Arte e Artisti
Arte & Artigianato
Strumenti Musicali
La Cartapesta
Arte delle Icone
Il Manoscritto
Luoghi d'Arte
Servizi Arte
Manuali e Corsi
Utilita'
Google new 2018
La Cartapesta Bolognese |
![]() |
![]() |
Arte e Restauro - La Cartapesta | |||||||||||||||
Scritto da G. Brigante | |||||||||||||||
Pagina 5 di 7
Liberanete tratto dalla Tesi di laurea su "Il restauro del Cristo in Cartapesta situato nell'Oratorio di san Francesco in Confortino" Fonte: Accademia di Belle Arti Bologna Corso di Metodologie della Conservazione e del Restauro del Patrimonio artistico-culturale Indirizzo di restauro dei dipinti murali e scultura applicata all'architettura Testi di : Gabriella Brigante Relatore: Prof. William Lambertini Correlatore: Prof. Alfonso Panzetta ***
Successivamente, sono stati messi a punto processi di lavorazione personali, sperimentando misture, collanti e antiparassitari, rendendo l'opera finita idrorepellente e ignifuga, oltre che, con accorgimenti ingegnosi, resistente e indeformabile. La cartapesta si usava anche per le maschere carnevalesche e teatrali, che a Venezia si producevano anche di ceramica. I bolognesi Angelo Piò e Filippo Scandellari l'applicarono alla statuaria per le chiese, seguendo la tecnica che il Sansovino aveva impiegato nei bassorilievi: un sottile strato sullo stampo ( le forme sono suddivise in pochi segmenti) e le cavità rinforzate all'interno con tele incollate. Colui che dette inizio alla bottega faentina della cartapesta per fabbricare statue non effimere, ma realizzate per durare nei secoli, fu Ballanti-Graziani, in collaborazione con il figlio Giovan Battista. Dei Ballanti, nel collegio Emiliani, a Fognano, c è un gruppo di Maria col Bambino fra due santi domenicani, modellato con spesse carte incollate, gessate, quindi, dipinte; è uno degli esemplari presenti in Romagna e, per gli atteggiamenti e per i profili che la caratterizzano, sembra essere di scuola bolognese. A metà del 1700 i Ballanti modificarono il procedimento fino ad ora seguito: allestirono stampi suddivisi in molti pezzi aperti, per premervi un buono strato (da 6 a 10 mm.) di pasta ben sfibrata da lunga macerazione, a volte bollita in caldaia, per affinarla senza alcun collante, togliendo l'acqua in eccesso con spugne. Una volta asciutti, i pezzi erano foderati sul rovescio con lembi di tele sottili, applicati con colla di farina impastata con aceto salato, ad evitare muffe nel tempo. Una volta secche, le parti si toglievano dallo stampo e venivano unite con cuciture a mano, a refe e radi tocchi di colla da falegname. La cartapesta faentina è quindi uno stucco di carta , macerata in acqua, nella quale si sfibra e perde nerbo dopo essersi liberata degli additivi:colla, talco, coloranti di cui era caricata. Â
  La carta ingombrava i vani appartati della bottega, fino al giorno in cui veniva sminuzzata e messa in ammollo in capienti mastelli. Nella stagione calda, l'afrore della fermentazione ristagnava, nonostante il frequente ricambio dell'acqua. Preferita era la carta fibrosa dei giornali, anche la tolentino (gialla come la paglia da cui era tratta) degli alimentaristi del cartone per imballaggio. Non veniva utilizzata la carta patinata e lucida, perché sovraccarica di talco e collanti. La pasta di carta nuova (di cartiera) non aveva dato buona prova, poiché, al pregio di esser bianca e non olente, univa il difetto di non essere stabile: la fibra giovane, nell'asciugarsi, si restringeva di un 10%, quanto bastava per compromettere l'assemblaggio della statua. Il tentativo di utilizzarla fu ripetuto più volte, poiché a due passi da Faenza, sulla strada per Brisignella, c era la Cartiera fondata nel 1675 dal bolognese Giovanni Antonio Passerini, attiva fino agli inizi del Novecento. La cartapesta, strizzata dall'umidità superflua, ha moderata plasticità : non è duttile come la creta, ma obbedisce alle stecche e preferibilmente premuta piuttosto che condotta dai pollici, aderisce bene nello stampo. Â
|