Palazzo M. Rossi: Restauro lapideo
Palazzo Madama Rossi: Il Progetto di restauro conservativo dei lapidei presenti sulla facciata di palazzo Madama Rossi a Visone è divenuto parte integrante del progetto di manutenzione straordinaria …
Progetto di restauro conservativo dei lapidei
Il Progetto di restauro conservativo dei lapidei presenti sulla facciata di palazzo Madama Rossi a Visone è divenuto parte integrante del progetto di manutenzione straordinaria del prospetto su via Acqui già autorizzato dalla Soprintendenza ai beni Architettonici e per il Paesaggio del Piemeonte. Il Progetto dei Lapidei presenti sul prospetto su Via Acqui ha interessato nello specifico: Il Portale sagomato, il loggiato cinquecentesco composto da colonne e balaustrine e la piccola edicola votiva. |
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Diagnosi sullo stato di conservazione
L’ esame diretto dello stato di conservazione dei lapidei ha confermato la necessità di procedere con la massima sollecitudine al loro restauro. Anche in questo caso si è proceduto tramite apposita mappatura, individuando in sito le principali forme di degrado in seguito catalogate in apposite legende. Per ciascuna voce di degrado è stata stabilita una specifica veste grafica (retino) successivamente trasposta sul rilievo dei singoli elementi.
I lapidei analizzati rivelavano un livello di degrado molto avanzato, i maggiori danni erano da imputare all’azione combinata degli agenti atmosferici sotto forma di erosione del vento, sbalzi termoigrometrici e conseguente dilatazione termica indotta dal sole e all’opposto dal freddo, dissoluzione causata dall’acqua sotto forma di pioggia battente, azione di elementi inquinanti e di organismi biologici.
La superficie lapidea del portale, della loggia e della piccola edicola votiva si presentava ricoperta anzitutto da sostanze incoerenti di varia natura (polveri, particellato, depositi carboniosi, microrganismi e guano di piccione) estese in maniera diffusa. A ciò si aggiungevano depositi di natura coerente, manifesti sotto forma di incrostazioni nerastre a base acida (visibili soprattutto nelle parti più riparate dalla pioggia) che a contatto con la componente carbonatica della pietra avaveno favorito la disgregazione tra gli strati lapidei, innescando fenomeni di fratturazione (o fessurazione) e scagliatura.
Sul loggiato era rintracciabile il fenomeno dell’erosione per corrosione che aveva reso la superficie lapidea molto decoesa, l’effetto era maggiormente visibile sugli elementi plastici in aggetto (balaustrine) che più di tutti avevano subito l’azione ruscellante dell’acqua, in queste zone la pietra risultava sollevata in strati sottili (scaglie) totalmente in fase di stacco.
I balaustrini della loggia prima del restauro. Particolare con evidenziazione delle rappezzature cementizie I balaustrini della loggia prima del restauro. Particolare con evidenziazione dell’avanzato degrado I balaustrini della loggia prima del restauro. Particolare con evidenziazione dell’avanzato degrado |
Nella parte alta del loggiato, sulle colonne, erano rintracciabili pigmentazioni accidentali e localizzate (macchie) dovute alla presenza di materiale estraneo al substrato (ruggine). Nella parte bassa, invece, si trovavano colonie di microrganismi, manifeste sotto forma di patine scure simili nell’aspetto alle croste nere di origine chimica; l’azione di queste tendeva a separare i cristalli di calcite, favorendo il progressivo lesionarsi della pietra.
La lettura del loggiato in più punti e del portale nella parte bassa degli stipiti risultava interrotta da parti completamente mancanti, perse irreversibilmente o, ancora più grave, ricostruite maldestramente con materiali non compatibili (malte cementizie) e senza alcuna caratteristica conservativa.
Durante il restauro. Fase di rimozione delle rappezzature cementizie dal parapetto della loggia. Evidente lo stato di conservazione con buona parte del parapetto mancante | Dopo il restauro. Particolare del parapetto della loggia dopo l’intervento di consolidamento delle parti rimosse tramite armatura con barre in vetroresina e materiale coerente con la componente materica preesistente |
Sull’edicola votiva, considerate anche le piccole dimensioni, il livello di degrado era molto ridotto: nella parte interna della nicchia erano leggibili tracce di una precedente decorazione pittorica vistosamente alterata (ossidazione della doratura).
Il progetto di restauro conservativo
Il progetto di restauro si è prefisso, anzitutto, la conservazione delle parti oggetto di intervento tramite operazioni di messa in sicurezza e consolidamento.
Rispetto al portale e alla piccola edicola votiva che presentavano forme di degrado ancora controllabili, la situazione della loggia risultava più preoccupante, dal momento che in questo caso i lapidei si presentavano completamente sfarinati, scagliati, in fase di stacco o del tutto mancanti. Si è preferito evitare qualunque intervento di integrazione che sarebbe risultato troppo invasivo (si trattava infatti di integrare troppo e in maniera arbitraria), |
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Il portale prima del restauro. Particolare con evidenziazione dell’avanzato degrado |
prevedendo pertanto solo il consolidamento delle singole parti, quindi la pulitura, la stuccatura e un intervento finale di protezione. Queste operazioni, tese a conservare e proteggere, non hanno reso l’idea di “finito”, poiché hanno evitato volutamente “l’ aggiunta” azione che notoriamente non appartiene al restauro.
Descrizione delle procedure di intervento
Le operazioni di consolidamento, preliminari a quelle di puliture, si sono basate anzitutto sul ristabilimento della coesione delle parti in pietra decoese tramite impacchi ripetuti di prodotto consolidante (silicato di etile). L’ intervento ha riguardato le zone più delicate che si presentavano disgregate e/o polverizzate. Trattandosi prevalentemente di oggetti a tutto tondo (colonne o balaustrine) l’impacco è stato sostenuto tramite apposite fasciature, monitorando i tempi di applicazione del prodotto. Si è quindi proceduto al ristabilimento strutturale dell’adesione tramite iniezioni puntuali di resine epossidiche che hanno favorito l’incollaggio delle singole parti (quest’ultima operazioni è stata valutata a singolo intervento). |
Terminato il consolidamento si è passati alle operazioni di pulitura mediante operazioni progressive e graduali. Sono stati rimossi anzitutto i depositi superficiali coerenti che si presentavano piuttosto compatti, tramite compresse di sali inorganici e di carbonato di ammonio, testando previa provinatura la soluzione più idonea e i migliori tempi di applicazione. Terminata questa operazione è stato indispensabile rimuovere meccanicamente i depositi solubilizzati con apposita strumentazione: bisturi e ablatore ad ultrasuoni per le zone più tenaci.
Durante il restauro. Tassello di sporco sul parapetto della loggia
Per rimuovere le pigmentazioni rossastre, visibili sulle colonne, presumibilmente imputabili agli ossidi di ferro (ruggine) si è ricorsi all’applicazione tramite tamponatura di specifici complessati. Infine, si è proceduto alla rifinitura meccanica a bisturi di quelle parti ricoperte da scialbi o ridipinture compatte che alteravano visivamente l’aspetto originario della pietra.
Le successive operazioni di stuccatura si sono basate sulla sigillatura con malta compatibile delle zone fessurate, fratturate o mancanti (fino ad una profondità massima di 3 cm). In questa fase è stato necessario equilibrare le stuccature, assimilando al colore della pietra tutte le parte reintegrate. L incuria e lo stato di generale abbandono cui l’immobile è stato lasciato per anni hanno spiegato l’avanzato stato di degrado, visibile soprattutto sulle balaustrine della loggia che risultavano mancanti in più punti. Per questa ragione non è stata vagliata l’ipotesi della reintegrazione delle parti mancanti. Quindi, dopo le operazioni di stuccatura ci si è limitati alla protezione superficiale della pietra tramite impacchi di sostanze protettive (alchil alcossi silani), al fine di rallentare il progredire del degrado.