La Diagnostica

Diagnostica nel restauro pittorico

Fonte: Testi liberamente tratti da Artis, Cd Rom realizzato all’interno del programma INFO 2000 della Commissione Europea. Direzione scientifica: Manfredi Faldi, Claudio Paolini. Documentazione scientifica: Manfredi Faldi; distribuzione Giunti Multimedia – Email:info@artenet.it  “Il Restauro dei dipinti e  sculture lignee” di  Giuseppina Perusini del Bianco Editore

È ormai luogo comune ricordare come un intervento di restauro su un opera d’arte debba essere preceduto da una raccolta, più ampia possibile, di notizie storiche e di analisi a carattere scientifico finalizzate ad una conoscenza approfondita dell’oggetto, in modo da impostare in maniera corretta la stessa operazione di restauro.
L’ esame scientifico non può e non deve essere fine a se stesso, ma deve rappresentare la raccolta di un insieme di dati ottenuti con l’ applicazione dei diversi metodi di analisi, la cui elaborazione deve costituire la base per una collaborazione fra esperti dei settori tecnico, scientifico e storico che, attraverso una valutazione globale, potranno trarre le più corrette conclusioni. 

Le informazioni ottenibili con le metodologie diagnostiche non sono di facile interpretazione se non si conoscono i principi su cui si basano. Al tempo stesso risulta estremamente utile che l’esecuzione degli esami sia fatta, per quanto possibile, dal restauratore stesso: questi, via via che procede nell’esecuzione materiale dell’intervento, potrà rielaborare e interpretare correttamente ciò che le indagini gli hanno mostrato, potrà valutare con precisione quando e in quali zone eseguire nuovamente gli esami ed eseguire gli eventuali prelievi da sottoporre all’indagine del laboratorio chimico.

Gli esami diagnostici si possono dividere in due categorie: Esami effettuati nel dominio delle radiazioni visibili e quelli effettuati nel dominio delle radiazioni invisibili.

Esami nel Dominio delle radiazioni Visibili

L esame ad occhio nudo, con la semplice luce solare o artificiale, cioè impiegando le radiazioni visibili, che hanno lunghezza d onda compresa all’incirca fra i 380 e i 760 nanometri (un nanometro o millimicron  corrisponde ad un miliardesimo di metro) è sempre il primo a cui un opera viene sottoposta e, se condotto da un occhio esperto, può già dare moltissime informazioni sullo stato di conservazione dell’opera.

Luce Radente e luce monocromatica di sodio

Luce Trasmessa

La Macrofotografia

Esami nel Dominio delle radiazioni Invisibili

Per effettuare indagini sui materiali e sullo stato di conservazione delle opere d arte si sta sempre più diffondendo l’uso di radiazioni non visibili all’occhio umano. Tali sistemi, che con un termine inglese vengono definiti remote sensing analysis, poiché utilizzano dei mezzi che sono lontani dalla nostra percezione, consistono nell’impiego dei raggi ultravioletti (U.V.), dei raggi infrarossi (I.R.), dei raggi Rontgen (raggi X) e dei raggi gamma.
Queste tecniche richiedono l’impiego di una sorgente di radiazioni e di un ricettore capace di registrarne gli effetti sull’opera e di renderli percepibili all’occhio umano. A seconda del tipo di registrazione possiamo distinguere queste tecniche in fotografiche e strumentali, poiché la registrazione può essere fatta con pellicole fotografiche o con strumenti elettronici.

Nei capitoli specifici tratteremo dei seguenti tipi di esame:

Fotografia all’Infrarosso

La Riflettografia IR

Fluorescenza UV

La Radiografia RX

mentre in questa pagina tratteremo brevemente di :

Raggi Gamma

La Fotogrammetria

L’ OLografia

Gli Ultrasuoni

I Raggi gamma

Tali radiazioni, di impiego relativamente recente, possono avere diverse utilizzazioni in campo artistico. Ovviamente vanno impiegate con le dovute precauzioni poiché si tratta di radiazioni molto pericolose per gli organismi viventi. Tale caratteristica fa sì che i raggi gamma possano venir utilizzati anche come disinfestanti oltre che come catalizzatori di alcune resine impiegate per il consolidamento del legno.
I raggi gamma infine possono venir utilizzati per l’indagine in profondità di oggetti tridimensionali (statue, ecc.) eseguiti con materiali molto «opachi» (come marmo e bronzo) in modo simile a quello che abbiamo visto per i raggi X: l’immagine dell’oggetto viene infatti registrata su una lastra radiografica posta alle spalle dell’oggetto stesso

La Fotogrammetria

Con la fotogrammetria è possibile ottenere l’immagine (grafica) stereoscopica di un oggetto con le misure esatte e perfettamente in scala, evitando il lungo lavoro del rilevamento diretto.  La fotografia riproduce fedelmente un oggetto solo qualora questo sia piano e posto perpendicolarmente all’asse ottico di ripresa. Nel caso di un oggetto tridimensionale l’immagine fotografica costituisce dunque una proiezione sul piano dei diversi punti di un oggetto altrimenti disposti nello spazio. Per ottenere la raffigurazione esatta di un oggetto tridimensionale sono dunque necessario due riprese fotografìche eseguite da angolazioni diverse (analogamente a quanto avviene per la ripresa o la visione stereoscopica). Tale è appunto il metodo della fotogrammetria che consiste nella rilevazione fotografica e nella riproduzione grafica di un oggetto, di un monumento o di un paesaggio utilizzando due camere fotogrammetriche (che sono delle macchine fotografiche con particolari caratteristiche) montate all’estremità di un cavalletto, il che consente il posizionamento delle camere in maniera che la loro distanza e l’angolazione siano ben determinate.
Tale metodo permette dunque una rilevazione estremamente precisa della geometria di un oggetto e può quindi essere impiegato per registrare fedelmente lo stato di un manufatto e le sue eventuali modificazioni nel tempo.
Il rilievo fotogrammetrico può essere usato per studiare un edificio (ed il suo eventuale stato di degrado) ma anche una statua o un affresco;
recentemente infatti è stato impiegato, assieme ad altri metodi, nel «Salone dei 500» (in palazzo Vecchio a Firenze) per ricercare le tracce dell’«affresco» di Leonardo raffigurante la «Battaglia di Anghiari».

L’ Olografia (indagini con il raggio laser)

Il termine olografìa deriva dal greco e significa «registrazione integrale». Infatti per mezzo dell’olografia si può registrare su una pellicola simile a quelle fotografìche l’immagine tridimensionale dell’oggetto in esame. Tale sistema, concepito nel 1947 dal fisico americano Dennis Gabor, divenne di più largo impiego a partire dal 1960, cioè dopo l’avvento del laser, infatti l’immagine registrata diventa visibile illuminando l’ologramma con la luce di un laser (che è rigorosamente monocromatica, cioè con una sola lunghezza d onda). Oltre all’evidente vantaggio di fornire una documentazione tridimensionale dei manufatti artistici, tale sistema è stato usato anche per studiare lo stato di degrado non immediatamente percepibile di taluni oggetti (ad esempio le alterazioni degli strati profondi di un dipinto su tavola) e le reazioni di alcuni materiali a determinati stress

Gli Ultrasuoni

Gli ultrasuoni vengono usati nel campo del restauro sia per scopi diagnostici sia per scopi operativi (pulizia di oggetti d arte), ma qui ci interessano soprattutto i primi. Con gli ultrasuoni infatti si possono ottenere informazioni sulle discontinuità eventualmente presenti ali interno di un mezzo materiale.
Come è noto gli ultrasuoni sono onde sonore che hanno frequenza superiore ai 20.000 Hz (sono percepibili le onde sonore con frequenza compresa fra i 20 e i 20.000 Hz) e la loro velocità di propagazione (V) dipende dalla densità (D) e dalla elasticità (E) del mezzo materiale entro cui si diffondono (V = E/D). Le onde sonore infatti si propagano più rapidamente nell’acqua (1430 m/sec.) o in un corpo metallico (5000 m/sec.) che nell’aria (340 m/sec.). Ogni mezzo materiale tuttavia oppone una certa resistenza all’attraversamento da parte di un fascio di ultrasuoni, tale resistenza viene detta impedenza acustica (Z) ed è il prodotto della densità del mezzo (D) per la velocità (V) di propagazione m esso degli ultrasuoni (Z = D x V). Attraversando materiali di differente impedenza acustica il fascio ultrasonico viene in parte trasmesso e in parte riflesso. Nelle indagini con ultrasuoni si calcola il tempo che intercorre fra l’emissione degli ultrasuoni e l’eco di ritorno provocata da qualche discontinuità materiale nel mezzo in esame (si parla infatti di ecografia a ultrasuoni). Questo tempo (T) è strettamente correlato con lo spazio (S) percorso dagli ultrasuoni e con la loro velocità (V); pertanto conoscendo una di queste due grandezze e misurando il tempo si può risalire all’altra, giacché S = V x T. Se ad esempio conosciamo lo spessore di un corpo, possiamo risalire, per mezzo di questa formula, alla velocità di propagazione degli ultrasuoni nel mezzo stesso e questo ci può fornire importanti informazioni sullo stato di conservazione di tale materiale poroso (pietra, intonaco), giacché quanto più questo è poroso (e quindi degradato) tanto più lentamente si propagano in esso le onde sonore.
Viceversa, conoscendo la natura di un materiale e quindi la velocità di propagazione in esso degli ultrasuoni (esistono apposite tabelle) si può risalire alla determinazione del suo spessore.
Bisogna tuttavia tener presente che tale metodo d indagine va utilizzato con la dovuta cautela, giacché gli ultrasuoni possono sottoporre i materiali analizzati a pericolosi stress fisici.

Indagini Invasive

Le indagini si possono poi distinguere due categorie:  “esami non distruttivi” ed “esami distruttivi”. La distinzione dei metodi d indagine in «distruttivi» e non «distruttivi» può dar luogo a qualche equivoco, bisogna precisare infatti che le indagini cosiddette «distruttive» comportano il prelievo di un campione microscopico che non arreca alcun danno all’estetica e alla consistenza materica dell’opera e la cui analisi, per contro, può contribuire a rallentare o a prevenire i processi di degrado dell’opera stessa.

•La Stratigrafia

•Analisi Chimiche

•Analisi Istochimiche

•Cromatografia

•Gascromatografia

•Cromatografia di Ripartizione

•Cromatografia di Assorbimento

•Spettrofotometria di Assorbimento

•Diafrattometria a Raggi X

•Fluorescenza ai Raggi X

•Spettrografia di emissione

•Spettrometria di assorbimento

•Spettrometria di massa

Vai all’approfondimento delle Indagini Invasive     

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