Pianoforte W.K.Smith
a cura di Stefano Rogledi
Domanda
Egregio Sig. Rogledi
tempo addietro mi è capitata l’occasione di acquistare per poche centinaia di euro un vecchio pianoforte inglese. Come si nota dalle fotografie accluse, porta l’indicazione del costruttore Wm. Kenna Smith di Manchester ed il n. di matricola 22553. Ritengo che lo strumento abbia ricevuto una “ripassata” in tempi relativamente recenti, perché il telaio è stato palesemente ridipinto ed una delle corde sostituita. Per il resto lo strumento è apparentemente in discrete condizioni. Il mobile (in radica) non è tarlato e la cassa armonica sembra integra.
La cordiera è ancora quella originale e la meccanica, del tipo a baionetta, è in condizioni di funzionamento assolutamente buone. Sono invece parecchio usurati i feltri dei martelletti e degli smorzatori.
RingraziandoLa sentitamente, Le porgo cordiali saluti. Paolo
Risposta
Gentilissimo Sig. Paolo,
il suo pianoforte W.K.Smith con tutta probabilità è del 1904 (manca un dato per la conferma).
Le poche notizie che sono riuscito a rintracciare in merito a questa fabbrica di Manchester si riferiscono all’anno di fondazione della stessa: 1870.
La produzione risulta abbastanza massiccia numericamente, quindi lo stabilimento fù con tutta probabilità molto esteso. Purtroppo, a onor del vero, gli inglesi non hanno mai costruito pianoforti di gran prestigio (almeno questa è la mia opinione), eccetto pochi nomi famosi; Broadwood, Collard &Collard, Kemble e pochissimi altri.
Con l’avvento dei francesi (Erard in testa) e successivamente dei tedeschi, la tradizione costruttiva inglese appare in difficoltà, soprattutto per mancanza di brevetti (e quindi di idee innovative).
Questi infatti sono giunti, per la maggior parte, da Francia e Germania.
A detta dei pianisti dell’epoca, Broadwood fù nettamente surclassato da Erard prima e da Steinway più tardi, nella metà dell’ottocento. I pianoforti di Sebastien Erard superavano ampiamente per sonorità, qualità e funzionalità meccanica i rivali inglesi. I fratelli Erard dal canto loro, studiarono i processi produttivi su larga scala utilizzati da Broadwood che all’epoca era, numericamente parlando, uno dei maggiori costruttori di pianoforti in Europa.
Probabilmente è a causa di questo che la sonorità risulta piuttosto “gommosa” (non saprei come esprimermi meglio specialmente nella sezione bassa, e si avverte un sensibile riverbero dopo un “forte”.
Desidererei sapere se può darmi qualche ragguaglio più preciso circa il costruttore e l’epoca di fabbricazione, nonchè il suo consiglio per la migliore manutenzione del mobile. Inoltre mi incuriosirebbe sapere qualcosa anche sulla manutenzione “interna”, se non possa io stesso occuparmi della sostituzione dei feltri. Sono già perfettamente in grado di accordare lo strumento da solo, e riuscire ad effettuare anche qualche operazione più complessa non mi dispiacerebbe (se non altro mi farebbe sentire lo strumento ancora più “mio”. Visto che sono solo un misero dilettante, quanto a resa sonora non ho certo le stesse esigenze dei pianisti professionisti . Ovviamente non mi illudo che il mio strumento possa avere un grosso valere commerciale, ma gradirei sapere il suo parere anche in merito a quest’aspetto.
Per quanto concerne lo strumento da lei posseduto, ribadisco il concetto già espresso in altri casi; la tipologia del pianoforte in questione non può dare grandi risultati musicali. La meccanica “a baionetta” è una vera disgrazia dal punto di vista dell’efficienza. I problemi da lei menzionati riguardo al “sensibile riverbero sul forte” (io aggiungo fastidiosissimo), sono legati alla posizione e al tipo di smorzatori. L unico efficace rimedio consisterebbe, a mio parere, nell’effettuare una modifica della forma dei legnetti degli smorzatori stessi che, così modificati, consentirebbero l’utilizzo di feltri smorzatori di tipo “1 corda” “2 corde” e “3 corde”, esattamente come sulle meccaniche moderne.
Questo però implica anche la correzione dell’angolatura degli stessi; a modifica effettuata segue un lavoro estenuante, fatto di continui piccoli aggiustamenti e tanta pazienza nonché pratica (tralasciando i mezzi e gli attrezzi specifici che da soli costerebbero forse più del valore dello strumento). In questo modo avremmo uno smorzamento dei suoni davvero efficace.
Questo discorso non è certo per scoraggiare la sua passione; il problema è che i disastri a volte li causano tecnici che lavorano da anni nel campo, a maggior ragione un non addetto ai lavori si troverebbe in seria difficoltà una volta smontata la meccanica (e per fare questo intervento bisogna necessariamente smontarla da cima a fondo se si vuole ottenere un buon risultato), con l aggravante che ci si troverebbe dinnanzi a uno strumento inutilizzabile. Ho dovuto effettuare varie volte restauri tentati da amatori e hobbysti vari, rimasti a metà dell’opera e con lo strumento malamente smontato ( tutti naturalmente asserivano “grandissima dimestichezza col fai da te e un garage attrezzatissimo di tutto..” ).
Come in tutti i lavori specialistici ci si deve a volte arrendere all’evidenza, accordatura compresa;
in merito a ciò, a parte il difficile discorso sul temperamento (veramente) equabile, sui battimenti e disarmonicità delle corde, su cui si potrebbero scrivere enciclopedie intere, si deve valutare molto attentamente il discorso relativo all’asse delle caviglie. Bisogna considerare i 3 tipi di movimento a cui sono soggette quando l’operatore agisce con la chiave (rotazione, torsione, flessione), ed è necessario inoltre valutare la quantità di retrocorda presente. Pena, come spesso capita di vedere, danni irreversibili al somiere che non garantisce più una buona tenuta dell’accordatura.
Per quanto concerne il suono “gommoso” che lei descrive, è da imputare in buona parte alla “tavola di risonanza” (è il termine esatto in luogo di “cassa armonica”). Svariati fattori ne sono la causa. La sostituzione dei martelli è lavoro altamente specialistico oltreché oneroso se rapportato al valore dello strumento; ciò che si guadagnerebbe in termini sonori sarebbe davvero poco in rapporto alla cifra sborsata. Bisogna notare che, in genere, martelli molto usurati producono un suono aspro, per nulla rotondo, con forti componenti “di metallo”, proprio l’opposto di quanto da lei descritto (questo avvalorerebbe la tesi di una tavola in cattive condizioni vibratorie).
Oltretutto bisognerebbe fare i conti con gli squilibri di peso indotti dalla nuova martelliera; non dimentichiamo che il rapporto di peso tasto/meccanica è pari a 1/6, ciò vuol dire che montando nuovi martelli dal peso maggiorato di soli 2-3 grammi ci ritroveremmo con una tastiera più pesante di 12-18 grammi ( ).
Un peso spropositato dunque, che ci obbligherebbe ad intervenire sulla pesatura dei tasti (altro lavoro impegnativo da eseguire con precisione). In definitiva… un circolo vizioso.
Per quanto riguarda il trattamento del mobile direi una buona c era d api o dell’olio paglierino una volta all’anno.Cordiali saluti,
Stefano Rogledi