La Diagnostica

Diagnostica: Radiografia RX

Fonte: testi liberamente tratti da “Tecniche fotografiche per la documentazione delle opere d arte” di Manfredi Faldi, Claudio Paolini ( Manfredi Faldi: Restauratore di dipinti ed esperto di diagnostica artistica, laureato in Storia dell’Arte all’Università di Firenze). “Il Restauro dei dipinti e  sculture lignee” Giuseppina Perusini di  del Bianco Editore 

 

I raggi X o Rontgen (dal nome del fisico tedesco che ne scoprì l’esistenza nel 1895) sono delle radiazioni elettromagnetiche la cui lunghezza d’onda si situa fra quelle degli U.V. e quelle dei raggi gamma. L’impiego dei raggi X nel campo della conservazione e prezioso in quanto essi possono attraversare anche corpi opachi di notevole spessore. L’immagine che appare sulla lastra radiografica è determinata dal minore o maggiore assorbimento di raggi X da parte dell’oggetto in esame e soprattutto dalla maggiore opacità ai raggi X di certi pigmenti. Infatti i pigmenti con elevato peso atomico, come quelli che contengono piombo o mercurio (biacca, minio, litargirio e cinabro), assorbono maggiormente i raggi X per cui, sulla lastra, risultano più chiari mentre i pigmenti organici e certi pigmenti minerali (di basso peso atomico) appaiono scuri.
Per l’esame radiografico della pellicola pittorica è inoltre di fondamentale importanza che il supporto sia relativamente trasparente ai raggi X ma, fortunatamente, i supporti dei dipinti da cavalietto, su cui di solito viene attuato questo tipo d’indagine, assorbono poco i raggi X come pure le preparazioni a base di gesso e colla (a differenza di quelle a base di biacca, bianco di zinco o di titanio, tipiche del XIX secolo).
La radiografia di un quadro può fornire informazioni:

•sulla tecnica usata dal pittore;

•su eventuali stesure sottostanti e

•può anche aiutare a stabilire l’autenticità di un’opera.

Se l’abbozzo di un quadro viene tracciato con pennellate di biacca (come spesso avviene nei quadri del XVI e XVII secolo) risulta perfettamente visibile nella radiografia, mentre nel caso di quadri condotti con leggere velature successive (come quelli di Leonardo), l’indagine radiografica è poco contrastata e leggibile. Se il pittore ha usato una tela od una tavola già dipinta o ha coperto stesure precedenti (specialmente se queste erano ottenute con spesse pennellate di biacca) le immagini sottostanti risultano chiaramente visibili (si vedano le radiografìe dell’«Olympia» di Manet, del «Ritratto di un giovane uomo» di Rembrandt e del «Martirio di S. Matteo» di Caravaggio).

Infine, disponendo delle radiografie di un certo numero di quadri dello stesso autore, è possibile identificare alcune caratteristiche «interne» della sua tecnica difficilmente imitabili da un falsario.
I raggi X purtroppo sono di scarso aiuto nell’analisi delle sculture poiché i vari piani, che risultano sovrapposti sulla lastra, provocano notevoli difficoltà di lettura. I raggi X vengono impiegati anche per altri tipi di indagini «invasive» e precisamente: la fluorescenza e la difrattometria ai raggi X (si veda il paragrafo sulle analisi «invasive»).

La radiografia ai raggi X permette di indagare la struttura più profonda dei dipinti su tela e tavola, carta e cartone: i valori di chiaroscuro restituiti sulla lastra posta a diretto contatto della superficie pittorica e investita dal fascio di raggi X (opportunamente dosati variando il voltaggio del tubo) risulteranno in funzione del maggiore o minore assorbimento delle radiazioni da parte dell’oggetto in esame. Nella lettura della lastra radiografica è importante tenere presente, oltre allo spessore degli strati, la decisa opacità dei pigmenti a forte peso atomico (in particolare bianco di piombo).
Sulla lastra si formeranno perciò delle zone più chiare e più scure in funzione della resistenza che le varie parti dell’oggetto opporranno al passaggio dei raggi X: a parità di spessore appariranno più chiare le zone di maggiore densità. 

 
 

L’interpretazione dei risultati radiografici presenta delle oggettive difficoltà che spesso finiscono per limitare il numero di informazioni: ciò che si ottiene con l’esame è, infatti, un’immagine bidimensionale nata dalla proiezione sul piano di elementi distribuiti nello spazio (supporto, preparazione, film pittorico), con ciò che questo comporta sulla difficoltà di una loro precisa identificazione. Anche se l’indagine si basa prevalentemente sullo studio delle variazioni provenienti dalla composizione dello strato pittorico (sarà perciò sempre questo ad essere restituito nella maniera più nitida proprio per la scelta nella posizione della lastra), l’immagine radiografica dovuta al supporto ed alla preparazione può comunque aiutare a chiarire alcuni aspetti del processo creativo e della tecnica di esecuzione e a valutare il reale stato di conservazione dell’opera.

Un disegno preparatorio eseguito dal pittore con una punta di piombo o inciso, pur sfuggendo ad altri esami come la riflettografia infrarossa, darà una precisa immagine sulla lastra radiografica.
Ben evidente sarà poi l’entità del danno provocato dai cunicoli dei tarli che, se non sono stati colmati con stucco, assumeranno una gradazione scura. Si identificherà l’andamento dei chiodi impiegati per fissare le traverse di sostegno nei dipinti su tavola e il diffondersi della ruggine all’estremità dei chiodi o, ancora, la presenza di altri elementi come cavicchi in legno o metallo (incastro a caviglia). Tutte informazioni, queste, che possono risultare determinanti nel momento della scelta del tipo di intervento da eseguire.

Talvolta la radiografia rileva la presenza di pitture sottostanti più antiche e più importanti, o anche di firme o scritte nascoste, ma simili fortunati casi rischiano di fare considerare la radiografia come un mezzo che trae principalmente frutto da un esame isolato mentre essa si rivela uno strumento essenziale dell’indagine artistica quando applicata con sistematicità e metodologie comparative.
L’indagine radiografica non si esaurisce nella valutazione dello stato fisico dell’opera (lacune, craquelure, consunzioni, etc.), ma acquista sempre più importanza nella conoscenza del modo di operare del pittore fino a rendere possibile uno studio comparativo che possa condurre a facilitare il riconoscimento di opere autentiche o appartenenti ad un determinato autore.

Da quando, con la nascita della pittura ad olio, il tono finale non viene più raggiunto attraverso stratificazioni di colore successive ma mescolando i diversi pigmenti col bianco l’impasto diviene ricco e corposo. L’immagine radiografica, di conseguenza, permette di distinguere chiaramente i singoli tratti di pennello: se la materia è più o meno carica di colore, se è stata applicata con maggiore o minore pressione, il carattere, la sicurezza e la precisione della pennellata ed anche quando è stato necessario ritornare a correggere quanto già era stato dipinto, esaltando così certi aspetti grafici dello stile.
Ciò che viene messo in maggiore evidenza sono gli strati profondi, densi e corposi, ai quali l’artista lavora con maggiore spontaneità e impeto anche perché destinati ad essere coperti da stesure successive. Si comprende allora quanto decisivo risulterà il contributo della radiografia eseguita su più versioni di una stessa opera o, ancor più, estesa a un folto gruppo di opere di un singolo artista.

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