Restauro del grande piatto del servizio Este-Gonzaga
Fonte: Checucci Restauri di Barbara Checucci
Negli ultimi anni, il concetto di restauro conservativo sulle opere d’arte, nella fattispecie le ceramiche medioevali smaltate, si è evoluto. Una ventina d’anni fa si riteneva che l’intervento di restauro, doveva limitarsi alla “conservazione” dell’opera. Il restauro delle ceramiche comprende una vasta gamma di manufatti, dalla ceramica preistorica sino alla ceramica contemporanea; per ogni tipologia bisogna effettuare un intervento adeguato.
Per quanto riguarda le ceramiche medioevali policrome cioè quelle decorate a più colori, la tendenza dell’intervento di restauro prevedeva che le lacune fossero integrate utilizzando appositi stucchi a base cellulosica (derivati dalla polpa di cellulosa) della stessa tonalità dell’impasto leggermente sottotono; questo permetteva di evidenziare in modo indiscutibile l’integrazione dall’originale.
L’intervento non prevedeva un successivo ritocco a colore.
Oggi si cerca di appagare anche il lato estetico; un’opera fittile come la ceramica, esposta al pubblico in un contesto museale, deve essere letta nella sua totale integrità.
Problematiche del restauro della ceramica
Cenni storici sull’opera
Qualche mese orsono ho avuto un’importante esperienza di restauro: il grande piatto del servito Este-Gonzaga del 1579, di proprietà delle Civiche Raccolte di Arte Applicata ed Incisioni del Castello Sforzesco di Milano, raffigurante Ciro di Persia. Quest’opera faceva parte di un fastoso servizio nuziale, prodotto per le terze nozze del Duca Alfonso II d’Este con Margherita Gonzaga. Con questa figura la corte ferrarese visse l’ultima e forse la più splendida delle sue stagioni. Alfonso trascorse gran parte della sua gioventù alla corte francese di Enrico II. Tornò in Italia per sposarsi con Lucrezia de’ Medici il cui ingresso a Ferrara nel febbraio del 1560 diede l’avvio a feste, giochi, rappresentazioni teatrali e recite carnevalesche, che da lì in poi avrebbero connotato ancor più l’immagine splendida di questa città. Furono molti gli artisti protetti dal duca di Ferrara e grande fu il suo amore per la musica. Una speciale attenzione fu dedicata all’arricchimento della Biblioteca Estense, per la quale Alfonso ordinò la ricerca di tutti i volumi pubblicati dal momento dell’invenzione e della diffusione della stampa, in primo luogo i classici greci e latini. Alfonso II ebbe tre mogli legittime e rimase vedovo due volte, purtroppo senza eredi. Morta Lucrezia de’ Medici nel 1561, si risposò prima con Barbara d’Austria, figlia dell’Imperatore Ferdinando I, la quale morì nel 1572, poi con Margherita Gonzaga, figlia di Guglielmo Duca di Mantova e Monferrato, sposata nel 1579.
Proprio per questo matrimonio venne eseguito il fastoso servizio da tavola, di cui questo grande piatto ne è l’emblema, con l’iconografia di Ciro il Grande, Re dei Persiani, che prende prigioniero Astiage, Re dei Medi.
Descrizione
Al centro del piatto, nel cavetto, è raffigurata la scena con Ciro di Persia a cavallo, mentre sconfigge Astiage, contornato da altri simboli della mitologia.
Lungo la tesa è presente una decorazione a grottesche: al centro il motto “Ardet Aeternum”.
Stato di conservazione prima del restauro
L’opera aveva subito nel tempo diversi interventi di restauro; si presentava in molteplici frammenti incollati tra loro con colle d’origine animale.
Le integrazioni delle fratture e delle lacune presenti, erano state eseguite con gesso e colorate successivamente a freddo, con tempere. Il grande piatto è giunto presso il laboratorio di restauro, con quattro frammenti del bordo scollati.
Pulitura dell’opera e rimozione del precedente intervento
Dopo una prima pulitura della superficie, sono state rimosse le precedenti integrazioni, con l’ausilio di bisturi. In seguito il piatto è stato immerso in acqua deionizzata e solvente chetonico. Interessante da osservare, il particolare dei fori su alcuni frammenti; questa tecnica era usata nell’antichità per “cucirli” tra loro con grappe di ferro od ottone.
Sabbiatura dei frammenti
I vari frammenti sono stati sottoposti ad una delicata sabbiatura con microcristalli di vetro per eliminare le ultime tracce di collante rimasto sulle fratture; questa operazione viene effettuata utilizzando una sabbiatrice da laboratorio.
Assemblaggio dei frammenti nelle zone d’origine
L’assemblaggio dei frammenti nelle zone d’origine, permette di capire come iniziare la fase successiva dell’incollaggio.
Aiutandosi con dello schoc si uniscono i vari frammenti l’uno con l’altro.
Incollaggio
L’incollaggio è stato eseguito con resine bicomponenti(collanti epossidici) trasparenti colorate; a catalizzazione avvenuta(dopo circa 24 ore) la resina fuoriuscita in eccesso è stata eliminata meccanicamente con il bisturi e microtrapano.
Integrazione delle lacune e degli interspazi tra le fratture
La stuccatura è stata eseguita servendosi di stucchi bicomponenti e cellulosici. Dopo la levigatura, è stato steso con una spugna, uno strato di colore neutro a base di tempera acrilica; l’eccedenza è stata eliminata a bisturi.
Studio della gamma cromatica e integrazione pittorica
Questa è la fase che permette di studiare e, successivamente eseguire, un ritocco sotto tono delle parti integrate. E’ eseguita a pennello; in questo intervento si è scelto di riprendere tutte le zone integrate tranne una parte della decorazione a grottesche della tesa.
Terminato il restauro, è possibile ammirare nella sua completezza il grande piatto, senza avere eseguito interventi pittorici arbitrari, nel rispetto dell’opera.
Galleria Fotografica
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