Arte & Artigianato

Restauro Lapideo

Fonte: R.E.M.

Conservazione e Restauro

di P. Paolo Masoni,

Via Borgionera 3   10040  Villardora (TO)

tel.e fax  011/9359193   cell. 3385808678

PULITURA DEL LAPIDEO

Direttiva NORMAL 20/85: (…) scopo della pulitura, dal punto di vista della conservazione, è la rimozione di quanto è dannoso per il materiale lapideo: sali solubili o insolubili, stratificazioni di materiali vari applicati intenzionalmente e non idonei o non più funzionali, vegetazione infestante, deiezioni animali, ecc., e a questo deve limitarsi, rispettando non solo policromie e patine naturali, ma anche lo strato più superficiale del materiale lapideo (…).

Tale direttiva, che ha posto l’Italia concettualmente all’avanguardia nel campo del Restauro,viene applicata sistematicamente nel Restauro dei Beni Culturali, e può esserlo anche nell’edilizia civile, il più delle volte non venendo meno a criteri di economicità e di praticità.

Basta un esempio per capire l’importanza di questa affermazione: nell’edilizia viene molto usato per la pulitura l’acido muriatico. Si tratta di un prodotto indubbiamente poco costoso e di veloce applicazione, ma è carico di residui ferrosi. In breve tempo il lapideo pulito con tale acido si annerirà a causa dell’ossidazione dei succitati residui, per non parlare della sua azione corrosiva e di ciò che ne deriva.

Le tecniche di pulitura si possono dividere in due grandi categorie: meccanica e chimica.

Pulitura meccanica:

•Pulitura con acqua ad alta pressione.
•Idrosabbiatura.
•Sabbiatura.
•Minisabbiatura.
•Microsabbiatura.
•Microscalpelli, bisturi, specilli …

Pulitura chimica:


•Soluzioni acquose ad azione solvente pure o addittivate con addensanti, detergenti, tensioattivi, soluzioni enzimatiche, saliva artificiale, resine a scambio ionico (cationiche o anioniche)… .

PULITURA CON ACQUA AD ALTA PRESSIONE

Questo metodo sfrutta la forza meccanica dell’impatto dell’acqua che viene spruzzata con pressione che può arrivare anche alle venti atmosfere. In certi casi viene anche usata acqua bollente per poter sfruttare il conseguente choc termico.

E facile intuire quanto questo sistema sia distruttivo per il lapideo.

PULITURA MEDIANTE IDROSABBIATURA

Si tratta di una tecnica in certi casi meno distruttiva. Utile per eliminare vecchi intonaci o pellicole acriliche, magari dopo l’applicazione di prodotti chimici atti ad ottenerne un ammorbidimento.

Consiste nel mescolare al getto d acqua sabbia di varia granulometria. In questo caso oltre alla forza dell’impatto dell’acqua, viene sfruttato anche il potere abrasivo della sabbia.

SABBIATURA

Con questo termine generico viene indicata una metodologia che consiste nello spruzzare del materiale solitamente lapideo sulla superficie da pulire. Le variabili che determinano il risultato finale sono molteplici;

vanno dalla pressione usata, alla dimensione dell’ugello, al tipo di inerte che può essere sabbia siliceo o quarzifera, o un inerte vegetale (farina di mais, noccioli di drupacrr macinati…), alla granulometria dell’inerte stesso, e, addirittura allo stesso modus operandi (distanza dell’ugello dalla superficie trattata, direzione dell’impatto e durata dello stesso). La sabbiatura, quindi, può dare risultati sorprendentemente validi, come estremamente distruttivi a seconda di come viene applicata..

MINISABBIATURA

Si tratta di una sabbiatura più soft essendo praticata a pressioni notevolmente inferiori (da 0,5 a 4 atmosfere come pressione di uscita dal compressore, che viene ulteriormente abbassata dalla dimensione dell’ugello dell’aria interno alla pistola di miscelazione).

Aria e sabbia vengono miscelate anziché nella sabbiatrice, direttamente nella pistola , nella quale l’aria pesca l’inerte sfruttando il principio di Venturi. Anche in questa metodologia è possibile disporre di svariati tipi di inerti quali sabbie di varia natura e granulometria, farine vegetali quali il tutolo (corpo spugnoso interno alle pannocchie di mais), ossido d alluminio, pomice, sferette di vetro piene o cave. La granulometria può arrivare agli 80 – 120 micron.

MICROSABBIATURA

Stessa metodologia della minisabbiatura, ma ancora più precisa ed accurata. La pistola si riduce alle dimensioni di una matita, e la pressione diventa minima. Viene usata per interventi estremamente delicati.

SABBIATURA COL SISTEMA JOSS

Si tratta di una delle molteplici varianti della sabbiatura. L inerte, anziché essere sparato perpendicolarmente rispetto alla superficie da trattare, viene costretto ad un moto circolare e, quindi, diagonale rispetto alla superficie, così da rendere l’impatto meno abrasivo.

In certi casi è possibile intervenire con bisturi, microscalpelli, microfrese da dentista, come nell’esempio .

stemma ex Convento Fratelli Maristi: eliminazione di colature di catrame mediante microfreasa.

Lo stemma in marmo di Carrara, presentava colatura di catrama conseguenti ad un restauro del tetto risalente agli anni 50. L azione di una microfresa ha permesso di abradere la crosta senza intaccare il lapideo.

PULITURA CHIMICA

Bisogna tener conto che qualunque azione di pulitura rappresenta per il materiale lapideo un trauma. Gli sforzi della ricerca in questo settore, da anni sono finalizzati allo scopo di trovare soluzioni sempre più rispettose nei confronti dei materiali sui quali si interviene, che, ovviamente, si trovano sempre in condizioni più o meno precarie.

La constatazione che l’azione di sostanze chimiche deboli, prolungata nel tempo, risulta meno dannosa di quella prodotta dalle stesse sostanze più concentrate, anche se di breve durata, ha spinto alla creazione di miscele deboli mescolate a paste tixotropiche o ad addensanti atti ad agevolarne la stesura sull’Oggetto e a rallentare l’evaporazione dei principi attivi.

Molto usata è la AB57 formulata dall’Istituto Centrale del Restauro. Si tratta di una pasta composta da bicarbonato di sodio, bicarbonato di ammonio, desogen, carbossilmetilcellulosa, acqua deionizzata.. Spesso, se non si agisce su pietre carbonatiche, viene aggiunto EDTA. L azione di questa pappetta è molto lenta e varia a seconda del tipo di sporco. Per rallentarne l’essicazione è possibile ricoprire l’impacco con fogli di polietilene. Quando l’azione di pulitura è completata, il prodotto viene eliminato mediante spazzolatura e lavaggio con acqua deionizzata.

Impacchi del genere possono essere realizzati con svariate sostanze quali tensioattivi, esametafosfato di sodio, bifluoruro di sodio e di ammonio… .

PULITURA CON ARGILLE ASSORBENTI

Questa tecnica consiste nello sfruttare il potere assorbente di alcune sostanze quali bentonite, sepiolite, attapulgite, che vengono mescolate con acqua deionizzata fino a formare una pasta che viene applicata sull’Oggetto, viene coperta con teli di garza e, infine, con fogli di polietilene per rallentarne l’essicazione. Essendo i tempi di estrazione molto lunghi, si provvederà ciclicamente al reintegro dell’acqua evaporata. Ad essiccazione avvenuta, le croste argillose tenderanno a staccarsi. Nel caso non fosse sufficiente un unico intervento, occorrerà ripetere tale operazione sino a che la pulitura non abbia raggiunto risultati soddisfacenti. Tale metodologia può essere applicata soltanto su pietre compatte e poco assorbenti.

IMPACCO BIOLOGICO

Questa metodologia, simile nella prassi, alla precedente, si basa, oltre che sul potere assorbente dell’argilla, sull’attività biologica di alcuni batteri che vengono aggiunti alla stessa mediante una soluzione di glicerina ed urea. Il tempo di applicazione è di almeno un mese.

ACQUA NEBULIZZATA

Basata sullo sfruttamento del potere solvente dell’acqua, questa metodologia consiste nel diminuirne la quantità usata, e quindi l’assorbimento da parte dell’oggetto, aumentandone il più possibile la superficie. Ciò si ottiene mediante  nebulizzatori che vengono posti ad una certa distanza dalla superficie da trattare, così che il getto nebulizzata la colpisca in fase discendente. Tale azione, come, d altronde, tutte le puliture chimiche, dovrà essere integrata da una spazzolatura con saggina.

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