Arte & Artigianato

Restauro Archeologico

 

Ripulitura dei pezzi

 

 

I vari pezzi assemblati e siglati, vengono di nuovo staccati per procedere ad una ulteriore e più accurata pulizia. Viene usato il bisturi per togliere le incrostazioni residue, per pulire le linee di frattura e togliere tutto ciò che fa spessore e non permetterebbe una precisa adesione dei vari pezzi. In questa fase si usa anche un bastoncino avvolto nel cotone ed imbevuto d acqua, insistendo soprattutto dove si trova ancora del terriccio o comunque accumulo di materiali estranei.

 

Una particolarissima attenzione va posta nell’uso del bisturi, perché un uso improprio potrebbe danneggiare definitivamente il pezzo in lavorazione.

 

Posizionamento dei pezzi ed incollaggio

L incollaggio dei pezzi precedentemente individuati, deve avvenire sempre iniziando dal fondo con andamento circolare a salire. Una volta ricomposto ed incollato l’oggetto, o parte di esso, viene posto in una vaschetta contenente sabbia, cercando di individuare il centro di gravità in modo che l’oggetto stesso sia in equilibrio e possa incollare senza subire deformazioni.

Il collante usato deve essere sempre di tipo reversibile, cioè solvibile con acetone od altro, per consentire qualora fosse necessario staccare nuovamente un frammento, scollare con facilità il pezzo o i pezzi interessati. Occorre fare molta attenzione alla sequenza con la quale si incollano i pezzi, onde evitare di trovarsi con alcuni di questi che non si incastrano perfettamente.

 

Integrazione

Ricordando sempre che tutti i materiali che vengono usati debbono essere del tipo reversibile, (questo per lasciare la possibilità di interventi futuri), possiamo qui di procedere

 

 

alla integrazione delle parti mancanti dell’oggetto. In linea di massima, salvo casi particolari, si procede alla integrazione dei frammenti di un oggetto quando dello stesso sono stati rinvenuti almeno il 70% del totale. Si procede quindi alla preparazione di un composto di gesso bianco, del tipo usato in odontotecnica, e polveri di terracotta di diversa colorazione, mescolate in percentuali tali da realizzare il colore richiesto confrontandolo con la campionatura di colori precedentemente preparata.

Il composto così preparato viene setacciato per eliminare eventuali grumi o impurità e conservato in un contenitore di vetro chiuso affinché non prenda umidità che danneggerebbe il gesso contenuto nel composto. Se ne preleverà quindi quanto occorre per eseguire l’integrazione impastandolo con l’aggiunta di acqua. Per procedere all’integrazione delle lacune si posiziona all’interno dell’oggetto un pezzo di plastilina per preparare il calco della parte mancante che va poi spostato sul tratto da ricostruire, si esegue quindi la colata del preparato usando una spatolina e riempiendo a filo la lacuna. Quando l’impasto sta per solidificare si procederà con l’aiuto dei bisturi alla creazione di un piccolo gradino detto “sottosquadro o sottolivello”, perché l’integrazione risulti ben visibile ed evidenzi che trattasi di oggetto restaurato e non di falso.

 

Consolidamento

L ultima fase del restauro avviene con il consolidamento, cioè con l’applicazione di un consolidante che preservi l’oggetto; questa operazione va eseguita in tutti i casi. Il consolidante più impiegato e collaudato per la ceramica è il Paraloid (una resina acrilica) disciolta generalmente in acetone o diluente nitro in una percentuale che va dall’1.5% al 3% a seconda della porosità del materiale.

 

Il pane di terra

Per completezza di discorso, un breve accenno al cosiddetto pane di terra che può identificarsi quasi come l’anello di congiunzione tra l’attività di scavo e quella di restauro: infatti è qui che a nostro avviso si fondono le cognizioni dell’archeologo con quelle del restauratore. Il pane di terra trova la sua pratica attuazione quando, durante lo scavo si rinvengono dei reperti inglobati dal terreno circostante il cui recupero “in loco” ne metterebbe a repentaglio l’integrità.

Si procede allora alla realizzazione del pane di terra che consiste, in estrema sintesi nel creare un solco tutt intorno ai reperti da raccogliere, quindi avvolgere con della garza la zona di terreno isolata e contenente i reperti e colarvi quindi del gesso impastato con acqua. Viene posto un successivo strato di garza ed ancora una colata di gesso e così via fin quando non si è creato un supporto sufficientemente solido atto a garantire la rimozione della porzione di terreno contenente i reperti senza pericolo che gli stessi vengano danneggiati. Una volta essiccato l’impasto di garza e gesso, si passa alla cosiddetta Isciabolatura del pane di terra; si inserisce cioè una lamina metallica (sciabola) sotto la porzione di terreno che abbiamo preparato come precedentemente descritto, fino a staccarla dal terreno sottostante. Ora si può trasportare il pane di terra con i reperti al laboratorio di restauro e procedere quindi al recupero dei reperti stessi con tutti gli accorgimenti possibili. Quello illustrato è solo uno dei sistemi che normalmente si usano in casi del genere.

 

La collocazione dei reperti restaurati

Siamo passati dall’individuazione dei frammenti alla loro ripulitura, alla prima fase di assemblaggio, alla siglatura e, successivamente alla integrazione. Il momento successivo è quello della collocazione definitiva dei reperti restaurati, fase molto importante, in quanto gli stessi debbono essere collocati in ambienti tali da garantire controlli oltrechè da punto di vista della sicurezza anche, anche delle condizioni ambientali, quali temperatura e umidità, senza i quali si creerebbero ancora entro breve tempo pericolose condizioni di degrado.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Translate »