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La Cartapesta Bolognese |
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Arte e Restauro - La Cartapesta | |||||||||||||||||||
Scritto da G. Brigante | |||||||||||||||||||
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Liberanete tratto dalla Tesi di laurea su "Il restauro del Cristo in Cartapesta situato nell'Oratorio di san Francesco in Confortino" Fonte: Accademia di Belle Arti Bologna Corso di Metodologie della Conservazione e del Restauro del Patrimonio artistico-culturale Indirizzo di restauro dei dipinti murali e scultura applicata all'architettura Testi di : Gabriella Brigante Relatore: Prof. William Lambertini Correlatore: Prof. Alfonso Panzetta ***
Il soggetto è quello più diffuso nella devozione privata: la Madonna con Bambino, in due tipi ricorrenti: la Madonna seduta e il Bimbo in piedi; e la Madonna che tiene il suo Bambino in braccio.
Alcuni di questi bassorilievi sono policromi, imitano il marmo o la pietra, per cui spesso furono catalogati come lapidei o di stucco romano , ingannando critici e conservatori di collezioni. Al perfetto mimetismo e ai pochi esemplari pervenuti si deve dal Rinascimento in poi, la scarsa bibliografia sulla cartapesta. Â
 Bologna conserva antichi esempi di tale statuaria. Nella Chiesa dei Servi fu posto con pompa solenne il 10 agosto 1643 (donato da Cesare Grati, di famiglia senatoria) un grande crocifisso di cartapesta, che un certo Zamaretta (o Zamaletta) avrebbe modellato entro una forma anteriore, reputata opera del Gianbologna (1524-1608). E un simulacro cui si ricorreva in periodi di siccità , di carestia e di epidemie.  Anche per la facciata del Duomo di Firenze la cartapesta si usò per le parti importanti: le teste, le mani e i particolari minuti, come farà poi la statuaria devozionale. Il resto della statua si fabbricò modellando teli di juta o cotone, imbevuti in un bagno di colla forte bollente, su manichini di legno e paglia. Le pieghe e i drappeggi irrigidivano col freddo. Â
 Il testo è il Vocabolario toscano dell'arte del Disegno di F. Baldinucci del 1681 che, alla voce cartapesta riporta, con la sicurezza di riferire una prassi consolidata: Ogni sorta di rottami di carta, tenuti per più giorni in macero in acqua chiara; poi benissimo pesti in un mortaio, tanto che la macera carta sia ridotta quasi come un unguento. Con questa si fanno le maschere che si adoperano per il Carnevale, e ogni sorta di figure, di intero e non intero rilievo, di che si abbia la forma di gesso, coprendo con essa cartapesta ben tenera e molle la superficie incavata della forma, poi comprimendola con una spugna delicata per trarne l'acqua, lasciando la cartapesta in grossezza di quattro fogli o più, secondo la proporzione della cosa da formarsi; come sia secca, si soppanna essa cartapesta con rottami di panno lino, i quali con l'aiuto di un pennello di setola s appiccicano con pasta ( intendevano quella di farina di grano), mettendola a seccare al sole o al fuoco;poi si cava dalla forma, se ne tolgono con cesoie le superfluità , si commettono le parti con pasta e colla, per formare il tutto; poi se le dà sopra una mano di pece greca, che alla fiamma del fuoco si fa penetrar dentro alla cosa formata, per renderla soda;si pulisce, e poi come se fusse di legno d altra materia, s ingessa, si dipigne, s indora, o altro si fa, che si voglia .
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