Pieve di S. Vito: Gli affreschi
Gli affreschi: Analisi iconografico-stilistica
Crocifissione – autore ignoto, sec. XV
Le condizioni di conservazione della “Crocifissione” sono tali da compromettere fortemente la sua leggibilità e la piena comprensione del testo iconografico (cfr. la relazione tecnica sullo stato di conservazione degli affreschi). In particolare, i danni maggiori sono in corrispondenza della Croce, affrescata al di sopra dell’apertura centrale chiusa proprio per eseguire la decorazione dell’emiciclo absidale. Tale tamponatura, infatti, è attualmente molto rovinata, avendo perduto pressoché la totalità del legante con cui venne eseguita: gli spazi tra i vari materiali lapidei lasciano quasi intravvedere la preparazione dell’affresco (foto 1). |
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Foto 1 |
Descrizione Iconografica: Per quanto attiene la descrizione iconografica del dipinto, ai lati della Croce stanno quattro personaggi per alcuni dei quali l’identificazione presenta qualche problema.
Foto 2 |
Foto 3 |
Alla sinistra del Cristo (foto 2) sono la Vergine Maria (foto 3) ed un santo laico a cavallo (foto 4), tradizionalmente riconosciuto come San Vito, titolare della chiesetta campestre; alla destra, uno degli apostoli, fino ad ora individuato come San Giovanni, ha il volto e parte della figura rovinati al punto da non consentirne una certa attribuzione (foto 5). Accanto a questi, infine, è Sant Antonio Abate (foto 6).
Foto 4 |
Foto 5 |
Foto 6 |
A proposito di queste dubbie attribuzioni, va detto che la figura del giovane cavaliere non corrisponde in alcun modo all’iconografia classica di San Vito, solitamente raffigurato come un fanciullo vestito con una corta tunica manicata azzurra e un manto rosso fermato sopra la spalla, secondo la moda romana. Attributi tipici di questo santo, oltre alla caratteristica palma, è un cane, simboli del suo martirio; spesso è accompagnato dalle figure di Santa Crescenza e San Modesto, assieme ai quali venne ucciso. La riproduzione del cavaliere così com è rappresentato nell’abside di San Vito (foto 4), invece, può più facilmente attagliarsi all’immagine di San Vittore (giovane cavaliere abbigliato secondo la moda militare, spesso vestito con un armatura e gli speroni, privo di elmo, i cui attributi solo la palma e uno stendardo crociato montato su un asta puntuta), o, come è stato proposto, di San Bovo (raffigurato come un nobile cavaliere chiuso nell’armatura, in arcioni su un cavallo coperto di ferro, senza palma e con un vessillo in asta illustrante un bue). Sia San Vittore che San Bovo godono di una forte devozione popolare nella zona compresa tra Voghera ed Alessandria: a San Bovo è dedicato un altare nella chiesa parrocchiale di Morsasco, ad esempio, mentre le pievi campestre intitolate a Vittore sono numerosissime in tutto il Monferrato.
In considerazione di quanto detto sopra, e alla luce dei risultati emersi dalla ricerca storica, si può ipotizzare che, a Morsasco, il culto tributato a San Vito, per quanto antichissimo, viene a un certo punto confuso e in certo modo incorporato da quello per San Vittore: l’equivoco, attestato già a partire dal XIV secolo, sarebbe stato ulteriormente agevolato dall’affinità fonetica tra i due nomi pronunciati in dialetto (“Vito” e “Vitor”). Di conseguenza, il santo a cavallo effigiato a lato del Cristo crocifisso va identificato senz altro in San Vittore, senza dimenticare, però, che i due santi vengono eguagliati dalla devozione popolare contadina in molti luoghi della regione piemontese.
Foto 9 |
Foto 10 |
Per quanto riguarda, invece, l’ altra figura d incerta identificazione, data l’ assenza di indicazioni documentarie e la profonda lacuna che le sfigura completamente il volto, la questione è più difficilmente superabile (foto 9 -particolare della foto 5). Innanzitutto, se è vero che il canone iconografico cristiano prevede che, ai piedi della Croce, stiano la Vergine e San Giovanni, va anche detto che la tunica gialla è solitamente attribuita a San Pietro (la cui presenza in questa scena risulterebbe quanto meno anomala), mentre l’Evangelista veste preferibilmente di verde. Inoltre, quest’ultimo è un ragazzo, mentre la capigliatura del santo in esame sembrerebbe canuta, come in realtà dovrebbe essere San Pietro (ma il colore biancastro potrebbe essere semplicemente il risultato di un alterazione cromatica).
La postura aggraziata, infine, con le mani intrecciate sul ventre (foto 10 – particolare della foto 5), è sicuramente più femminea che adatta ad un santo, ma la veste è stretta in vita, secondo la moda maschile
Ragion per cui, è preferibile accontentarsi dell’attribuzione tradizionale, che riconosce nella figura l’ apostolo Giovanni.
Lo sfondo mostra, in lontananza, le mura turrite della città di Gerusalemme, mentre, alla base della Croce, si intravvede un piccolo monticello ed una forma tondeggiante grigiastra che lascerebbe pensare ad un teschio umano, secondo una delle configurazioni più tipiche per questo genere di sacra raffigurazione.
La scena è riquadrata da una doppia cornice ocra e rossa, che probabilmente risolveva le linee principali dell’architettura absidale (tracce d intonaco colorato permangono negli sguanci a doppia strombatura delle finestre e nella nicchia degli arredi sacri). |
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Foto 15 |
Il Cristo, infatti, così legnoso e patetico (foto 15), ricorda certamente l’insistita espressività dell’arte Medievale, così come il delicato tappeto erboso su cui poggiano i piedi le quattro figure sacre, ma la cura con cui sono resi i volti e la ricercata naturalità e compostezza delle pose lasciano pensare all’influenza di quanto veniva allora
realizzato nelle corti italiane settentrionali, in una direzione di superamento dell’arte gotica.
Si notino, ad esempio, gli atteggiamenti contrapposti della Vergine e di Giovanni , con l’effetto, evidentemente voluto, della duplice linea ovata che unisce le mani giunte ai bordi dei manti.
Tutte queste considerazioni, aggiunte al fatto che l’abbigliamento e l’acconciatura di San Vittore fanno riferimento al costume italiano maschile dell’ultimo quarto del XV secolo, e in particolare alla moda militare del tempo (con il farsetto coperto da una corta giornea stretta in vita e i capelli alquanto lunghi ed arricciati), consentono di datare l’affresco con buona approssimazione attorno al 1480.
Madonna in trono, autore ignoto, sec. XV.
L affresco è situato alla sinistra dell’altare maggiore, nella posizione in cui la calotta absidale incontra la muratura settentrionale dell’aula. Raffigura la Vergine seduta su un rigido sedile, munito di schienale e braccioli, appena abbozzato e con una scarna decorazione; in braccio ha il Bambino, strettamente fasciato e rivestito da un largo colletto ricamato, che Gli copre anche le spalle (foto 18-19). L abito della Vergine è una semplice tunica manicata (dal mantello spuntano i polsini), il cui colore originale deve aver subito una forte alterazione (è attualmente violaceo). Anche il velo che Le ricopre la testa è molto semplice e privo della gorgiera indossata invece dalla Madonna della Crocefissione. Questo particolare, insieme alla posizione ribassata dell’affresco rispetto a quello centrale, potrebbe far pensare ad una realizzazione leggermente posteriore, ma sempre nell’arco del secolo XV.
La riquadratura della scena è in blu.
L’ autore del dipinto possiede sicuramente mezzi artistici più limitati, com è evidente osservando la rigida ingenuità dei panneggi, che nascondono completamente e rendono anzi quasi indefinibile la disposizione dei corpi, e la difficoltà con cui sono resi alcuni particolari anatomici (in particolare, le mani). Ciò nondimeno, colpisce la serena dolcezza del volto della Madonna. L ambito da cui questo ignoto maestro del Quattrocento proviene è quello strettamente locale, ed esiste la possibilità di un interessante confronto con l’autore del Trittico di Sant Innocenzo, conservato nell’omonima chiesa di Castelletto d Orba (Al).