Il MobileTecniche decorative

Le essenze usate nell’Intarsio

Fonte: Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari
Dal massello alle impiallacciature

Il legno massello ha caratterizzato la produzione di mobili fino al XVI secolo. Il costo elevato delle essenze più rare ha portato l’artigiano a sviluppare la tecnica di taglio del legno.
Sicuramente è nella fine del rinascimento che si inizia a capire l’importanza di risparmiare, non solamente per il costo ma anche per non sprecare una particolare tavola che possedeva una singolare venatura, un certo tipo di legno prezioso e con proprietà decorative naturali le quali, se tagliato a piallacci, poteva ricoprire tutto un mobile. Devo ricordare che è con il mobile seicentesco che si inizia a ricoprire listrando i manufatti con piallacci di radica, in particolare quella di noce.

Le listre anticamente si ottenevano tramite il segone a telaio, grossa sega che veniva azionata da due persone. Questa operazione richiedeva un notevole affiatamento tra i due operatori ed era molto difficile da ottenere.
Il sistema di taglio delle tavole in listra fu usato fino alla fine del XVIII secolo. Con l’evolversi della tecnologia, inventando e utilizzando macchinari meccanici tipo trance e sfogliatrici, si poté ottenere e si ottengono attualmente i tranciati e le impiallacciature.

I diversi tipi di taglio

E bene specificare le differenze tra listra, impiallacciatura e tranciati.
La listra è una fetta di legno che si ricava dalla tavola tagliata con la sega a nastro. Lo spessore può variare dai 2 ai 3 mm. a seconda dell’esigenza. Questo tipo di taglio mantiene la listra piatta e non nervosa, se il legno tagliato è stagionato. L impiallacciatura e i tranciati si ottengono tramite bollitura delle tavole con il vapore; queste vengono successivamente sfogliate con trance o macchine sfogliatrici.
La differenza tra l’impiallacciatura e i tranciati sta nello spessore del legno.
L’ impiallacciatura è di spessore finissimo e varia dai 6/10 fino ai 3 mm del tranciato. Saper distinguere una lista da una impiallacciatura, può servire anche a datare un mobile. Facendo un esempio, un mobile costruito con impiallacciature di 6/10 non sarà sicuramente un manufatto del XVIII secolo dato che il legno veniva tagliato manualmente fino al XIX secolo e le prime macchine per tranciare a freddo risalgono all’inizio del 1800, per poi perfezionarsi fino ai giorni nostri. 

Macchina tranciatrice a segaMacchina sfogliatrice a caldo

I disegni illustrano due macchine relative a due sistemi di taglio per ottenere dei piallacci dalle tavole.
Nella prima illustrazione, macchina tranciatrice a sega, dove il legno viene tagliato a freddo.
Il vantaggio che apporta il taglio di tavole con questa macchina è legato al mantenimento del colore naturale, in particolare per i legni chiari, ed alla possibilità di ottenere listre uniformi di spessore e piatte, non nervose, dato che il tronco non viene immerso in acqua calda.
Lo svantaggio dell’uso di questo utensile è soprattutto inerente allo spreco notevole di legno provocato dai tagli della sega.
Al contrario la macchina sfogliatrice a caldo riesce ad ottenere dal tronco la massima produzione con il minor spreco di materia, ottenendo impiallacciature sottilissime di spessore.
Questo è dovuto al sistema rotatorio di taglio abbinato all’immersione in acqua calda del tronco.
Le impiallacciature ottenute, nella maggioranza dei casi, risultano ondulate e necessitano di uno stiramento con il ferro da stiro, per riportarle piatte, prima di essere usate per una tarsia.

Si possono ottenere diversi effetti tagliando il tronco radialmente o longitudinalmente o di testa o prendendo la parte bassa del tronco oppure la radica e parti sull’attaccatura dei rami.
Il taglio denominato rigatino è un tipo di taglio che si ottiene sezionando la tavola lungo i raggi midollari ricavando una venatura molto fitta e ben marcata denominata appunto rigatino.
Con il taglio della radica della pianta si ottengono effetti della venatura più stravaganti, che si possono trovare solamente in questa parte della pianta. Forse è per questo che fu maggiormente usato nei mobili barocchi e successivamente sui manufatti della prima metà del 1700.

Tipi di taglio del tronco della pianta per ottenere i vari tipi di piallacci. 

Con il Taglio tangenziale si ricava una venatura molto ampia.
Il taglio radiale viene eseguito per ottenere una venatura molto fitta, denominata a rigatino.
Sezionando la parte bassa del tronco otterremmo la piuma.
Con il taglio del ceppo della pianta ricaveremo la radica.

Le radiche: L’ uso delle radiche ebbe il suo massimo fulgore nel periodo barocco. L’applicazione più rilevante di questo tipo di essenza ha riguardato nella maggior parte il mobilio; successivamente è stata sempre impiegata per manufatti di pregevole fattura e quadri intarsiati.

Principalmente la radica è stata lavorata e incrostata come listatura e abbinata, in special modo nel XVII secolo, su mobili decorati con colonne sormontate da capitelli intagliati. La radica serviva alla riquadratura dei cassetti, che in genere facevano da sfondo alle fasce di cornici, o a figure virili intagliate nei mobili, che caratterizzarono quest’epoca. 

Le radiche più usate per decorare i mobili dal XVI secolo fino ai giorni nostri sono state le più svariate e si sono sempre distinte per la tipologia e nazionalità del manufatto di provenienza.
Il mobile italiano generalmente veniva intarsiato con radiche di olivo e noce. Nel mobilio europeo, specialmente per quello francese e inglese, si usavano oltre a radiche locali, anche essenze d importazione come la tuja, ambonia e radiche di noce provenienti dal sud America.

Nella foto un esempio di un quadro francese eseguito con vari tipi di radica, dove si può notare il grande effetto decorativo che può creare questa materia 

Molti intarsiatori usano solamente vari tipi di radica per creare quadri naturalistici e paesaggi, facendo meravigliare, forse più per la bellezza delle radiche impiegate, che per il contenuto e la qualità della tarsia. Un suggerimento che mi sento di esprimere è di adoperare con gusto senza esagerare queste pregiatissime essenze, che possono dare al quadro un effetto di grande stupore, ma può rendere la tarsia molto confusa se non usata correttamente

Nelle epoche precedenti, quattrocento e rinascimento, l’uso delle radiche era riservato per decorare pannelli intarsiati con la funzione di imitare il finto marmo, inserendo questa essenza nelle riquadrature delle colonne o nei basamenti. 

Essenze legnose usate nell’intarsio

Le essenze legnose prevalentemente usate per la realizzazione degli intarsi sono:

Abete: tenero, di colore bianco con venature rossastre e di struttura grossolana;

Acero: legno chiaro con specchiatura madreperlacea, di colore bianco tendente al rossiccio, rosato o bianco giallino; le radici presentano marezzature apprezzate per il loro effetto decorativo.

Ciliegio: compatto, rossiccio, facilmente attaccabile dai tarli e dall’umidità.

Rovere: molto duro ma facilmente lavorabile, si presenta bruno con larghe venature. L andamento delle fibre più diritto e regolare presenta meno nodi.

Castagno: non molto duro ma di ottima resistenza, di colore bianco giallastro con venature più scure a specchiature che lo rendono simile a legno di rovere

Noce: di due tipi, noce nazionale e noce Tanganika. Il primo a colore bruno più o meno chiaro, in rapporto all’età della pianta, ha delle venature di colore più scuro ad andamento parallelo oppure ondulato. Entrambi poco resistenti agli xilofagi.

Mogano: legno duro di colorazione rossastra, tende a scurirsi con l’esposizione all’aria, ma resiste bene alle variazioni di temperatura ed umidità ed è inattaccabile dai tarli.

Palissandro: legno esotico di cui esistono due varietà. Quello indiano, di colore rosso violaceo, molto pregiato, usato per lavori di alta ebanisteria. Il palissandro Rio è di colore più scuro ed è immune dagli attacchi degli xilofagi.

Ebano: legno molto duro e compatto, di colore nero, a volte con striature marroni. Difficilmente attaccabile dagli xilofagi.

Tecniche di colorazione delle tessere

Come tinteggiare il legno

La tinteggiatura del legno si può eseguire in due modi, ad immersione e a pennello.

Tinteggiatura ad immersione 

Questo procedimento assicura grande uniformità di colore che viene applicato su interi fogli di impiallacciatura prima del taglio.

Immerso nel bagno di colore, il legno infatti assorbe completamente la tinta.

E necessario, però, procedere preventivamente ad alcuni controlli, verificando che:

il colore della tinta preparata sia proprio quello della tinta desiderata.

A tale scopo si procede con delle prove su pezzettini di legno, onde evitare di rovinare l’intero foglio;

·     il foglio sia della giusta misura, per evitare che, se troppo largo, si possa arrotolare, una volta bagnato.

Tinteggiatura a pennello 

E una tecnica che permette di mettere in opera il legno, incollandolo, levigandolo a dovere e ritoccandolo nelle varie fasi del restauro con il colore più adatto. Presenta però delle controindicazioni, perché il colore, spennellato sulla superficie, non viene assorbito in profondità e con il tempo invecchierà in modo diverso da quello tinto per immersione.

E importante sapere inoltre che non tutte le essenze legnose hanno eguale caratteristica di assorbimento (assorbenza) del colore con la stessa facilità. Quando l’assorbenza è scarsa, per non ripetere più volte l’operazione di tinteggiatura, si può aggiungere al colore qualche goccia di ammoniaca.

Fissaggio dell’ intarsio: le colle animali 

La realizzazione di questi minuziosi lavori d intarsio, prevede l’utilizzo di colle animali. Una volta realizzato il disegno prescelto, e assemblate tra di loro le numerose tessere di impiallacci di essenze legnose diverse, il tutto deve essere fissato su di un supporto rigido mediante sostanze ad alto potere adesivo; a tale scopo si usano appunto le colle animali. 

Sono costituite da sostanze di natura prevalentemente proteica (collagene) e da quantità minori di sostanze di natura organica ed inorganica. 

Vengono estratte da cascame di pellame animale (colle animali), da ossa di mammiferi (colla di ossa), o da parti di pesci (colla di pesce). La loro preparazione avviene lasciandole in acqua per circa ventiquattro ore, ottenendo così una soluzione acquosa colloidale reversibile, questo perché si tratta di sostanze proteiche e quindi idrofile, cioè affini con l’acqua e a contatto con essa, ogni singola parte di colla forma delle micelle , cioè dei rigonfiamenti delle proteine costituite da una parte interna idrofoba e una parte esterna idrofila che va a contatto con l’acqua. 

La soluzione colloidale così ottenuta va sciolta a bagnomaria senza però portarla mai ad ebollizione, onde evitare la rottura dei legami interni e la relativa perdita di potere adesivo. Questi tipi di colla assicurano un ottima adesione ma allo stesso tempo presentano degli svantaggi, sono infatti responsabili di fenomeni alterativi che con l’invecchiamento portano ad una perdita di adesione. 

In particolare si pensa che si verifichino tre tipi diversi di processi alterativi, tutti attribuiti all’azione della acqua: 

•la variazione di umidità che è causa di ritiri e di rigonfiamenti, 

•acqua agisce da reattivo per le reazioni degenerative nel materiale proteico delle cellule, 

•l umidità favorisce lo sviluppo di muffe e batteri.

Attenzioni nella realizzazione di un intarsio 


Volendo iniziare un lavoro di intarsio, è necessario preparare e scegliere tutti i materiali in modo da avere tutto pronto prima di cominciare. 

Per le impiallacciature da usare si deve tener presente. 

La venatura del legno che varierà a seconda del disegno da riportare; 

Lo spessore di impiallacciatura, che varierà a seconda del tipo di intarsio che si vuole ottenere; 

La scelta delle essenze, sia naturali che tinte, che sarà fondamentale per l’effetto finale. 

Per quanto riguarda il legno da usare, basterà studiare, prima di cominciare il lavoro, il gioco di venature che meglio si addice al tipo di disegno scelto, operazione che a volte risulta lunga e faticosa, ma di grande importanza.

Relativamente alle tinture delle essenze, bisognerà tenere conto dei vari aspetti che possono intralciare il lavoro. L impiallacciatura, per esempio, deve essere trattata con la carta vetrata per risultare dello stesso livello del resto del legno; tale operazione deve essere necessariamente effettuata prima della tinteggiatura per evitare di rimuovere parte del colore. 

L’ uso di cere e di vernici può alterare, in fase di pulitura, il colore dei legni tinteggiati, perché la lucidatura tende ad evidenziare le venature delle varie essenze. La stessa vernice spesso trasforma completamente la tinteggiatura artificiale scurendo il colore più del dovuto. Quindi prima di tinteggiare il legno, è necessario fare dei saggi. 

L’ uso di materiali diversi dal legno 

L intarsio con materiali diversi dal legno non è né difficile né tanto diverso dalla tarsia lignea: il procedimento è lo stesso di quello descritto per l’intarsio a foro e contro-foro a meno di qualche piccolo accorgimento da tener presente. 

Metalli:

nell’intarsio si usano l’ottone, il rame, l’argento, lo stagno, ecc., che si possono trovare in commercio in fogli di vario spessore. 

Tartaruga:

esistono varie specie di tartarughe e per ognuna cambiano i colori, lo spessore della corazza e, quindi, il pregio. 

La distinzione riguarda, però, anche il guscio di cui vengono utilizzate sia la parte superiore che quella inferiore più variopinta e pregiata. 

Poiché i fogli di tartaruga sono di piccola dimensione, spesso se ne devono saldare due ad una temperatura di 140°C circa, schiacciandoli, se necessario, per appiattirli. 

La tartaruga è un materiale che si cambia facilmente.

Madreperla:

La si ricava dalle conchiglie e viene lavorata accuratamente da operai professionisti che la scelgono, la tagliano e la preparano per l’uso. 

Differente a seconda della specie da cui proviene, questo materiale si distingue anche per il colore ed i riflessi che lo rendono più o meno pregiato. 

Come il legno, può essere con delle anilina che permettono di colorarlo dopo averlo messo in opera. 

Osso:

E un materiale duro, ma molto fragile, facilmente scambiato per avorio che anticamente veniva ricavato soprattutto da cavalli e montoni. 

E possibile sbiancarlo con acqua ossigenata o colorarlo seguendo lo stesso procedimento che si usa per il legno. Avorio: ricavato dalle zanne degli elefanti, ha un colore bianco giallastro che varia a seconda della zona da cui proviene. 

Se ne usano piccoli pezzi. Può essere tagliato a mano, ma è necessario lubrificare il seghetto con del sapone per facilitare il lavoro. 

Corno:

i tipi più usati sono quelli di mucca e di bue, anche se spesso presentano delle irregolarità che obbligano a scartarne una parte rilevante durante la lavorazione. 

Presentano diverse colorazioni tra il bianco ed il giallastro. 

Addirittura nero è il corno di bufalo. 

Per l’intarsio si usano delle placche dello spessore di circa un millimetro tagliate secondo le necessita.

Leggi gli altri argomenti del Corso di Intarsio di

Mastro Santi del Sere

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Translate »