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Ritocco Pittorico: Il ritocco neutro

Che cos è

Mentre l’integrazione totale cerca perlopiù di soddisfare l’estetica del quadro, il ritocco neutro è l’ammissione chiara ed esclusiva che il dipinto è un “documento”. Il dipinto è considerato unico e irripetibile e si ricusa ogni integrazione di forma e colore. Il più delle volte la lacuna viene stuccata per ragioni conservative fino a raggiungere il livello dello strato pittorico, ma rimane chiaramente visibile nella sua forma originaria; viene tutt al più armonizzata con una tonalità neutra rispetto alla zona originale circostante.

Perché è importante

Nonostante il rifiuto che fin dal suo primo utilizzo il ritocco neutro ha incontrato per ragioni estetiche, non si può trascurare la sua eccezionale importanza per la questione di un trattamento delle lacune ineccepibile dal punto di vista della conservazione. E il primo tentativo riuscito di superare il disinvolto modo di lavorare dei restauratori pittori.

Esempio di Ritocco Neutro

L esigenza di evitare qualsiasi integrazione delle lacune testimonia il grande rispetto nei confronti dell’opera d arte e specialmente per il suo valore documentario. Anche dopo che il ritocco neutro è stato ampiamente superato, questo resta oggi il suo significato storico.
Il particolare apprezzamento dell’originale ha portato, anche nel lavoro pratico del restauratore, all’esigenza di limitare ogni integrazione all’effettiva lacuna.

Quali sono gli svantaggi

Lo svantaggio del ritocco neutro è l’effetto visivo sgradevole. Si dovette trascurare questo punto di vista nei tentativi che cercarono di superare la confusa situazione del XIX secolo. Nella possibilità di utilizzare il ritocco neutro per il restauro di dipinti è contemporaneamente insito un più profondo rapporto con l’evoluzione dell’arte e della storia dell’arte in genere dalla fine del XVIII secolo fino all’espressionismo e all’arte astratta.

In evidente parallelismo con l’eliminazione di tutti gli elementi figurativi estranei che ha inizio alla fine del XVIII secolo, si cerca di rimuovere dai dipinti tutto ciò che non ne fa parte. L intento di pulitura e la tendenza ad integrare in modo “neutro” spesso vanno appaiati.

Si eliminano ridipinture successive, si rimuove la patina, in una parola si tenta di recuperare il dipinto – o quantomeno il resto originale – così come ha lasciato il cavalletto del pittore. L opera d arte diviene oggetto di studio e costituisce il documento ineccepibile per l’ulteriore indagine scientifica. L incontro con il dipinto diventa un processo intellettuale e il desiderio associativo dell’osservatore può essere portato in direzioni che l’opera non possiede.

L arte e l’epoca in cui si esprime

Ogni epoca da all’arte, anche quella del passato, un orientamento che si basa sulle proprie esigenze. A questo riguardo il restauro ha fornito in ogni epoca il contributo più rilevante: gli inesorabili cambiamenti di formato del barocco con la sua tendenza uniformatrice, così come le tendenze antimanieristiche del XIX riguardanti la ridipintura, gli “abbellimenti” dei maestri italiani per mano dei nazareni e l’inclusione dell’arte antica nel mondo della tecnica e della scienza di oggi.

Questo non sembra essere di disturbo, poiché la stessa arte moderna ambisce per sé ai medesimi fondamenti e spera nell’esclusione di ogni casualità esteriore e di ogni individualità in una creazione artistica del futuro meccanizzata e puramente scientifica.    L eliminazione di antiche aggiunte comporta che non se ne effettuino neppure di nuove. 

Nella discussione relativa a “restaurare o conservare” si opta per quest’ultima soluzione e si portano le opere d arte ad una condizione finale “mummificata”. Questa tendenza a limitarsi semplicemente al resto originale ha il suo punto di partenza nel restauro archeologico-classicistico della fine del XVIII e dell’inizio del XIX secolo. Già allora però vi erano contemporanei che trovavano insopportabile questa integrazione neutra Goethe afferma che con questa integrazione l’opera “si presenta in un certo modo come una rovina….”.

Anche Henry de Montherlant si prende gioco nel suo libro “Les bestiaires”, Paris 1926, delle integrazioni neutre e scrive “Teste antiche portavano nasi moderni, che avevano un colore diverso, come nasi di carnevale”.

L integrazione imitativa è utilizzata per la prima volta intorno al 1820 da Valadier in occasione del restauro del Colosseo e criticata dai contemporanei, poiché in seguito non si riusciva a distinguere l’originale dall’integrazione. Perciò Stern adopera il travertino per le integrazioni del marmo. Anche Milizia pretende che si distingua il falso (integrazione) dal resto originale. Sulla base di questa concezione storico-scientifica Canova rifiuta il restauro delle sculture del Partenone. Quest’idea non si impone e nel periodo successivo i restauri, di fronte all’aspirazione di divenire sempre più perfetti, soggiacciono alla tentazione di strafare.

Il XIX secolo fece quindi largo uso dell’integrazione imitativa, che richiedeva al restauratore particolari abilità artistico-pittoriche. Neppure nel periodo successivo si giunse ad un opinione unanime riguardo all’integrazione delle lacune. Negli anni sessanta del XIX secolo, all’inizio del nostro secolo e negli anni venti e trenta si fecero dei tentativi per far vincere il ritocco neutro.

Il ritocco neutro non si è mai affermato. Soprattutto a causa del suo carattere puristico e archeologico ha avuto sempre oppositori e non ha mai avuto alcun peso nel restauro finalizzato al collezionismo e al commercio d arte. Ha potuto trovare consensi unicamente in ambito museale. Che per un periodo sia stato considerato come l’unico possibile metodo esatto di ritocco dipende dal carattere scientifico del restauro sviluppatesi a partire da Pettenkofer e non da ultimo dalla “concezione di fondo puramente materialistica della nostra epoca nei confronti dell’opera d arte”.

La derivazione del ritocco neutro dal restauro degli affreschi non va dimenticata. Qui ha sperimentato la sua più vasta diffusione e la sua applicazione differenziata è qui leggibile al meglio. È fuori discussione che spesso si adatta all’integrazione di frammenti architettonici e scultorei. Qui ha soprattutto una funzione statica e permette di fissare le parti superstiti nella loro collocazione originaria. Per il dipinto questa funzione dell’integrazione neutra viene comunque meno, perché il luogo del resto originale è evidentemente determinato. Mentre il frammento di un opera plastica o di un architettura può essere in sé compiuto, nel dipinto le lacune costituiscono delle zone di disturbo, di cui non si riesce ad eliminare l’effetto. L apprezzamento del carattere frammentario nelle opere dell’antichità e l’abitudine a frammenti architettonici ha una ricca tradizione. È tuttavia impossibile trasporre senza restrizioni alla pittura questi principi di integrazione.

Se non si ricostruisce neppure in via sperimentale il testo divenuto illeggibile, non si intraprende alcun tentativo di riportare l’opera d arte, per quanto possibile, alle sue condizioni originarie. Nello stesso tempo il lato estetico dell’opera d arte è turbato e ignorato. Nonostante questo limite al ritocco neutro non si può neppure riconoscere il carattere di una conservazione oggettiva.

Qualsiasi integrazione appare inevitabilmente speculativa. Mentre nel caso dell’integrazione totale la speculazione mira all’identità tra integrazione e originale, nel caso dell’integrazione neutra tende alla realizzazione oggettiva del principio conservativo-documentario. Nel primo caso si cerca di soddisfare la totalità artistica dell’opera, nel secondo di realizzare una teoria.

Tutti gli sforzi per migliorare il ritocco neutro, tutte le sue varianti mirano ad una applicazione all’interno del dipinto che risulti più discreta visivamente ed esteticamente. Occorre suggerire l’obbligo di non guardare. Perciò si cerca un adattamento cromatico, formale e strutturale al contesto originale, oppure si crea una “neutralità” tanto perfetta, che non favorisce la leggibilità del testo, ma neppure turba il godimento del resto originale. Nel primo caso ci si avvicina sempre più al metodo dell’integrazione totale: si prolungano i contorni delle forme fino all’interno della lacuna, si adatta colore e tonalità al contesto originale e si imitano la struttura e l’invecchiamento della superficie del dipinto.

Nel secondo caso nella tonalità e nel colore si resta sottotono rispetto alla gamma di colori utilizzata nel dipinto, si applica lo stucco sottolivello e ci si avvicina infine al restauro del “dipinto in quanto frammento” in cui, dopo un trattamento quasi esclusivamente conservativo, la lacuna viene lasciata senza stuccatura nel suo effettivo aspetto di rovina.

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