Restauro pittorico

Restauro dei dipinti

Premessa

Un trattato davvero molto interessante su tutto ciò che ruotava intorno al mondo del dipingere alla fine del XIV secolo è sicuramente il “Il Libro dell’Arte scritto dal pittore Cennino Cennini, dove si può venire a conoscenza oltre che della “maniera di pinturare” anche di tecniche come l’ affresco o la pittura su tavola.

Nei secoli, il modo di dipingere si è evoluto e dai colori naturali (per lo più terre, ossidi ridotti a polveri ) mescolati con uovo, o con olio di lino, siamo giunti fino ai moderni colori in tubetti, già mescolati con un legante.
Oggigiorno esistono colori a tempera (legante acquoso), a olio (legante olio) e a vernice (legante vernice), acrilici.

Un dipinto è costituito essenzialmente da tela e telaio, con un elemento aggiuntivo che può essere la cornice.
Il telaio è costituito da più parti ( listelli ) assemblati fra loro, tramite incastri, e/o inchiodati, incollati (telaio fisso).

La tela può essere in fibra vegetale : cotone, lino, canapa, juta o se è un dipinto moderno, anche mista o sintetica.
La tramatura ( ossia i fili che intrecciati costituiscono la tela ) è assai sovente irregolare, e di diverso spessore, dato che nei secoli addietro, erano tessute a mano, su dei telai di dimensioni standard. Per realizzare dipinti di grandi dimensioni infatti, non è raro trovare più pezzi di tela cuciti, spesso grossolanamente, fra loro.
La tela viene poi tirata ( tensionata ) su di un telaio e preparata con uno strato di gesso e colla, poi livellato, su cui viene eseguito il dipinto vero e proprio.
Sopra il dipinto finito viene solitamente steso un sottile film pittorico a protezione: la vernice, che può essere lucida o opaca.
Il restauro dei dipinti si articola in varie, complesse fasi, a seconda della gravità dello stato di conservazione in cui essi vertono.

Il Restauro

Velinatura, Fermatura e Consolidamento

Prima di iniziare gli interventi il dipinto deve essere tolto con cautela dalla cornice e messo su di un piano orizzontale, su cui avremo steso un foglio di plastica.
Adesso osserviamolo attentamente, analizzandolo.

La prima operazione da eseguire quando si decide di intervenire su di un dipinto e la Velinatura eventualmente preceduta da un Miglioramento della superficie.

Le condizioni dello strato pittorico vengono controllate prima della velinatura protettiva per verificare l’opportunità di eseguire il “miglioramento della superficie“, ovvero attenuare il rilievo delle eventuali scodellature. Questo intervento può essere eseguito, dopo aver opportunamente trattato gli strati pittorici, con ferri da stiro o con l’ausilio della pompa a vuoto.  Se il colore appare non più coeso alla tela bisognerà provvedere o a una fermatura ( nel caso di parti di colore localizzate) o ad un consolidamneto vero e proprio ( nel caso che il problema interessi tutta la totalità dell’opera e che la preparazione-colore si distacchi dalla tela ) eseguiti con collanti animali o chimici, a seconda di come il dipinto reagisca a dei semplici test’di prova, effettuati in zone marginali.

Se il dipinto non è sensibile all’umidità si potranno usare collanti acquosi, se invece il colore si muove o la tela ha dei movimenti, si allunga o si restringe, allora bisognerà usare dei prodotti che non apportino umidità, come quelli chimici ( resine ).
La fermatura avviene dal fronte del colore, localmente, mentre il consolidamento è effettuato dal retro, in maniera che il consolidante penetrando uniformemente dalla fibra della tela potrà ridare coesione ai colori in maniera uniforme.

Velinatura di protezione
La Velinatura consiste in una operazione protettiva, che viene spesso effettuata prima di rimuovere un dipinto che necessiti di un restauro, in modo da impedire che parte del film pittorico possa distaccarsi e perdersi nel corso delle successive operazioni. L intervento consiste nello stendere del collante sul film pittorico, protetto da speciali carte non soggette a contrazione e ad alto grado di assorbimento (carta giapponese).


Fermatura del colore
Il sollevamento e il distacco dal supporto di porzioni di materia è un fenomeno frequentemente riscontrabile: in genere sono frammenti e foglie di pellicola pittorica che, per cause diverse si trovano in condizioni di scarsa adesione o prossimi a cadere. Si rende quindi necessario “riportare i frammenti a contatto del substrato o tra loro, inserendo un adesivo che assicuri una funzione stabile e permanente”. Nell’operazione ci si avvale quindi di sostanze che siano capaci di creare forze attrattive tra le due superfici in contatto. Le modalità di applicazione sono svariate e dipendono essenzialmente dal tipo di adesivo impiegato, quest’ultimo è classificabile sulla base dello specifico meccanismo di adesione (evaporazione del solvente, processo chimico, fusione e risolidificazione, pressione), o in relazione alla sua origine e natura chimica (animale, vegetale, di sintesi, cere) oppure in base all’applicazione alla quale è destinato.

Consolidamento del colore
La necessità di un intervento di consolidamento del colore è da porre in relazione alla perdita di coesione di un materiale con un conseguente aumento della propria porosità. “Il risanamento di un materiale decoeso richiede l’impregnazione della microporosità acquisita mediante un liquido consolidante, cioè capace, una volta penetrato, di passare allo stato solido”, ripristinando la coesione. I consolidanti possono essere di origine naturale (animale, vegetale) o sostanze di sintesi. Molte di queste sostanze sono anche adesive ma i consolidanti devono soddisfare un maggior numero di esigenze: devono infatti avere capacità di impregnazione, tempo di presa lento, compatibilità con i materiali originali e stabilità chimica e fisica. Non devono invece possedere nessuna azione solvente o reattiva verso il materiale da consolidare. I consolidanti possono essere applicati in soluzione, per fusione o possono essere dei monomeri polimerizzabili. La mancata chiarezza sulle reali differenze tra sostanze adesive e consolidanti, e di conseguenza sulle operazioni di fermatura e di consolidamento del colore, ha spesso generato equivoci ed errori negli interventi. Un esame particolareggiato e chiarificatore del problema è stato comunque condotto dai chimici Matteini e Moles, dal cui testo La chimica nel restauro sono tratte le precedenti citazioni.

Se esistono molti tagli, buchi, e il dipinto appare molto allentato, si rinforzerà la struttura del dipinto con la foderatura, è un operazione lunga e complicata, dove sostanzialmente, viene applicata (fatta aderire a diretto contatto dell’antica) una nuova tela scelta in base alle caratteristiche dell’originale ( simile ) a sostegno; ad essiccazione avvenuta, viene poi tensionata nel telaio tramite chiodi o puntine inox.
Se invece i buchi sono di piccola entità, allora ci si limiterà ad eseguire degli INTARSI di tela, ( ricalcando la sagoma della lacuna ) incollati poi con un sottile strato di gesso e colla.

Rintelatura o foderatura.
Dopo la ritelatura

Nel restauro è l’operazione volta a consolidare la tela di un dipinto per mezzo dell’applicazione di una nuova tela su di essa, tramite materiali adesivi. I metodi utilizzati variano in relazione alla composizione degli strati del dipinto (dalla tela, alla preparazione, al colore) e comunque tendono ad agire avendo cura di non alterare le caratteristiche della superficie (pennellate in rilievo) e quelle dovute al normale invecchiamento delI opera (craquelure). I metodi più diffusi sono riconducibili alle così dette rintelature a pasta (vedi colla pasta), a cera-resina, 0 a rintelature con materiali sintetici. Vedi inoltre tavola calda. Francese: Rentoilage – Inglese: Relining – Spagnolo: Reentelado – Tedesco: Rentoillierung.

Prima della ritelatura
Rintelatura a cera resina

Tecnica di foderatura documentata dalla fine del XVIII secolo e tipica dei paesi nordici, dove si è diffusa favorita dalle caratteristiche del clima, rigido e umido. Si caratterizza per l’uso di un adesivo composto da cera mista a resina che, steso sul verso, viene fatto aderire mediante una stiratura con ferro da stiro o tramite l’uso di una tavola calda. La tecnica evita quindi l’apporto di umidità al dipinto caratterizzandosi per una buona permanenza delle caratteristiche adesive nel tempo e per la resistenza agli attacchi microbiologici. Tuttavia, oltre al rischio di una modificazione dell’aspetto cromatico dell’opera, l’operazione non assicura una completa reversibilità, in quanto, seppure è possibile rimuovere la nuova tela riscaldando l’adesivo, non è possibile agire sulla cera resina che è andata a impregnare il supporto originale. Per tali motivi la tecnica è stata oggi per lo più abbandonata a favore di metodi che prevedo l’utilizzo di adesivi sintetici. Francese: Rentoilage à cire résine – Inglese: Wax-resin lining – Spagnolo: Reentelado a cera resina.

Rintelatura a colla pasta

Tecnica di foderatura documentata già nel XVII secolo. Si caratterizza per l’uso di una colla pasta che, nella tradizione fiorentina, è composta da farina di frumento, farina di segale, farina di semi di lino, acqua, trementina veneta, fungicida e colla forte. La tecnica impiega quindi materiali che possiedono una buona compatibilità con quelli originali, facilmente asportabili e dal discreto potere adesivo. Tuttavia, oltre ad agire negativamente su materiali sensibili all’umidità, la colla pasta perde con il tempo il suo potere adesivo e tende a vetrificare e quindi a irrigidire. Una particolare attenzione nei confronti delle condizioni ambientali in cui conservare un dipinto così trattato risulta quindi fondamentale, anche per prevenire eventuali attacchi di microrganismi. Francese: Rentoilage à la colle de pate – Inglese: Glue-paste lining – Spagnolo: Reentelado a pasta de harina – Tedesco: Kleisterentoillierung.

Rintelatura a strisce o strip lining, falsi margini.

Applicazione di strisce di tela lungo i bordi della tela originale per facilitare una operazione di rintelaiatura senza dover ricorrere – perché giudicata non necessaria- ad una rintelatura. Francese: Pose de bandes de tension – Inglese: Strip lining – Spagnolo: Reentelado a bandas.

Rintelaiatura

Operazione (generalmente successiva a una rintelatura) che consiste nel sostituire un vecchio telaio giudicato non più adeguato con uno nuovo, più consono alle necessità del dipinto. Francese: Remise en extension – Inglese: Mounting – Spagnolo: Refaerzo – Tedesco: Rahmung.

Dove c è lacuna  di preparazione e colore vengono eseguite delle stuccature a pennello con gesso e colla e quando sono asciutte vengono poi livellate a bisturi. (Sulla tematica del ripristino delle lacune vedi “Il Ritocco Pittorico” ndr)

Pulitura dei dipinti

Nel caso la superficie abbia delle macchie circolari di colore biancastro o aloni, possono significare l’ attacco da parte di microorganismi (muffe) a cui bisognerà far fronte con dei biocidi, dati a pennello o vaporizzati in modo da eliminare le spore; dei puntini neri, di piccole dimensioni non sono altro che escrementi di insetti che si elimineranno a bisturi, localmente.

Se il dipinto appare uniformemente scuro, ciò è dovuto all’ossidazione della vernice superficiale di protezione, che ha assunto una colorazione giallognola o addirittura marroncina; in questi casi necessita di una Pulitura : Viene eseguita dopo aver fatto dei test’in zone marginali e su differenti colori, tramite dei tamponcini imbevuti di solventi o miscele di questi, di natura chimica. Quando abbiamo trovato quello che riesce a togliere la vernice, senza intaccare i colori sottostanti, si può iniziare. Controllare sempre che non ci siano tracce di colore sul tampone e procedere per gradi, perché solo alla fine della pulitura si potrà armonizzare il tutto. Solitamente si inizia dai colori scuri, dallo sfondo, per poi proseguire nel resto.

E un operazione assai delicata, perché si possono creare degli scompensi cromatici od eliminare la patina antica.
A pulitura eseguita, si fa una prima verniciatura a pennello, al di sopra della quale noi eseguiremo il nostro ritocco pittorico.

La Reintegrazione Pittorica, è eseguita con colori a vernice ( perchè reversibili e simili con quelli ad olio ); esistono varie tecniche del restauro pittorico (vedi “Il Ritocco Pittorico“), ma quella regolarmente riconosciuta e richiesta da Sovrintendenze è quella della Selezione Cromatica, una tecnica che si apprende dopo molte ore di esecuzione, costituita essenzialmente dal riuscire a vedere come è composto un colore ( es. un manto rosso, non è costituito a ben guardare solo dal rosso, c’ è il rosso, poi ci sarà della terra d ombra, poi del giallo, poi della terra verde ..) e scomporlo in piccolissime pennellate una vicino all’altra, stese in successive riprese e che viste da lontano rendano il colore rosso, ma da vicino si vedano tutte le pennellatine che lo compongono.

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Andrea Del Sarto “La Madonna delle Arpie ” agli Uffizi”

Un validissimo esempio è visibile nel restauro dell’opera di Andrea Del Sarto ” La Madonna delle Arpie ” agli Uffizi.

C’ è da dire che le pennellata tendono a ricreare l’andamento della parte vicina ( ad es. nel caso di una lacuna nel manto, ne seguiranno l’andamento).
C è poi l’Astrazione, una tecnica ancora più difficile dove le linee vengono eseguite in tre successive stesure e direzioni in questa bisogna fare una sintesi dei colori che si hanno intorno alla lacuna e stenderli in successive fasi in obliquo.

Il Cristo Crocifisso” (dipinto su tavola ) di Cimabue a Firenze.

Un esempio si ha nel restauro del  “Il Cristo Crocifisso” (dipinto su tavola ) di Cimabue a Firenze.

Da ricordare anche il Sottotono, tecnica usata particolarmente negli anni 60, ora più in disuso, consiste nel ricreare i colori mancanti però di un tono più chiaro  e Il Neutro, ( usata anche negli affreschi ) dove viene stesa una base neutra, piatta ( ocra ) sulle mancanze

Nel campo antiquariale vige invece l’idea “che meno si vede un restauro meglio è ” quindi ci si affida all’Imitazione, dove i colori vengono stesi come si vedono realmente, come se si stesse dipingendo ex-novo le lacune.

Personalmente penso che la selezione cromatica, se ben eseguita, è quella che riesce forse meglio a rendere visibile ma allo stesso tempo non puntualizzare eccessivamente l’opera di restauro.

L’ ultima fase, qualunque sia la tecnica prescelta, è quella della verniciatura, eseguita stavolta a spruzzo, per uniformare meglio il tutto.
A questo punto si può tranquillamente reinserire il dipinto all’interno della cornice.

Se il telaio è fisso e non permette movimenti alla tela, ( la tela, come del resto il legno, è “vivo” e si muove, risentendo dei cambiamenti ambientali ) e magari è anche tarlato è necessario sostituirlo con uno di moderna concezione : espandibile con biette ( degli zoccolini di legno che si incastrano nel telaio e danno la possibilità di allargare o stringere ).

Approfondimento: Tipi di tele usate oggi nei dipinti

Tela di Lino
La tela di lino è considerata la migliore delle tele sia per la sua trama fine (molto indicata per ritratti) che per la sua resistenza ai cambiamenti d’atmosfera. Inoltre la tessitura fitta gli conferisce un alta resistenza alle trazioni. E quindi molto indicata nelle opere di grandi dimensioni che necessitano di frequenti montaggi. Solitamente reperibile in diversi tipi di tessitura (grana grossa, media, fine o extra fine) che ne determinano la qualità e il costo.
Tela misto Lino
Realizzata in lino e cotone, presenta più o meno le stesse caratteristiche della tela di lino, proporzionalmente alle relative percentuali di fibra utilizzate. Sensibilmente più economica rispetto alla tela di lino 100%.

Tela di Cotone
La tela di cotone, come quella di lino, ha come caratteristica una tessitura molto stretta ma a differenza di questa è molto sensibile alle variazioni climatiche e all’umidità. Particolarmente conveniente, risulta molto sensibile alle trazioni.

Tela di Juta
Tela dalla trama molto robusta. Presenta spesso nodi irregolari e sporgenti. Molto apprezzata da chi ama particolari effetti “a rilievo”.

Tela misto Cotone
E una tela solitamente economica realizzata con fibre di cotone miste a fibre sintetiche. Il nylon presente nella trama dà spesso luogo ad indesiderati riflessi di luce. Molto suscettibile alle trazioni, una volta deformata difficilmente puo tornare tesa.

Tela Sintetica
Esistono in commercio particolari tele, sintetiche al 100%, realizzate con fibra di nylon di alta qualità che, anche in caso di applicazioni in esterno, risultano immuni ad agenti atmosferici e batterici.

Consigli utili – La maggior parte delle tele in commercio hanno una preparazione “universale” composta principalmente da colle sintetiche e gesso, ciò significa che possono essere utilizzate in ogni tipo di tecnica pittorica (olio, acrilico, ecc.). Tuttavia le tele di lino, utilizzate tradizionalmente per pittura ad olio, sono spesso trattate con una preparazione “grassa”, composta da colla animale, che permette una migliore coesione dei colori ad olio (quindi grassi) con il supporto. Si consiglia quindi, nel caso si utilizzino colori acrilici (magri), di assicurarsi che la tela prescelta sia trattata con la preparazione “universale”.

Da tenere sempre presente come etica professionale che le operazioni che si eseguirano dovranno essere reversibili e non snaturare mai la natura stessa del dipinto. ( per maggiori informazioni Vedere : Cesari Brandi “La teoria del Restauro” ).

I danni del dipinto possono, in maniera riassuntiva, essere causati sia da fattori ambientali ( come l’ umidità, l’ eccessivo calore) da insetti (escrementi di insetti, tarli ) che da agenti intrinsechi al dipinto stesso (essiccazione non uniforme del legante nei diversi colori, ossidazione della vernice ) che da fattori accidentali (colpi, sfondamenti).
Tutto ciò comporta degli scompensi al dipinto.

Le scuole di restauro

Esistono varie e numerose scuole di restauro ma le più valide, riconosciute ovunque e gratuite sono l’ Opificio delle Pietre Dure di Firenze, l’ Istituto Centrale del Restauro di Roma e la Scuola di Restauro di Botticino, a Brescia.

In ognuna di queste scuole si entra tramite il superamento  di un esame estremamente selettivo (articolato in tre prove di cui 2 pratiche: una prova di disegno e una prova di reintegrazione pittorica e 1 orale di storia dell’arte ) dove entrano solamente poche persone (4 o 5 su 700-800 iscritti ); la durata del corso è di quattro anni, con frequenza obbligatoria dal lunedì al venerdì, con lezioni sia teoriche che pratiche; ci sono inoltre specializzazioni di restauro affreschi, restauro sculture lignee, restauro lapideo, restauro arazzi, restauro ceramica.
Ci sono poi Scuole private ( costosissime ma valide alternative perché coniuganti anche esse lezioni di teoria e laboratorio) e corsi regionali (questi ultimi sconsigliati sia perchè non si sa mai se inizino realmente, e poi perchè capita che essendo sponsorizzati dalla regione riescano a fare solo i primi due anni e poi finiscano i finanziamenti….e non ne fanno più di nulla …)
IN QUESTI CASI INFORMARSI SEMPRE SUI TITOLI RILASCIATI e LA LORO VALIDITA .

Nota: Sono state tralasciate volutamente le descrizione di alcune fasi in quanto difficilmente traducibili in poche righe e dissertazioni di chimica sui solventi e sulle loro caratteristiche, così come è stato evitato di dilungarsi sulla teoria del restauro pittorico,  cercando di scrivere in maniera più fluida possibile dando comunque l’idea del mondo affascinante che cìè dietro l’arte del restauro.

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