Iconografia

Iconografia cristiana

Presentazione

Fonte e Autore: prof. Alessio Varisco, Storico dell’Arte

La parola icona (eikon) significa “immagine“. Con essa si intende una pittura a carattere religioso su pannello di legno, in stile bizantino, greco o russo.

L’ icona nasce per testimoniare lo splendore di Dio fatto uomo e racchiude nel suo linguaggio e nei suoi canoni, dettati dalla Chiesa, tutta la teologia cristiana.

La pittura delle icone non rappresenta solo una stupenda forma d’arte, ma è anche un modo di vivere con maggior intensità la propria fede e un aiuto per avvicinarsi alla Santità, identificandosi col soggetto dipinto (Cristo, la Vergine, i Santi). Le figure sono ritratte secondo i canoni di un antinaturalismo che nella teologia delle icone doveva servire a sottolineare la dimensione spirituale dei misteri, degli eventi e dei personaggi sacri. L’arte nell’icona è secondaria, marginale: ciò che è importante è Dio, il Mistero di Dio, che tramite quest’arte viene espresso.

La nascita dell’Icona

La nascita delle icone si inserisce in un contesto più vasto, che risale all’uomo preistorico e che fa dell’immagine un mezzo per stabilire un contatto con la divinità e per rendere reale la presenza di ciò che vi era raffigurato.

Già dal III secolo i cristiani usavano immagini per illustrare la nuova fede, ne sono testimonianza le catacombe, ed era una pittura simbolica, metaforica (quindi lontana dal significato di “eikon”). Le icone nascono e si diffondono a partire dal IV secolo, nei primi secoli del cristianesimo, quando la Chiesa orientale era ancora unita alla Chiesa occidentale: le icone sono dunque patrimonio di tutta la cristianità.

Nell’icona ritroviamo molti elementi dell’arte antica, sopratutto quella relativa ai ritratti profani, ad esempio i ritratti funerari egiziani – I secolo a.C.- in cui il volto del defunto era dipinto su tavole di legno, con l’intento di far vivere ancora il defunto insieme con i vivi. Anche gli imperatori di Roma si facevano ritratti, che poi spedivano in ogni parte dell’impero: vedere il ritratto equivaleva a vedere l’imperatore in persona.

Le icone nacquero per sostenere la fede in un periodo in cui si stavano diffondendo molteplici eresie. Le più antiche risalgono alla metà del IV secolo ed inizialmente utilizzavano la cera, proprio come nei ritratti funerari egizi.

Poche sono le icone antiche giunte a noi, soprattutto a causa della lotta iconoclasta: Leone III

L’ iconoclastia e i pensieri a favore

Isaurico bandì nel 726 la venerazione delle immagini sacre, infatti secondo la concezione dell’Antico Testamento non è possibile rappresentare Dio e qualunque immagine che ne venga fatta non è che un idolo pagano.

E stato proprio il timore che il cristianesimo appena nato cadesse nell’idolatria, ad aver portato alla persecuzione iconoclasta.

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Ma paradossalmente è proprio questo veto a rappresentare Dio che verrà utilizzato a difesa delle immagini sacre; come San Giovanni Damasceno e San Germano di Costantinopoli ben argomentano, è grazie all’Incarnazione che è resa possibile la raffigurazione: la venuta di Cristo ha cambiato radicalmente la relazione tra Creatore e creature. La venerazione non si rivolge all’immagine, ma a chi è rappresentato; l’icona è simbolica, non realistica e rappresenta non la realtà umana, ma quella di Dio. Sergij Bulgakov scrive: “Si prega davanti all’icona di Cristo come davanti a Cristo stesso”, infatti l’ uomo è fatto non solo di anima, ma anche di corpo e ha bisogno e ricerca una vicinanza sensibile, non si accontenta della sola contemplazione spirituale.

Per la Chiesa, come viene espresso nei suoi Concili, l’icona è un “Sacramentale partecipe della sostanza divina”, il che equivale a dire che è il luogo in cui Dio è presente e si può incontrare. Nel Secondo Concilio di Nicea (787) viene definita la natura e il valore delle icone con l’ affermazione che il fondamento di quest’arte sta nell’Incarnazione del Figlio di Dio, è quindi possibile rappresentare Dio, in quanto ha assunto la natura umana, assimilandola in modo inscindibile a quella divina, come sottolinea san Giovanni Damasceno. Nel Concilio di Efeso l’ icona è definita “tempio”, cioè un luogo in cui chi è raffigurato è anche misteriosamente presente.

La diffusione dell’arte iconografica

Dopo l’ iconoclastia, nel IX secolo la produzione di icone riprende vigore, grazie anche agli imperatori residenti a Costantinopoli. Le icone di questo periodo sono poste sempre frontalmente, i volti sono semplici e severi.

Nel 985 l’arte delle icone giunge anche in Russia, infatti il principe Kiev Vladimir prende come moglie una principessa bizantina. Nella capitale russa lavorano molti artisti bizantini ed è proprio qui che le icone hanno una particolare fioritura.

Nei secoli successivi nuovamente le icone in oriente andarono incontro a distruzione, da parte dei veneziani, che si impadronirono di Costantinopoli (fino al 1261) in seguito alle Crociate.

Nel XV secolo si assiste ad una nuova rinascita dell’icona, che si fa più raffinata ed elegante e si arricchisce, man mano, di elementi più elaborati.

Con l’ avvento dei turchi (1453) e la diffusione dell’Islam in Oriente, la produzione di icone continuò a svilupparsi nel Mediterraneo, in particolare in Grecia. Nel XV secolo in Russia la produzione di icone è al massimo splendore, grazie all’opera del monaco Andrej Rublev, in cui tradizione locale e tradizione bizantina si fondono.

Nell’icona il Dio-uomo si avvicina a noi, ricordandoci che anche noi siamo icona di Dio, che quindi il nostro destino è diventare come Lui. Oggi riproporre l’icona vuol dire “tornare alle radici della profonda unità che riconosce in Cristo il Signore del cosmo e della storia e riprendere a respirare con i due polmoni della Chiesa orientale e occidentale” (dalla prefazione al Catalogo si stampe di icone bizantine, edito da La Casa della Matriona).

I soggetti dell’Icone

I soggetti delle icone sono molteplici ma tutte le icone sono icone di Cristo: sia quelle che lo rivelano direttamente, sia quelle che riproducono momenti più significativi della sua vita terrena; sia quelle che si riferiscono alla Madonna la Madre nel cui grembo verginale “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”; sia quelle che raffigurano i santi, cioè uomini che nella loro vita si sono conformati a Cristo divenendone Sue immagini (ovvero “eikon”).

Nelle abitazioni russe era sempre presente un luogo ornato da luci e fiori in cui le icone erano esposte, un vero e proprio santuario domestico a cui i visitatori si rivolgevano in saluto appena entrati nella casa. A partire dall’843, al termine della lotta iconoclasta, le icone vengono esposte e venerate non solo nelle chiese, ma anche sulle porte delle città, sui vessilli degli eserciti, nelle processioni religiose.

Le icone vengono così a far parte di ogni momento della vita del cristiano, dalla nascita alla morte (ci sono infatti icone per proteggere le partorienti, per accompagnare i pellegrini, per confortare gli ammalati, per i defunti…).

L’ icona nel pensiero contemporaneo

Giovanni Paolo II nella lettera apostolica “Novo millennio ineunte” scrive: “Gli uomini del nostro tempo chiedono ai credenti di oggi non solo di parlare di cristo, ma in un certo senso di farlo loro vedere… E non è forse compito della Chiesa riflettere la luce di Cristo in ogni epoca della storia, farne risplendere il volto anche davanti alle generazioni del nuovo millennio?”. Commenta il Cardinale Carlo Maria Martini: “Certo, il credente sa che deve essere la testimonianza della vita a mostrare Cristo nel modo più storico e concreto. Tuttavia la testimonianza artistica, e quella iconografica in particolare, ha una funzione preziosissima e insostituibile. Le icone invitano a cercare il Signore – rappresentato nei misteri della sua vita o riflesso nella figura della Vergine e dei santi – entrando in un silenzio contemplativo in cui le intuizioni dello spirito esprimono più di ogni parola. Non si tratta solo di fruizione estetica e nemmeno di emozione religiosa. Il silenzio contemplativo e orante è…la condizione di ogni autentico incontro tra religioni e culture diverse”.

L’ icona è l’esperienza della Bellezza divina. Sant Agostino, che fece un lungo cammino verso l’icontro con la Bellezza infinita, scrisse: “Tardi ti ho amato, o bellezza tanto antica e così nuova, tardi ti ho amato” (Confessioni X), anche San Francesco d Assisi ha sentito Dio come Bellezza: “Laudato sie, mi Signore, cum tucte le Tue creature, spetialmente messer lo frate Sole, lo quale è iorno, et illumini noi per lui. Et ella è bella e radiante cum grande splendore; de Te altissimo, porta significatione”.

L’ uomo instancabilmente nel suo cuore ricerca la Bellezza, che trova origine e pienezza in Dio. Perciò le icone non sono semplici dipinti da ammirare, ma sono preghiera dipinta.

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