Il Manoscritto

Il Manoscritto Medievale: Struttura del libro

Fonte: per le Referenze sugli autori e Glossario del Manuale, vedi Appendice

I codici manoscritti medievali seguivano regole simili a quelle dei moderni libri anche se non proprio le medesime. Anche in quest’epoca, infatti, ogni libro iniziava con il titolo e con il nome dell’autore, quando fosse conosciuto.

La struttura dei libri moderni segue determinate convenzioni che ne semplificano le possibilità di consultazione. Infatti, anche quando non lo si legga per intero ci si aspetta di ricevere notizie su un determinato libro attraverso l’esame di alcuni elementi formali presenti in quasi tutti i libri quali il titolo, il nome dell’autore, l’indice, la premessa (introduzione, prefazione), le note etc. Oltre a ciò, questi elementi formali sono sempre posizionati in un ordine universalmente accettato all’interno di un dato volume. Ad esempio, il nome dell’autore (o del curatore), il titolo del libro ed il nome della casa editrice si trovano solitamente sulla copertina o nella prima pagina del volume stesso; l’introduzione dell’autore per i lettori è sempre posta prima dell’inizio del corpo del testo vero e proprio; l’indice si trova o all’inizio o al termine del libro e le annotazioni bibliografiche ed i commenti sono posizionate vuoi a piè di ogni pagina, vuoi al termine del testo.

I codici manoscritti medievali seguivano delle regole simili anche se non proprio le medesime. Anche in quest’epoca, infatti, ogni libro iniziava con il titolo e con il nome dell’autore, quando fosse conosciuto.

Il Manoscritto Medievale
Frontespizio del Vangelo secondo Marco
Il Manoscritto Medievale
Frontespizio delle Epistole di Gregorio Magno del XII secolo che riporta il titolo dell’opera ed il ritratto dell’autore.

A volte, la prima pagina di un manoscritto riportava una subscriptio, ovvero una iscrizione indicante il luogo e/o la data di pubblicazione del libro e/o il nome dello scrivano o del committente.

Il Manoscritto Medievale
Explicit e Colophon di un vangelo apocrifo datato 1506.

Tanto la subscriptio quanto il colofone, un enunciato del medesimo contenuto del precedente solo posto alla fine del libro, quasi a fare da specchio alla subscriptio, sono elementi facoltativi che appaiono nei libri medievali solo sporadicamente. Per l’editoria rinascimentale i colofoni sono maggiormente frequenti delle subscriptio e, per i primi libri a stampa, i colofoni rappresentavano il simbolo o marchio della casa editrice.

 Entrambi questi elementi possono essere utilizzati per definire l’origine di un determinato manoscritto. Incipit , ovvero inizia, è la formula che indica l’attacco del testo. 

Nei codici nei quali sono riportati diversi testi (i quattro Vangeli, o un antologia di sermoni) solitamente si trovano altrettanti incipit di quanto sono i testi.
L incipit viene a volte confuso con il titolo o con la subscriptio per il semplice motivo che tutti cominciano con la parola incipit.

Il Manoscritto Medievale
L’ inizio del Vangelo secondo Giovanni di Echternach, prodotto presso Linidisfarne, intorno al 700.

L’incipit serve in questo caso anche da lettera iniziale. Tali decorazioni nei manoscritti Nortumbro-Irlandesi svolgevano anche la funzione di introduzione alle singole parti del testo e, al contempo, ripartivano la pagina in sezioni che rendevano, anche visivamente, più facile la consultazione.

Per la stessa ragione explicit, letteralmente spiegato , una formula che indica la fine del testo o di una sezione di esso, è spesso confusa con il colofone.  

Il Manoscritto Medievale
Explicit
Il Manoscritto Medievale
Explicit di un Sermone della metà dell’VIII secolo.

I manoscritti che venivano acquisiti per le biblioteche, monastiche o secolari che fossero, erano sovente marcati con un bollo che ne segnalava l’appartenenza ad una particolare collezione o persona. Questi sigilli, detti ex libris, sono solitamente posti all’inizio del manoscritto e rappresentano una fonte di inestimabile valore per individuare la provenienza dei manoscritti stessi.

Il Manoscritto Medievale
Ex Libris dell’Abbazia di S. Vittore su un manoscritto di una Bibbia della metà del XIII secolo
Il Manoscritto Medievale
Ex libris del Duca di Berry, circa 1410

L’ indice o lo schema analitico del contenuto di un volume, fece la sua comparsa come conseguenza di una nuova inclinazione verso la lettura. Prima che intervenisse tale cambiamento i libri venivano letti senza soluzione di continuità dall’inizio alla fine. Questo era il modo di leggere meditativo tipico dell’ambiente monastico che non aveva alcuna necessità di dover rapidamente riconoscere e trovare una sezione particolare di un determinato libro. Con il XII secolo e la nascita del pensiero e del metodo di studio della Scolastica, la disposizione verso la lettura conobbe un profondo mutamento. Studenti, professori e predicatori, infatti, intendevano il libro più come uno strumento dal quale attingere informazioni e citazioni che come semplice oggetto di lettura. Questi nuovi lettori volevano e dovevano essere in grado di effettuare una rapida ricerca per argomenti in qualsiasi testo, tralasciando le parti che non erano di loro interesse. L’ esistenza di un indice preliminare al testo divenne, quindi, un elemento fondamentale per ogni codice a partire dal XII secolo in poi. All’inizio gli indici erano delle semplici liste di titoli di capitoli ma in seguito diventarono schemi ragionati degli argomenti contenuti nel libro.

Il Manoscritto Medievale
Indice di un Antologia di Sermoni del tardo XIII secolo.

Questo è il caso dei Decreti di Graziano, un complesso testo di giurisprudenza, che includeva non solo l’elenco del numero e del titolo dei capitoli ma anche una tavola sinottica con i compendi degli argomenti discussi in ogni capitolo e paragrafo. La numerazione delle pagine è una pratica che si sviluppò solo gradualmente nell’ambito dei manoscritti medievali. All’inizio i soli Quaderni erano segnalati attraverso l’uso di parole chiave o contrassegni. Il contrassegno era solitamente la prima parola della prima linea del Quaderno seguente e veniva scritto sul margine, nell’angolo basso a destra dell’ultimo foglio verso del Quaderno precedente. Più tardi venne introdotta la norma di indicare la sequenza dei Quaderni con numeri o lettere. L insieme di questi segni era annotato dallo stesso copista autore del testo in modo che il rilegatore fosse in grado di rilegare i diversi Quaderni correttamente fra loro.

Due fattori portarono alla definitiva accettazione del metodi della numerazione dei fogli: lo sviluppo degli scrittoria e il cambiamento della funzione del libro. Fra XII e XIII secolo, infatti, il numero delle persone coinvolte nella industria dell’editoria era notevolmente aumentato: rubricatori, miniaturisti, correttori intervenivano tutti nella creazione di un libro. Una tale complessità di procedure non poteva che aumentare il pericolo di confondere la posizione non solo dei Quaderni ma anche dei bifolia all’interno degli stessi Quaderni. D altro canto, le nuove generazioni di lettori a partire dal secolo XII avevano la pretesa di poter rintracciare facilmente e velocemente in un libro qualsivoglia informazione e citazione.
La numerazione dei fogli di un manoscritto si ha quando sono assegnati numeri solo al recto di un foglio. Questo metodo, usato raramente già nell’Antichità, diventò la regola a partire dal XII secolo. Tuttavia, esistevano diversi metodi. Uno di essi consisteva nel contrassegnare i fogli con una combinazione di lettere, numeri, o altri segni (asterischi, punti, cerchi, croci etc.) dove in primo luogo era dato il numero del Quaderno, e di seguito il numero del foglio all’interno del proprio Quaderno: Ai, Aii, Aiii to Aviii, Bi, Bii, etc. Questi segni erano posti nel mezzo del margine basso del foglio e qualche volta anche decorati. Non era quindi più compito del copista l’indicare le sequenza dei fogli: questo lavoro veniva adesso svolto da uno specialista dopo che il testo era stato completamente ricopiato, decorato e corretto.
La numerazione continua delle pagine di un manoscritto si ha nel momento in cui tanto al recto quanto al verso di un foglio vengono assegnati dei numeri sequenziali (ad esempio da 1 a 348). Questo tipo di numerazione apparve nel XII secolo e divenne comune per tutto il Basso Medioevo.
Oltre alla foliazione ed alla numerazione delle pagine, per aiutare la ricerca delle citazioni in certi libri di argomento liturgico venivano numerate anche le colonne (nel caso vi fossero più di una colonna per pagina) ed anche le righe.

Sistemazione del testo

Dal momento che i libri medievali erano scritti a mano, per facilitarne la lettura vennero elaborate speciali
Nell’Alto Medioevo, l’intero testo, a parte l’incipit e le iniziali, veniva redatto in uno stesso stile. In seguito, vi furono notevoli sviluppi. Per meglio visualizzare la separazione fra testo e commento (o un insieme di commenti), differenti tipi di grafie erano adoperate su una medesima pagina, stampatello così come diversi corsivi.

Una glossa biblica che mostra la diversa gerarchia dei testi.
Il testo biblico si trova, in fatti, al centro in caratteri più grandi.
La glossa ordinaria si trova, invece, scritta con caratteri differenti tutto intorno al testo sacro e le annotazioni riportate da un successivo lettore sono poste sui margini e fra le righe, e sono state scritte in corsivo
Incipit di un libro dei Vangeli

A partire dal XII secolo, alcune lettere, le cosiddette litterae notabiliores, più grandi del resto del testo ma più piccole rispetto alle iniziali, erano utilizzate per denotare le divisioni minori del testo. Per facilitarsi il compito e rendere più veloce la riproduzione di un manoscritto, gli scrivani medievali usarono numerose abbreviazioni. Queste venivano principalmente usate nei testi Latini e i Greci anche se i manoscritti volgari tardo medievali mostrano numerose abbreviazioni. Vi sono tre categorie principali di abbreviazioni: le sospensioni, nelle quali viene accorciata la fine di una parola; contrazioni, nelle quali un’altra porzione della parola stessa risulta abbreviata; i simboli della abbreviazioni che prendono il posto di intere parole. 

 Quest’ultimi spesso sono stati tramandati dall’Antichità come per esempio la cosiddetta annotazione tironiana: & per et. Ovunque, le abbreviazioni erano usate per denotare nomi santi come nel caso di Xpc per Cristo.

Divisione del Testo

Il testo dei libri medievali fino al primo millennio della nostra era, erano più o meno un flusso ininterrotto di parole senza alcuna delle interruzioni alle quali è abituato il lettore moderno. Le parole, infatti, non erano sempre separate le une dalle altre, non vi era divisione in paragrafi o capitoli, e le note non erano distinguibili dal discorso dell’autore. Inoltre, speciali grafie altamente decorative aggiungevano altri problemi alla leggibilità del libro. In conclusione, tali libri non erano prodotti per essere letti rapidamente ed anzi, alle volte, non era proprio previsto che venissero letti: erano, invece, spesso regali prestigiosi o manufatti artistici per i quali l’aspetto estetico era maggiormente importante del contenuto.
Per questo motivo, probabilmente anche a partire dallo stesso Alto Medioevo, i libri intesi per lo studio più che per il piacere estetico, erano organizzati in altro modo. Ad esempio, la Bibbia di studio era praticamente priva di decorazioni, veniva scritta in stampatello leggibile ed il testo era suddiviso in capitoli e versi.
Nel XII secolo apparve una nuova generazione di lettori, con nuove esigenze rispetto all’organizzazione del testo. Ciò ebbe una notevole influenza sul modo generale di organizzare il testo, incluso la sua suddivisione in diverse parte e sezioni.
A questo punto, le parole sono una separata dall’altra. Lo stesso testo era diviso in capitoli e sottocapitoli, con le intestazioni contenenti numeri o parole o entrambi. La pratica di numerare i capitoli, anche se nota fin dall’Antichità, divenne la norma solo dal XII secolo. Questa numerazione veniva posizionata sul margine, accanto al testo. Nei manoscritti più antichi, che ne erano privi, venne inserita successivamente dai lettori In seguito, i titoli dei capitoli combinavano insieme il numero ed il contenuto del capitolo. Nella maggior parte dei casi i titoli dei capitoli no erano opera dell’autore del testo. In effetti, nei manoscritti più antichi vennero inseriti successivamente dai lettori del XII secolo Più tardi, gli scribi copiarono gli stessi testi con i titoli, inserendoli nelle corrette posizioni nel corpo del testo e, soprattutto, costruirono indici analitici grazie ai quali, combinandosi titoli dei capitoli e numeri di pagine, si ottenne un pratico sistema di riferimento e consultazione.

L uso di lasciare spazio ai margini del testo prese piede a partire dal secolo XII per marcare interruzioni del testo stesso e per le note. Il margine superiore era lasciato per i titoli correnti o testatine che rispecchiavano i titoli dei capitoli. I titoli correnti o testatine risultavano molto utili per scorrere velocemente il testo. La spaziatura su entrambi i margini con relative annotazioni era assai pratica nei testi teologici e legali per i quali il lettore necessitava una guida per sviscerare tali complesse materie. Nel corpo stesso del testo i diversi stadi della trattazione erano distinti attraverso litterae notabiliores. Inoltre, alcune parti dell’argomentazione erano indicate e contrassegnate da speciali sigle quali quaestio , prima causa, secunda, objectio, responsio, distinctio, etc.
I margini venivano anche usati per indicare riferimenti bibliografici, anche incrociati, e note.
Riferimenti bibliografici divennero particolarmente importanti a partire dal XIII secolo quando, invece di glossare il testo, gli editori preferirono fornire strumenti per suddividere ed individuare i diversi testi contenuti in un medesimo volume, ad esempio in un libro di Aristotele, distinguere il commento di Averroè sul testo aristotelico dal scritto originale dello Stagirita. Tali riferimenti erano anche utili per poter rapidamente ritrovare una particolare sezione di un testo per mezzo di un indice posto in volume separato, come nel caso delle concordanze bibliche.
Le concordanze collegavano diverse parti dello stesso manoscritto.
Le note prima del tredicesimo secolo, e spesso anche successivamente, erano inserite proprio all’interno dello stesso corpo principale del testo invece di essere poste sui margini. Nel corso del tempo, fu elaborato un sistema di segni per indicare le note. Il testo delle note sarebbe stato di solito indicato attraverso punti o virgole sui margini e, ogni tanto, l’intero testo poteva essere compreso da una linea. La fonte di una nota (l abbreviazione del nome dell’autore) sarebbe stata posta accanto alla medesima, sullo stesso margine.

Disposizione del Testo

Prima del XII secolo un qualsiasi testo era normalmente scritto su una o due colonne della stessa grandezza, implicando perciò l’uguaglianza dei contenuti in entrambe le colonne. Nel caso in cui uno scrivano o un lettore successivo avesse sentito la necessita di aggiungere qualcosa o di discutere il testo, o di commentarlo in qualche maniera, questa addizione (detta glossa) sarebbe stata inserita fra le righe o posta sui margini senza seguire alcun ordine particolare.  

La Bibbia glossata, metà del XII secolo

A partire dal XII secolo tre campi del sapere medievale, ovvero teologia, giurisprudenza e studi biblici, contribuirono a creare una nuova tendenza verso la disposizione spaziale del testo sulla pagina. La ragione per una tale innovazione stava nella necessità di riuscire a presentare l’importanza del testo originale pur circondato dall’insieme dei commenti tradizionali. I migliori esempi di tale ricerca sono la Glossa Ordinaria (Bibbia commentata), le Sentenze di Pietro Lombardo (esposizione concisa delle dottrine della patristica), e i Decreti di Graziano (commenti alla legge canonica); tutti questi testi appartengono alla metà del XII secolo. Queste composizioni tentano di presentare il testo originale ed il corpus dei commenti tutto su una medesima pagina in modo d rendere più accessibile la comprensione di una fonte tanto importante.

Vi erano diversi modi di disporre il testo su una pagina, pur essendo la maggiore caratteristica comune a tutti questi diversi metodi il concentrarsi più sul commento che sul testo originale. Nel caso delle Bibbie glossate, il testo principale veniva scritto nella piccola colonna centrale ma con una grafia grande, chiara e ben spaziata. Le glosse, scritte in una grafia ben più piccola, qualche volta in corsivo, scorrevano parallelamente ai lati del testo principale, e due righe di glossa corrispondevano ad una del testo principale. Effettivamente, il testo delle glosse diveniva un vero r proprio scritto e se stante che trovava spazio, quindi, in colonne a destra e sinistra del testo principale, per le quali una posizione precisa doveva essere assegnata precedentemente, già nel corso del Rigare/Tracciare le linee. L inizio di ogni singola glossa era largamente collegato con il corrispondente luogo nel testo principale. Le parole chiave, o lemmata, venivano distinte nei commenti attraverso la sottolineatura.
Il testo del commento seguì uno sviluppo simile a quello del testo principale: le diverse parti erano indicate mediante lettere più grandi, segni ai margini, e la divisione del testo in piccole differenti porzioni. Le note, in principio inserite nelle glosse stesse, vennero poi segnate da punti sui margini ed il nome abbreviato dell’autore consentiva l’identificazione della fonte. In seguito, lo scritto del commentatore fu distinto da quello della sua fonte attraverso una divisione in paragrafi.

I libri illustrati del Medioevo avevano una struttura completamente differente: qui, infatti, le miniature giocavano un ruolo centrale mentre il testo era una semplice didascalia.
I libri miniati erano qualcosa a metà strada fra i libri universitari e quelli illustrati: il testo aveva un ruolo importante ma le miniature sia illustravano il testo o ne chiarivano meglio il significato o semplicemente lo accompagnavano.

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