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Storia e tecnica della Gommalacca

Fonte: Liberamente tratto da Pagina per l’hobby della Falegnameria

In queste pagine sono raccolti, per argomento, capitoletti che descrivono sia notizie generali, sia suggerimenti per l’ uso di una delle più versatili vernici per mobili. E non può che sorprendere che si tratta di una sostanza nota da secoli, ed il cui uso è rimasto pressochè invariato per tutto questo tempo.

La storia ed origine della gommalacca

Sono in molti ad avere idee confuse su che cosa sia la gommalacca, o da dove proviene. La gommalacca è una resina organica secreta da un piccolo insetto, Tachardia lacca (attenzione: ha molti sinonimi), della famiglia della Cocciniglie, alla quale é imparentata, per intendersi, la famiglia dei comuni afidi.


Questo insetto vive su una varietà di piante indigene del subcontinente indiano e regioni limitrofe. Per proteggersi, l’insetto produce una sostanza resinosa con la quale si crea una specie di scudo, di colore rosso violaceo scuro, chiamata lac, parola di origine sanscrita che significa centomila (lakh).

Storia e tecnica della Gommalacca

Tachardia lacca

Lo scudo o placca è il materiale grezzo da cui si ricava la gommalacca; è chiamato sticklac per indicare che contiene, oltre alla resina, anche rimasugli vegetali e dell’insetto stesso. Lo sticklac viene talvolta immesso in commercio come tale, mapiù comunemente esso è lavato, asciugato all’ombra, setacciato e messo in commercio come gommalacca grezza o naturale, che si presenta in croste mamellonate di colore violaceo cupo.

In origine la raccolta e lavorazione della gommalacca non era per la resina, bensì per la sostanza colorante che dà alla resina il suo caratteristico colore. L uso come tintura é ricordato per la prima volta da Claudius Aelianus (170-235 d.C. circa) nel suo Sulla Natura degli Animali; siccome peró il signor Claudio era, come tanti altri intellettuali dell’epoca imperiale, un gran copiatore di testi ellenistici, si puó supporre che la tintura fosse conosciuta almeno 5 secoli prima di lui.

Gli Inglesi la riscopersero nel 1790, la battezzarono Lac dye e, mescolandola con la cocciniglia, un’altra tintura rossa, la usarono per tingere le famose Giubbe Rosse. Noi italiani la conosciamo come lacca rossa.

La tintura veniva estratta dallo sticklac durante il primo lavaggio, che è anche la prima lavorazione necessaria all’estrazione della resina. La tintura rimase una mercanzia di valore fino a metà ottocento,quando il chimico inglese Perkins sintetizzò la prima anilina, il primo colorante artificiale della storia, il valore  commerciale della lacca rossa diminui, ma fortunatamente a quel tempo l’uso della resina era già ben consolidato, e la perdita di valore della tintura ebbe un impatto minimo sulla produzione della gommalacca.

La prima notizia sull’uso della gommalacca come vernice per legno appare già nel 1590, in un opera di uno scrittore inglese, inviato in India per descriverne i luoghi, gli usi ed i costumi. Egli descrive come i tornitori Indiani di suppellettili domestiche applicassero la gommalacca strusciandone un blocco sull’oggetto in legno ancora sul tornio, così che il calore prodotto dall’attrito la sciogliesse, facendola penetrare nelle fibre del legno. Quando la gommalacca così applicata raggiungeva la giusta quantità, il tornitore rifiniva il pezzo strusciando paglia o altre fibre vegetali, lucidandolo alla perfezione.

Benché usata in Occidente fin dal 600 (chi si può dimeticare il segreto di Stradivari per i suoi violini?), l’uso della gommalacca come vernice per mobili non prese comunque piede su larga scala fino agli inizi dell’800, quando rimpiazzò quasi completamente gli altri metodi, a cera o con olii.
Rimase la finitura più diffusa fino agli anni 20 e 30, quando fu rimpiazzata dalla lacca alla
nitrocellulosa.

Altri usi della gommalacca

Gli usi più affascinanti della gommalacca non hanno peraltro niente a che vedere con la verniciatura dei mobili. A motivo delle sue caratteristiche specifiche, la gommalacca ha una grande varietà di usi, molti dei quali continuano tutt oggi. Gli usipiù comuni della gommalacca comprendono i campi farmaceutico, dolciario, cappelliero e del rivestimento dei cibi.
Nel campo farmaceutico, la gommalacca é usata per ricoprire le pillole cosí che non si dissolvano nello stomaco ma bensí nell’intestino inferiore, alleviando i disturbi allo stomaco che certi medicinali procurano.
Nel campo dolciario la gommalacca é usata per fornire i dulciumi di un rivestimento protettivo o per fornir loro una glassa, grazie alla proprietà unica della gommalacca di fornire un rivestimento altamente lucido già dopo l’applicazione di uno strato molto sottile. Molte amministrazioni governative che regolano l’industria alimentare ammettono l’uso della gommalacca come vernice per dolci, una volta sciolta in alcool etilico puro.
I cappellifici usano la gommalacca per irrobustire i feltri usati per la fabbricazione dei cappelli, così che possano esserepiù facilmente messi in forma.
Infine, la gommalacca é usata anche per abbellimenti dei cibi un po dubbi, ad esempio come rivestimento per mele od altri frutti per farli apparirepiù lucidi.
Altri usi della gommalacca comprendono la fabbricazione delle mole (permette il distacco delle particelle abrasive consunte alle basse temperature generate durante la molatura, così da esporre le fresche particelle abrasive sottostanti), come finitura di prodotti in cuoio, e nell’industria delle vernici.
Nel passato, la gommalacca trovava impiego anche in altri campi. Come isolante elettrico, come collante (incolla vetro e metallo sorprendentemente bene), dischi (i vecchi dischi a 78 giri erano costituiti da una miscela di gommalacca, sostanze inerti e nerofumo), lacche per capelli, cere per pavimenti, e rivestimento delle piste da bowling.
L abbandono di alcuni usi fu dovuto alla disponibilità di nuove resine sintetichepiù durevoli, come labachelite, il nitrato di cellulosa, resine acriliche ed uretaniche. Tuttavia, come menzionatopiù sopra, la gommalacca trova tuttora uso in una grande varietà di applicazioni.

É interessante notare come, all’inizio di questo secolo, siano stati fatti moltissimi tentativi di riprodurre la gommalacca sinteticamente; ciò nonostante, un piccolo insetto indiano é ancora quello che la fa meglio.

Le varietà di gommalacca
Gommalacca Gold Lemon
Gommalacca in scaglie

 Molto spesso, curiosando tra gli scaffali di un centro per il fai da te, ci si imbatte in gommalacca sotto forma di liquido, venduto a caro prezzo in bottigliette di capacità minima. Ciò che molti non sanno è  che la gommalacca è normalmente immessa in commercio sotto forma di scaglie.

Molti di noi, vuoi perché abbastanza fortunati da imbattersi in un centro per il fai da te onesto, o perché residenti in una città dove sopravvive quell’ultima mesticheria, si sono imbattuti in sacchetti di gommalacca in scaglie.

Normalmente si tratta di scaglie di gommalacca comune, dal colore marrone con riflessi arancioni che, una volta applicata, dà al legno delle tonalità arancio-dorate; quelle stesse che fanno rimanere incantati dai riflessi che mobili di pregio così trattati sanno dare, specialmente quando nella stanza dove si trovano filtrano i raggi bassi del sole al tramonto.

Si ottiene fondendo la gommalacca grezza e poi facendola solidificare in sottili strati su mattoni o su cilindri di maiolica.

Ma la gommalacca comune arancio-dorata non è che uno dei tanti tipi di gommalacca disponibili sul mercato professionale, e più difficilmente sul mercato per gli hobbisti. Le molte varietà di resina si differenziano essenzialmente per il colore, di meno per altre proprietà. Il tipo di pianta di cui l’insetto si è nutrito, le particolari condizioni climatiche, la regione dove la raccolta è avvenuta (ricordiamoci che la gommalacca è prodotta dal Pakistan all’Indonesia, quindi in un vasto territorio con climi sensibilmente diversi), tutto gioca un ruolo rilevante nel determinare il colore e la qualità della gommalacca.

Le varietà più costose sono le Kusmi e Bysacki, che sono raffinate chimicamente per estrarre le frazioni inquinanti presenti nella gommalacca grezza, come pece e cera; il risultato sono scaglie di colore oro pallido, che talvolta sono immesse in commercio con nomi quali Kusmi Superior o Bysacki Golden. Praticamente non hanno residui cerosi, comunque inferiori al 1%.  Quando sciolte in etanolo, queste scaglie producono una vernice molto trasparente, con una leggera tonalità giallo-oro.
All’altra parte dello spettro, la gommalacca grezza, o naturale, è ottenuta in India con semplici procedimenti manuali dallo sticklac.

Altre varietà, che si possono considerare intermedie, le cosiddette Lemon o Lemon-Orange, producono un colore giallo carico; queste ultime sono raffinate, ma ancora contengono cera naturale, al 3-5%. Così come le Buttonlac o Seedlac, gommalacche non raffinate che devono essere filtrate prima dell’uso per eliminarne i molti corpi estranei.

La varietà Seedlac può essere ulteriormente raffinata attraverso candeggio e rimozione della frazione cerosa per produrre la gommalacca bianca, venduta sia in soluzione che ridotta in scaglie. Quest’ultima è normalmente usata laddove la naturale colorazione arancio sarebbe indesiderabile; l’industria cappelliera ne è un esempio, ma anche quando usata su essenze dal colore particolare che non si vuole alterare (ad esempio, l’amaranto, un legno viola del centro e sud America, nome scientifico Peltogyne spp).
La presenza di residui cerosi è da considerarsi attentamente. Le gommalacche senza cera sono assai più trasparenti e resistono meglio all’umidità, in quanto la cera, oltre ad essere opaca, riduce il peso molecolare della resina, rendendola meno resistente all’acqua. Ma è anche vero che le gommalacche senza cera durano meno a lungo dopo essere state disciolte in alcool (meno di 6 mesi).

Se le scaglie di gommalacca che vi procurate hanno ancora un alto tenore di cera (questo è il caso, ad esempio, del Seedlac), un semplice procedimento domestico la può eliminare.

Curiosità: la gommalacca Kusmi prende il nome e le caratteristiche perché proveniente da insetti cresciuti su di un albero specifico, il kusum (India). 

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