La Cartapesta

Restauro della Madonnina del Grappa: conclusioni

Questo articolo è la conclusione del racconto appassionato di un restauro della Madonnina del Grappa che non è stato solo un lavoro tecnico, ma una riscoperta intima di significati

Fonte: Ezio Flammia

Nel cuore della tradizione artistica salentina si cela una scultura che, oltre a raccontare la maestria di un grande autore, incarna la devozione di una comunità: la Madonnina del Grappa di Castiglione Messer Raimondo.

Madonnina del Grappa dopo il Restauro - particolare col Bambino
Madonnina del Grappa dopo il Restauro – particolare col Bambino

Questo articolo è la conclusione del racconto appassionato di un restauro che non è stato solo un lavoro tecnico, ma una riscoperta intima di significati, materiali e legami storici. Quando un’opera del passato torna a parlare al presente, accade qualcosa di straordinario: l’arte non solo rinasce, ma illumina ciò che siamo e ciò che scegliamo di tramandare.

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Un’opportunità irripetibile

Focus: Il desiderio personale dell’autore di restaurare un’opera di Luigi Guacci si realizza, intrecciando passione, tradizione e responsabilità.

Al termine del lavoro di restauro della Madonnina castiglionese, una scultura di pregio del primo quarto del ‘900, posso dire di sentirmi appagato dai risultati ottenuti e arricchito culturalmente da questa esperienza inconsueta e irripetibile.

madonnina del grappa- profilo destro
Madonnina del grappa dopo il restaurob- profilo destro
Madonnina del grappa- profilo sinistro
Madonnina del grappa dopo il restauro – profilo sinistro

Quando ho appreso che il Comune di Castiglione Messer Raimondo aveva l’intenzione di restaurare la Madonnina del Grappa il cui autore era Luigi Guacci, il mio interesse per questo simulacro è stato immediato.  

Una proposta da cogliere al volo

Il nome dell’autore aveva risvegliato una mia antica aspirazione di “mettere le mani” (s’intende per il restauro), su un’opera d’arte del passato appartenente alla grande tradizione dell’arte della cartapesta leccese.  

Pur non conoscendo l’opera in oggetto intuivo che la statua poteva essere un manufatto importante poiché l’autore Luigi Guacci, vissuto a cavallo tra il XIX e il XX secolo, è stato uno dei protagonisti dell’arte leccese e salentina.

La proposta che mi veniva formulata di restaurare quest’opera, quindi, era un’occasione allettante e irripetibile che dovevo cogliere al volo.  Durante la conversazione con la Ricci (uff. LL.PP. del Comune) avevo anche intuito che la statua non era solo un esempio rilevante di una rinomata tradizione d’arte, era anche un simulacro religioso pregno di significati storici e demologici e che, oltretutto, era stata creata da un maestro che ammiravo e che consideravo tra i massimi esponenti dell’arte della cartapesta.

L’importanza del contesto storico e religioso

Focus: La Madonnina non è solo arte: è simbolo di fede, identità demologica e memoria collettiva.

Fatta questa premessa, devo dire che non appena mi fu affidato il lavoro di restauro conservativo l’ho affrontato con la dovuta accortezza, facendo leva sulla mia pluriennale esperienza di conservatore e di studioso dell’arte della cartapesta, avendo in mente i principi del Codice dei Beni Culturali in cui si fa riferimento ai vari interventi che devono essere finalizzati al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza e dell’identità del bene.

 Il lavoro di recupero, nonostante le notevoli condizioni di deterioramento dell’opera, l’ho intrapreso e concluso con entusiasmo e determinazione.

Il restauro come atto di studio

Focus: Un’analisi profonda delle tecniche e dei materiali utilizzati: cartapesta, legno, gesso di Bologna e le intuizioni su scelte tecniche dell’autore.

Ero sicuro di trarne un arricchimento culturale per i miei interessi di artista e di storico dell’arte della cartapesta. L’opera che mi era stata affidata con la finalità di sanarle le “offese” subite dalla incuria degli uomini e dalle alterazioni causate dal naturale decadimento della materia mi ha fatto sentire un privilegiato sin dal momento in cui la Madonnina è entrata nel mio studio.   

Madonnina del Grappa dopo il restauro
Madonnina del Grappa dopo il restauro

Questo perché avevo “a mia disposizione” per alcuni mesi un’opera di grande qualità che mi permetteva (durante il lavoro di recupero), senza limiti di tempo, di esaminarla persino nelle parti più nascoste. Questo privilegio, come si può capire è una peculiarità che da sempre è riservata ai restauratori.

Una “pesantezza” inconsueta per un’opera di cartapesta

 Una prima novità che s’in dalla consegna dell’opera mi aveva incuriosito era la sua pesantezza. La scultura, descritta come di “cartapesta” non aveva la consueta leggerezza delle opere realizzare con il materiale cartaceo, oltretutto non era di grandi dimensioni.

La gran parte delle opere di cartapesta, di consueto, anche di ragguardevoli grandezze, sono leggere e maneggevoli.

In passato, i simulacri religiosi di legno furono rimpiazzati con quelli di cartapesta proprio per la loro leggerezza, oltretutto, erano più pratici da portare nelle processioni.

Altra singolarità della scultura era il suo stato di degrado che non era equamente distribuito su tutta la superficie. La parte più compromessa era quella del manto alle spalle della Madonnina ad iniziare dalla testa sino alle pieghe che si adagiavano sulla base a forma semisferica.

Perché il Guacci ha utilizzato legno e cartapesta

Dopo i primi interventi di pulitura ho individuato che alcuni elementi che componevano la statua erano di legno. La Madonnina, rappresentata come opera di cartapesta era perciò poco leggera perché era stata in parte concepita con il legno. Questo ha appagato la mia prima curiosità, non senza aver fatto alcune considerazioni.

Guacci, sin dalle prime esperienze quand’ era un giovane e promettente allievo, oltre al disegno e alla pittura, aveva appreso l’arte dell’intaglio del legno da Giuseppe De Cupertinis. Questa tecnica egli l’ha utilizzata per realizzare manufatti lignei e occasionalmente per abbinarla con opere di cartapesta sovra dimensionate.  

L’interrogativo che mi sono posto è perché Luigi Guacci abbia impiegato la tecnica della cartapesta unita a quella del legno per la Madonnina del Grappa di Castiglione M.R. che, come ho già descritto e pubblicato in precedenti relazioni, non è un’opera di grandi dimensioni (è alta 120 cm).

Una ipotesi che potrei azzardare come risposta alla mia domanda, è che il Maestro abbia iniziato a scolpire la Madonnina con il proposito di completarla con il solo legno di noce e che successivamente, pressato dalla committenza, l’abbia rifinita con la più veloce tecnica esecutiva, ovvero con la cartapesta.

Potrebbe anche darsi che sia stata una scelta del Maestro puramente tecnica o forse solamente estetica e sperimentale.  Forse entrambe le cose? Questo non lo sapremo mai. Sappiamo però che Guacci con le due essenze artistiche ha realizzato un’opera ragguardevole sotto ogni profilo.

Le sfide conservative

Focus: Le gravi condizioni di degrado dell’opera e il meticoloso intervento del restauratore nel rispetto dell’integrità dell’opera.

Per quanto concerne lo stato di degrado della Madonnina, specie il sollevamento del film pittorico con la sottostante preparazione a gesso di Bologna, di cui mi sono soffermato nelle precedenti pubblicazioni, pur non conoscendo il luogo dove è stata custodita, sono certo che la scultura sia stata esposta a repentine escursioni termiche dovute all’ambiente dove è stata per lungo tempo collocata.

Base della statua prima del restauro
Base della statua prima del restauro

Il contatto della base dell’opera con un sostegno in muratura e il retro del simulacro posto nelle immediate vicinanze delle pareti del locale (scarsamente arieggiato), sono state le cause primarie del degrado.  Non a caso, le parti più compromesse sono risultate la base della scultura e il retrostante manto della Madonnina.

Certamente in passato per gli stessi motivi ambientali, si sono verificate sull’opera, delle alterazioni affini a quelle che presentava la Madonnina all’inizio del restauro specie quelle del sollevamento del colore unitamente alla imprimitura a gesso.   

Questi fenomeni di decadimento avevano causato, di conseguenza, delle cadute di zone cromatiche e, forse, spesse formazioni di craquelure diffuse in diverse forme su tutta l’opera. Si suppone che i fedeli di quell’epoca, per porre rimedio alle sgradevoli alterazioni del simulacro, lo abbiano fatto restaurare “alla meglio”.

Detto questo, i miei interventi sono stati mirati sin dalla fase iniziale a preservare l’integrità della scultura e i suoi indiscussi valori estetici. Tra i primi obiettivi sono stati quelli del recupero delle parti degradate, le eliminazioni delle “manomissioni” poco accorte fatte in passato e il consolidamento della materia cartacea diventata poco consistente in quanto l’opera, come ho avanti descritto, è stata lasciata a lungo in luogo inadatto ad ospitare un manufatto realizzato in gran parte con la cartapesta che, come si sa, è un materiale alquanto igroscopico.

Rinascita dell’opera

Focus: Il simulacro ritorna al suo antico splendore e ne viene sottolineata la leggerezza spirituale più che fisica.

Ora, al termine di tutte le operazioni di recupero documentate nelle precedenti pubblicazioni, la scultura si presenta reintegrata nella sua antica bellezza sobria ed elegante come l’aveva realizzata Luigi Guacci.

Si presume che il maestro leccese abbia realizzato l’opera castiglionese nella parte finale della sua vita probabilmente prima del 10 maggio del 1925 data in cui venne inaugurata la cappellina con la Madonnina del Grappa nel Parco della Rimembranza di Castiglione M.R., e a meno di dieci anni dalla sua morte avvenuta il 12 giugno 1934.

Un’eleganza classica

Focus: L’armonia delle pieghe delle vesti e la bellezza classica del panneggio evidenziano la maestria di Guacci.

Guacci quando realizzò la Madonnina era stato già insignito del titolo di Cavaliere per meriti. Egli era noto per le sue opere religiose e per le bambole di cartapesta infrangibili che facevano la concorrenza a quelle tedesche e francesi, specie quelle di Sonnenberg (Turingia). La Madonnina del Grappa, perciò, è stata concepita nella piena maturità del suo autore, quand’ era conosciuto e apprezzato anche oltre i confini dell’Italia.

La singolarità di quest’opera sta, tra l’altro, nella sua leggerezza, non certamente quella fisica, mi riferisco a quella estetica e spirituale.

In quasi tutte le immagini di altri artisti (di diverse epoche), in cui si vede la Madonna concepita come una nuova Eva che schiaccia un essere strisciante, serpente o drago, è rappresentata in atteggiamenti risoluti nel condurre quest’azione “salvifica per l’umanità”.

Madonna dei palafrenieri (particolare) Galleria Borghese
Madonna dei palafrenieri – Caravaggio 1606- (particolare) – Galleria Borghese

Una immagine, in tal senso, che mi viene in mente è quella della Madonna dei Palafrenieri, un dipinto di Caravaggio del 1606. Il grande genio della pittura, rappresentò la Madonna che con l’aiuto del Bambino schiacciano insieme e con i loro piedi il serpente (simbolo del peccato originale). Tutto questo avviene al cospetto di Sant’Anna che osserva incuriosita e un poco preoccupata di quanto sta per accadere.

Il piede della Madonna schiaccia la testa del serpente
Il piede della Madonna schiaccia la testa del serpente

Nella nostra opera, al contrario, la Vergine “comprime” il demonio – serpente con non molta determinazione in quanto la splendida lievità dall’opera è diffusa in tutta la configurazione.

Guacci concepì la Madonnina con in braccio il Bambino come una ‘giovinetta’ dal volto soave che appare nei modi di una figura eterea venuta da chissà dove che si poggia con i piedi nudi su una serpe dal volto teriomorfo molto definito e strisciante su una semisfera, simbolo del mondo.

Madonnina del Grappa prima del restauro: particolare dei volti
Madonnina del Grappa prima del restauro: particolare dei volti
Madonnina del Grappa dopo il restauro - particolare dei volti
Madonnina del Grappa dopo il restauro – particolare dei volti

Una delle peculiarità dell’opera che subito salta agli occhi, oltre alla bellezza del viso della Madonnina, è il ‘panneggiamento’ delle vesti le cui pieghe si dispongono con armonia sia quelle che cadono a forma di cono e sia quelle che si adagiano aggraziate ai piedi della stessa Madonnina o sopra la semisfera.

Guacci era rinomato per le sue sculture laiche e religiose in cui i panneggi erano simili al vero, ma in quest’opera castiglionese egli ha voluto dare un saggio di bravura tale che le pieghe delle vesti della Madonnina fossero di una bellezza classica e che la loro armonia travalicasse persino le forme ideali.


Un patrimonio da custodire

Focus: L’opera restaurata diventa testimonianza di una grande tradizione artistica da proteggere e tramandare alle generazioni future.

Concludendo la Madonnina castiglionese pur ispirata per necessità iconografica e di venerazione, alla scultura metallica del Monte Grappa, è un’opera del tutto singolare e preziosa.  La sua bellezza sublime raggiunge vette molto alte che arrivano alla cima dove si trova la Madonnina del Grappa da cui prede il nome.

 Tutti i cittadini castiglionesi, per tutto quanto esposto, possono vantare di possedere un’opera, di grande pregio artistico, maggiormente ora che è stata reintegrata nella sua antica bellezza.

Quest’opera che arricchisce il patrimonio artistico e demologico del paese, allo stesso tempo impone l’obbligo morale agli stessi castiglionesi   di preservarla e di tramandarla alle future generazioni sia per farle recuperare la funzionalità religiosa e sia perché tutti possano ammirarla e godere i suoi indiscussi valori d’arte.

Solo così potranno essere orgogliosi e sentirsi fortunati di possedere un tesoro d’arte esempio di una grande tradizione demologica e artistica.

Si consiglia di conservare l’opera in un ambiente asciutto con il controllo della umidità a livelli ottimali.

Conclusione

La Madonnina del Grappa, oggi restituita al suo splendore originario, si erge non solo come simbolo di fede, ma come testimone di una grande tradizione artistica che merita rispetto e tutela. L’intervento di restauro ha permesso di riconoscere la profondità estetica e spirituale del simulacro, valorizzando la visione di un artista – Luigi Guacci – capace di fondere tecnica e poesia in ogni piega di cartapesta. Ora, il compito passa ai custodi di questa eredità: cittadini, devoti, studiosi. Perché ogni opera d’arte restaurata non è un punto d’arrivo, ma un nuovo inizio, sospeso tra memoria e futuro.

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