonori, dai quali i compositori trassero nuove idee.

  
Bartolomeo Cristofori (Padova 1655 – Firenze 1731) Il Pianoforte di Bartolomeo Cristofori
Il Pianoforte di Bartolomeo Cristofori

L ‘esigenza era chiara: avere a disposizione la “potenza” sonora di un grande clavicembalo, unita all’espressività del clavicordo. Ecco la lettera con la quale Cristofori annuncia l’invenzione da lui denominata “Gravecembalo con il piano e con il forte” (foto1+2)

Foto 1

Dobbiamo citare il fatto che il Principe Ferdinando de Medici assunse il cembalaro padovano presso la sua corte situata a Firenze, con l’incarico di manutentore e costruttore di strumenti musicali. Ferdinando de Medici ne possedeva una vasta collezione Beneficiando di tale opportunità, Cristofori ebbe a disposizione mezzi economici e clienti dell’alta aristocrazia.

Foto 2

Altra grossa opportunità fu quella di incontrare musicisti famosi, che divennero utilizzatori dei suoi strumenti.
Della sua produzione sono rimasti tre pianoforti (fortepiani) costruiti nel 1720, 22, 26, due clavicembali del 22 e 26 e due spinette, di attribuzione incerta.

L idea, solo apparentemente semplice, fu quella di applicare i martelli al posto delle penne che pizzicavano le corde,dotando la meccanica della possibilità di svincolare il martello stesso al tasto, una volta effettuata la percussione
della corda; il cosiddetto, celeberrimo, “scappamento”.
In questo modo si aveva il completo controllo sulla dinamica da imprimere alla percussione. 

Ecco lo schema della sua meccanica, datato 1712 (foto3)

Storia e tecnica del pianoforte
foto 3

Si noti la geniale intuizione; il sistema tasto è completamente indipendente dal sistema che aziona il martello e include la funzione di abbassare lo smorzatore, lasciando così la corda libera di vibrare fino al ritorno del tasto in posizione di riposo.
I due punti fondamentali di una meccanica odierna: “sistema tasto” / “sistema cavalletto”.
Splendido /i>

Una successiva versione datata 1726 si presenta già molto evoluta (foto4); la differenza sta nel fatto che il tasto viene prolungato, includendo il paramartello, avente funzione di raccogliere la caduta del martello dopo la percussione.

Storia e tecnica del pianoforte
 foto 4

Il tasto stesso aziona anche lo smorzatore che in questo caso alza il feltro al di sopra della corda. La meccanica del moderno pianoforte ha in questo disegno il seme per i futuri sviluppi. 

Ecco la foto della meccanica di Cristofori conservata al Metropolitan Museum di New York, gli altri due strumenti si trovano a Roma (Museo Nazionale degli Strumenti Musicali) e a Lipsia (Musik Instrumenten Museum der Universitat). (Foto5)

 foto 5

Per arrivare a questi risultati, Cristofori lavorò prima su un clavicembalo, per il quale costruì e inserì la nuova meccanica da pianoforte. Resosi conto però dell’impossibilità di utilizzare la cassa del clavicembalo quale strumento ospitante la nuova meccanica, riprese integralmente il progetto, studiando e ridisegnando il tutto, rendendo così di fatto il progetto  assolutamente nuovo.

I pianoforti oggi rimasti della sua produzione recano la dicitura “Bartholomeus dè Christophoris patavinus inventor faciebat Florentia”.

Foto 6

L’ invenzione è segnalata nel 1711 da Scipione Maffei, con un articolo sul “Giornale de Letterati d Italia”, il periodico più importante della penisola, che ne illustra i princìpi e il funzionamento con l’ausilio di disegni e schemi meccanici.
L’ avvenimento suscitò vasta eco in Europa, soprattutto Germania e Inghilterra che non tardarono ad interessarsene.

Foto 7

Tra i musicisti che contribuirono alla divulgazione del pianoforte di Cristofori possiamo menzionare il celebre organista Bernardo Pasquini, al servizio del Principe Ferdinando a Firenze, il grande compositore Domenico Scarlatti, G.F. Handel.

Foto 8

A proposito di Scarlatti, vale la pena ricordare che rimase ben impressionato dallo strumento; fu in servizio alla corte del Re di Portogallo (1719), quindi seguì la figlia dello stesso, Maria Barbara, diventata Regina di Spagna nel 1746.

Nel testamento della Regina sono menzionati cinque pianoforti fiorentini, acquistati evidentemente su consiglio del compositore italiano.

Tra gli altri celebri musicisti in contatto con Cristofori menzioniamo anche il più celebre cantante di quel periodo, Farinelli, che possedeva uno strumento di un allievo di Cristofori, tale Giovanni Ferrini e il cantante Francesco De Castris. 

Anche J.S.Bach’venne a conoscenza di questo strumento, suggerendo (pare) alcune modifiche.
Il costruttore fiorentino era dunque inserito negli ambienti musicali più elevati di quel periodo, a conferma della validità artistica della sua invenzione.
L anno successivo alla morte di Cristofori, la storia registra un avvenimento importante; la nascita di una composizione espressamente dedicata allo strumento: “Sonate da Cimbalo di piano e forte”, nel 1732, opera di Lodovico Giustini.

Gli anni 50, 60 e 70 vedono l’affermazione dello strumento anche in pubblico, con la produzione che iniziò ad estendersi in Inghilterra ad opera di Johannes Zumpe con gli economici pianoforti a tavolo (foto 6-7-8) (notiamo l’arretratezza del progetto di Zumpe nonostante la datazione molto più tarda) e Americus Backers con il primo pianoforte a coda inglese, costruito nel 1771.

Vedremo nel prossimo capitolo cosa accadde parallelamente in Germania e Austria.

Stefano Rogledi

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