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Corso di Restauro della Ceramica

Fonte:  Prof. Fabrizio Scottoni Associazione QUAE ANTE  Arti e Restauri d’Arte
Premessa

La presente dispensa, che per forza di cose non può esaurire il vastissimo argomento del restauro della ceramica, ha il compito di introdurre alle problematiche e l’ ambizione di fornire gli strumenti concreti per affrontare gran parte degli inconvenienti che possono verificarsi.
La conoscenza delle tecniche, degli strumenti e dei materiali da utilizzare, costituisce la base necessaria di partenza per chi intende intraprendere l’attività di restauro delle ceramiche.
E ovvio che trattandosi di operazioni manuali la quantità di ore spese nell’esercitazione, nella pratica quotidiana, sono di fondamentale importanza per migliorare, perfezionare, correggere e velocizzare il lavoro.
Quest’ultimo aspetto è di grande importanza per i restauratori di professione, perché incide in modo determinante sui tempi di produzione – che comunque non devono mai inficiare la qualità del restauro – sulla quantità di lavoro occorrente e quindi sui preventivi di spesa per il cliente committente.
Prendere “cantonate”, commettere errori anche macroscopici, in sede di effettuazione di preventivi, sulla prevedibile durata del lavoro e sui costi dei materiali sono inconvenienti nei quali possono incorrere anche restauratori con una certa esperienza. E solo la pratica che dà la possibilità di quantificare con una bassa dose di approssimazione la quantità di lavoro occorrente nei singoli specifici casi.

La presente dispensa (…), è il frutto di oltre venti anni di esperienza che ha consentito la messa a punto di un sistema per l’apprendimento della materia, senza fronzoli, nozioni inutili o metodiche superate.
Se, per quanto riguarda il restauro specifico delle porcellane, esistono testi ed una scuola, quella inglese, che in una certa misura “esaurisce” l’argomento e dà risposte ai problemi, non altrettanto si può dire per tutti gli altri tipi di ceramica.
Di scritto esiste molto poco oppure è molto specifico.
Ciò rafforza di molto l’utilità e l’originalità della presente lavoro.

Introduzione al restauro.

L attività di restauro delle ceramiche di solito viene considerata un operazione facile che può essere svolta con buoni risultati senza una specifica preparazione. E infatti diffusa l’idea che si tratti di una materia di serie B nell’ambito del restauro. Secondo questa idea, occorrerebbero soltanto una buona colla e un po di buona volontà e precisione.
La realtà è ben diversa. Le operazioni di restauro degli oggetti ceramici, a qualsiasi periodo essi appartengano, necessitano della stessa cura, cautela e preparazione di qualsiasi altro materiale. Anzi, per certi aspetti si può dire che l’infinita produzione di ceramiche che ovunque nel mondo ha accompagnato la storia dell’uomo amplifica la specificità dell’intervento del restauratore. A infinite qualità di ceramica corrispondono infinite forme e dimensioni degli oggetti ed a infinite possibilità di deterioramento dovuto a fattori chimici corrispondono infinite possibilità di mancanze, fratture, lesioni o rotture di tipo meccanico o fisico.
Per questo, nel settore in questione più che in altri, non si finisce mai di imparare, di sperimentare.

Inoltre l’approccio al restauro, anche per le ceramiche, non può prescindere dalla conoscenza di alcuni concetti che ne stanno alla base.
Questi riguardano, ed il restauratore deve sempre tenerli presente, tutti i campi della conservazione perché tutti i materiali costituiscono testimonianza di livelli artistici, storici e culturali che fanno parte della storia e della civiltà umana.
Per questo tale patrimonio deve poter essere conservato al meglio per le generazioni future.

I principi ispiratori e universali sono descritti nella famosa “Carta del restauro“, varata ad Atene oltre 60 anni fa, che è stata fatta propria da tutto il mondo civile ed è ancora attuale.
Essa esprime i seguenti concetti:

  1. il restauro ha fini conservativi;
  2. il ripristino deve basarsi solo su elementi esistenti e non su ipotesi ricostruttive; l’ anastilosi, cioè la ricomposizione di parti esistenti smembrate, deve essere svolta con l’aggiunta eventuale di elementi neutri che rappresentino il minimo necessario per integrare la linea e assicurare le condizioni di conservazione;
  3. gli elementi aventi un carattere artistico o storico, a qualunque epoca appartengano, devono essere conservati senza che il desiderio dell’unità stilistica e del ritorno alla primitiva forma intervengano ad escluderne alcuni a detrimento di altri;
  4. nel caso di aggiunte che si dimostrassero necessarie per ottenere un consolidamento, o per raggiungere lo scopo di una reintegrazione parziale o totale, il criterio essenziale da seguirsi è, oltre a quello di limitare tali elementi nuovi al minimo possibile, anche quello di dare ad essi un carattere di nuda semplicità e di rispondenza allo schema costruttivo, in modo tale che mai nessun restauro eseguito possa trarre in inganno gli studiosi e rappresentare una falsificazione del documento storico;
  5. per rinforzare ciò che è autentico di un monumento o di un reperto, possono essere utilizzati mezzi costruttivi moderni, purchè rigidamente scientifici, e per il possibile analoghi agli antichi;
  6. negli scavi che rimettano in luce opere antiche, il lavoro deve essere eseguito con criteri scientifici e con interventi che evitino i rischi di danneggiamenti (il restauro preventivo in luogo);
  7. come nello scavo, così nel restauro, condizione essenziale e tassativa è di realizzare una documentazione precisa che accompagni i lavori, mediante relazioni analitiche raccolte in un giornale di restauro e illustrate da disegni o fotografie, sicchè tutti gli elementi della struttura e della forma dell’oggetto, tutte le fasi di pulizia, di ricomposizione, di completamento risultino acquisite in modo permanente e sicuro.

Fatta questa premessa teorica, che spesso sarà ripresa nella presente dispensa, è opportuno soffermarsi sulle motivazioni che spingono diverse persone a dedicarsi all’attività di restauro di qualsiasi manufatto – di legno, di ceramica, di materiale lapideo, di metallo.

Di solito si presentano tre casi: 

  • la ricerca di una attività professionale e interessante cui dedicarsi;
  • lo stato di necessità a seguito dell’usura o della rottura di propri oggetti di pregio;
  • un passatempo, un hobby che consenta di trascorrere il tempo libero in piena soddisfazione di spirito o di mente.

Di fronte a qualsiasi materiale, l’ attività di restauro è costituita da una pluralità di operazioni successive, finalizzate al recupero e alla conservazione di manufatti, creati in tempi più o meno lontani e caratterizzati da un determinato valore storico, artistico o anche affettivo.
La pratica del restauro deve essere perciò svolta nel miglior modo possibile, con tecniche aggiornate, utilizzando materiali idonei già “testati”. E anche opportuno essere in possesso di conoscenze, dati, nozioni e riferimenti relativi all’epoca, ai luoghi ed agli stili in cui quegli oggetti sono stati realizzati.
Un attività, dunque, complessa, suscettibile di continui arricchimenti culturali e nozionistici; un attività, in definitiva, tanto interessante quanto preziosa.

L’ opera di restauro di oggetti di ceramica si è molto evoluta nel corso dei secoli ed in particolare negli ultimi decenni, grazie al perfezionamento degli strumenti e dei composti chimici utilizzati.
In aggiunta ai concetti guida della “Carta del restauro” è opportuno fare riferimento, ad altre questioni basilari che sono venuti affermandosi:

La prima è quella riguardante la cosiddetta “reversibilità” del restauro.
Non di rado gli oggetti di ceramica si presentano con evidenti segni di incollaggi, stuccature, applicazione di colori, ecc. effettuati in modo grossolano e non appropriato da precedenti restauratori.
C’ è da dire in proposito che, se attualmente la figura del restauratore è quella di uno specialista, non altrettanto si può dire per le epoche passate. Molto spesso era lo stesso artigiano dotato di grande manualità che creava l’oggetto al quale capitava di riparare lo stesso.
I materiali che però venivano utilizzati non erano evoluti come gli attuali.
Capita molto spesso, pertanto, che la prima operazione del restauro consista nella rimozione degli interventi praticati in passato che risultano non idonei e che deturpano, non garantiscono stabilità, alterano la forma e rendono impresentabile l’oggetto.
Bisogna così eliminare sostanze improprie, talvolta assai poco solubili.
Il che richiede grande attenzione, ma soprattutto cognizioni specifiche sui materiali da rimuovere, senza che la nuova opera di restauro possa in alcun modo danneggiare l’oggetto in quanto a composizione, dimensione ed estetica.
Bisogna anche tener presente che tutti i materiali ceramici, anche se conservati nelle migliori condizioni di luce, umidità e temperatura, come pure ogni operazione di restauro, sono soggetti a deterioramento ed usura, con processi più o meno lenti o a seguito di azioni chimiche o di eventi traumatici.
Si rende anche necessario che il restauratore abbia la possibilità di rimuovere facilmente il suo stesso lavoro, se questo risulta insoddisfacente.
In tutti questi casi e per tantissimi altri motivi deve poter essere consentita la reversibilità del restauro, che ovviamente riguarda i materiali adoperati.

Altra regola da tener presente, già illustrata dalla “Carta”, e che riguarda principalmente la ceramica archeologica e di scavo, ma anche quella di epoca medievale e rinascimentale, consiste nella cosiddetta individuabilità delle parti non originali e ricostruite.
Queste parti devono presentarsi integrate in modo armonico ed esteticamente pregevole con quelle autentiche che, in ogni caso, dal punto di vista quantitativo, del volume o della superficie, dovrebbero essere prevalenti.
Del resto, un oggetto, anche se presenta parti rotte o mancanti, testimonia pur sempre e “arricchisce” in qualche modo la conoscenza delle vicende che lo hanno caratterizzato ed accompagnato nel corso dei secoli.
Un oggetto fratturato e ricostruito ha quindi un suo pregio storico ed artistico; l’opera del restauratore sarà perciò tanto più apprezzabile, quanto più l’oggetto, pur frammentato ma ricomposto a regola d arte, manterrà intatta la testimonianza storica, le sue vicende specifiche ed il suo valore artistico.

Ogni problema che si incontra nel restauro deve poter suggerire il metodo per risolverlo e quindi, se una ulteriore regola si può dare, è quella del regolarsi attraverso un analisi del “caso per caso”. Buon lavoro.

Cos’ è la ceramica

Sotto il nome “ceramica” devono essere compresi tutti i materiali cosiddetti “fittili”, cioè composti di argilla – prima manipolata e poi cotta – che l’uomo ha utilizzato sin dalla preistoria, per costruire gli oggetti che oggi necessitano di restauro.

Come si sa, l’ argilla o creta è una roccia di due tipi:

sedimentaria formatasi con il consolidamento del fango alluvionale (la più frequentemente utilizzata);
residuale o caolino da cui si ottiene la porcellana. 

Dell’argilla si hanno infiniti tipi, a seconda della combinazione del componente base che è il silicio con altre materie.
Quando l’ uomo l’ ha imparata ad usare, impastare e cuocere per ottenere gli oggetti artistici o d’ uso quotidiano di cui aveva bisogno, si è servito di tecniche diverse, ma anche della sua fantasia, del suo estro creativo, tramandandoci così gli oggetti che sono ora tra le nostre mani.
Se lo storico dell’arte ha il compito di collocare storicamente i manufatti e di capirne l’espressione artistica e culturale, il restauratore ha quello di riconoscere i vari tipi di ceramica, l’ impasto utilizzato, gli elementi specifici che determinano l’usura ed il peggioramento delle condizioni e di essere aggiornato sulle tecniche e i materiali da utilizzare per il restauro e la conservazione nel tempo.

A prescindere dal valore storico artistico di ciascun pezzo da restaurare, è necessario per il restauratore conoscere di che tipo di ceramica si tratti e le sue principali caratteristiche.
In tutti i campi del sapere si applicano semplificazioni, schematizzazioni, vengono introdotte categorie, che a volte appaiono arbitrarie.
Ma ciò si rende necessario per meglio affrontare i problemi da un ottica specifica.
Per quanto riguarda il punto di vista del restauratore, la semplificazione operata è in relazione alla composizione e alle qualità specifiche dell’impasto ceramico.
Da questo punto di vista i tipi di ceramica più noti e diffusi, ridotti in categorie sono:

Ceramica detta di “Impasto”:

E un tipo di C. usata da sempre, dall’età preistorica ad oggi, per realizzare oggetti e vasellame soprattutto d uso comune.
L’ argilla adoperata non è depurata; è impastata spesso con pietra tritata, sabbia, paglia, polvere di carbone ed altri materiali per evitare il verificarsi di screpolature o fratture durante la cottura, che, come si sa, produce sempre una più o meno piccola percentuale di ritiro.
Si tratta di C. cotta a fuoco libero e, successivamente, in forni molto poco controllabili in quanto a gradazione di calore e spesso presenta delle vere e proprie “sfiammate” caratterizzate da diversità di colori, da toni e sfumature non omogenee.
Il colore prevalente può variare: si va dal bruno al nero, dal grigio al rosso all’ocra, più o meno scuri.
Non presenta quasi mai decorazioni pittoriche, anche se da un certo periodo in poi (circa XII – XI sec a.C.) vengono introdotti sistemi di graffitura e poi (IX – VIII sec a.C.) si perfezionano forme di ingobbio, steccatura e verniciatura.
C è da aggiungere che ancora oggi viene utilizzato questo tipo di impasto un po grossolano;

Terracotta:

E il frutto, più evoluto e perfezionato dell'”impasto”, prodotto dalla cottura di argille più o meno ricche di ossido di ferro (che determina la colorazione prevalentemente rossastra) e di carbonato di calcio (che produce la colorazione tendente al giallo ocra).
La T. è stata ed è utilizzata in tutte le epoche e da tutte le culture.
La T. si presenta più o meno depurata e porosa e può essere realizzata al tornio o a mano libera, a colaggio o a stampo, per realizzare recipienti o oggetti plastici;

Ceramica della Grecia classica:

E quella che viene prodotta nella Grecia del massimo splendore artistico.
E caratterizzata da una grande varietà di forme e dalla raffinatezza delle decorazioni pittoriche.
Si può dire che la massima espressione dell’arte ceramica nella intera storia dell’uomo è stata raggiunta nella C. attica, corinzia, ecc, e in quella prodotta nella Magna Grecia.
Il periodo d oro è quello compreso tra il VII e il III sec a.C..
Gli stili principali di produzione (che riguardano soprattutto la decorazione) si possono riassumere in quattro: geometrico, orientalizzante, a figure nere e a figure rosse.
L’ impasto ceramico è moderatamente poroso ed i colori utilizzati sono ottenuti con argille molto depurate che subiscono processi laboriosi di lavorazione, decantazione e purificazione; i colori variano dal rosso, al nero, al rosa, al giallo, al violaceo, al bianco;

Bucchero etrusco:

Si tratta di diverse tipologie di vasi con impasto moderatamente poroso di colore dal grigio scuro al nero.
Si distinguono due tipi di Bucchero: quello cosiddetto leggero con spessori molto sottili (VII – VI sec a.C.) decorato col bulino, graffito a motivi geometrici o stampigliato con bassorilievi e quello pesante (V sec a.C.) più grossolanamente lavorato.
Non ha decorazioni pittoriche;

Maiolica o Faience:

Si chiama maiolica una terracotta smaltata e decorata – e per questo non mostra il colore naturale della ceramica – in uso dall’VIII-X sec. in poi.
L apice artistico si ebbe nel periodo rinascimentale.
E costituita da una terracotta più o meno porosa, rivestita di smalto ed invetriata che la rende impermeabile. Tale metodo di realizzazione di C. fu importato dall’oriente islamico, che a sua volta lo ereditò dagli antichi fenici.
In Italia le “Faience” sono di tre tipi: M. ricoperte di vernice cristallina, M. ingobbiate, M. rivestite di smalto stannifero.
Nel periodo più antico la gamma dei colori era limitata alle terre naturali ed agli ossidi metallici e questi erano: il verde ottenuto dall’ossido di rame, il bruno viola dall’ossido di manganese, il giallo dall’antimonio, l’ azzurro dal cobalto, il bianco dallo zinco, il rosso dall’ossido di ferro, il nero dall’ossido ferroso, ecc;

Terraglia:

La T. (tenera e dura) è un tipo di ceramica leggera, utilizzata soprattutto per la produzione di stoviglie d uso comune, resistente e porosa a impasto bianco, ricoperta con vernice piombifera che ebbe sviluppo soprattutto nell’Inghilterra del XVIII secolo.
Le decorazioni sono ottenute attraverso lo stampaggio con decalcomanie di paesaggi, scenette, motivi floreali e cineserie;

Gres:

Il G. è un prodotto ceramico cotto ad alte temperature. Presenta corpo compatto, molto resistente e non poroso.
Il colore varia dal grigio al bruno scuro, raramente al biancastro. E ottenuto cuocendo fino alla vetrificazione un impasto di argilla di roccia sedimentaria con sabbia quarzifera;

Porcellana:

E un tipo di C., diffusa in Cina sin da epoche remote, contenente feldspati e caolino ed è ottenuta a grandi temperature.
Si presenta compatta, resistente all’usura, lucente, impermeabile e assolutamente non porosa.
Il colore dell’impasto semi-trasparente è prevalentemente bianco, bianco crema, bianco azzurrognolo.
La decorazione, realizzata in Europa in seconda e terza cottura, è la più varia. Sono frequenti le decorazioni con oro zecchino;

Creta “autoindurente” o Das:

E un tipo di creta mescolata a sostanze gommose. Una volta essiccata viene dipinta a freddo.
Non può essere definita ceramica, mancando la fase della cottura.
Ciò nonostante rientra tra i materiali che il restauratore di ceramiche deve provvedere a restaurare.

Allo scopo di avere le idee ancor più chiare sui procedimenti di realizzazione degli oggetti in ceramica, si illustra di seguito, sia pure in maniera schematica, il ciclo della ceramica:

Dalla creta o argilla (colore grigio, verde, bianco, rosso) dopo avere o no applicato l’ ingobbio attraverso la fase di  essiccamento si ottiene il  crudo secco

1) si passa quindi alla  prima cottura a grande fuoco detta anche biscottatura.

2) Sul biscotto si può fare la  smaltatura (maiolica). Sullo smalto o sul biscotto si può applicare una decorazione pittorica.

3) Quindi si passa alla  invetriatura E si sottopone la ceramica alla seconda cottura a grande fuoco.

4) Eventualmente si può applicare decorazione sopravernice (con colori, oro, decalcomanie, ecc.)

5) per cuocere quindi ad una terza cottura a piccolo fuoco.

Per quanto riguarda la definizione delle forme tipologiche di contenitori e vasi in ceramica, va detto che queste, per la maggior parte, si rifanno ai canoni di produzione e alle definizioni della Grecia classica.
Esse sono: l’ Anfora (tirrenica, ovoidale, a pannelli, panatenaica, a collo separato, nicostenica, nolana, ecc.), il Pelike, il Deinos, il Psikter, il Lebes, il Cratere (a colonnette, a calice, a volute, a campana), lo Stamnos, l’ Hydria, il Kalpis, lo Oinochoe, l’ Olpe, il Lekitos, la Pixis, il Kantharos, il Kiathos, lo Skyphos, la Kylix, l’ Ariballos.

Il laboratorio

Per restaurare al meglio oggetti ceramici sono richiesti alcuni requisiti minimi.
In questo, come in tutti gli altri settori del restauro, la pura manualità e l’arte di improvvisare soluzioni con fantasia, creatività ed inventiva hanno uno spazio molto rilevante, per risolvere, come si vedrà, problemi particolari.
Il restauro delle C. consiste in una sequenza di operazioni, ognuna delle quali è caratterizzata dall’utilizzo di materiali diversi e dall’applicazione di tecniche appropriate.
Per poter restaurare oggetti ceramici è necessario disporre di strumenti adatti e appropriate condizioni di lavoro.

Per raggiungere gli obiettivi prefissati, il lavoro deve essere svolto innanzitutto in un ambiente idoneo e nelle migliori condizioni possibili.
Il laboratorio o l’angolo di casa dove il restauratore di C. opera deve essere comodo, ben illuminato e con le attrezzature necessarie a portata di mano.
Per questo l’ordine deve essere curato particolarmente.
Ogni volta che si finisce di lavorare, bisogna dedicare del tempo alla pulizia del banco di lavoro, degli attrezzi e a sistemare ogni cosa al suo posto.

Sembrano cose banali, ma è opportuno in apertura del programma, sottolineare l’importanza e l’attenzione da dedicare all’argomento “ordine” prima, durante e dopo il lavoro. Dall’ordine che si ha intorno dipendono spesso i risultati che si devono raggiungere.
In quanto a ordine, pulizia e modo di lavorare, il riferimento “ideale” cui indirizzarsi potrebbe essere lo studio dei “restauratori di denti”, i dentisti, anche perché con questa professione esistono sicuramente molti aspetti in comune.
Il tempo dedicato al riordino è dunque da considerare parte integrante delle fasi del restauro.

Molta cura deve essere prestata alla eliminazione ed alla protezione dalla polvere.
A questo proposito va detto che due fasi particolari del restauro, quella della levigatura nella quale si produce polvere, e quella della decorazione o ritocco pittorico, andrebbero svolte in locali distinti.
Se però si dispone di un solo locale, particolare cura deve essere dedicata per eliminare la polvere via via formatasi.
Per stipare i vari attrezzi, oggetti e materiali sono da preferirsi armadi o contenitori dalla chiusura ermetica a prova di polvere.

Il restauro di C. è un lavoro di assoluta precisione. Per questo va svolto con calma, tranquillità e pazienza.
Se si va di fretta, è preferibile rimandare ad altro momento e non cominciare affatto.
Il rischio, come si vedrà più avanti, è quello di sprecare tempo ed energie in operazioni non eseguite a regola d arte. Ciò spesso implica di dover riprendere il lavoro dall’inizio.

L illuminazione deve essere adeguata.
La luce migliore in assoluto è quella del sole.
Se questa purtroppo per vari motivi non la si ha o non la si può quasi mai utilizzare per via degli orari a disposizione, si deve ricorrere alla luce artificiale.
La condizione ottimale di illuminazione artificiale è quella di posizionare la lampada (meglio ancora se due) a circa 40 – 50 cm dall’oggetto da restaurare, alle spalle di chi lavora.
Le lampadine da preferirsi sono quelle “a luce solare”, di colore azzurro, da 100 watt, perché non alterano i colori reali come invece accade se si utilizza il neon o le normali lampadine bianche o opache a resistenza che tendono ad ingiallire ed alterare i colori.

Vale la pena a questo punto spendere due parole sulla nocività specifica del lavoro del restauratore per richiamare l’attenzione su alcune precauzioni da osservare.
L attività di restauro è svolta completamente a livello manuale, con scarsissimo utilizzo di utensili elettrici. Il lavoro presenta perciò rischi specifici da non sottovalutare per la tutela della propria salute.
I problemi sono soprattutto per l’apparato respiratorio per via delle polveri che si respirano e dei vapori derivanti dall’uso di sostanze volatili contenute in solventi, diluenti, resine chimiche e sintetiche di cui molto spesso non si conoscono neppure i componenti ed il loro grado di nocività per via del segreto industriale.
E quindi opportuno sin dall’inizio abituarsi all’uso di maschere protettive.
Queste sono di due tipi: ad azione fisica per quanto riguarda il filtraggio delle polveri (difficilmente si può disporre di un efficace aspiratore elettrico) e ad azione anche chimica, in grado con gli appositi filtri di neutralizzare le sostanze volatili e i vapori nocivi.
In certi casi poi, quando si manipolano determinati materiali, è importante l’uso di guanti sottili per prevenire forme di dermatite allergica ed eczemi.

Infine, il locale o l’angolo della casa destinato ad ospitare il lavoro di restauro, deve essere dotato di una buona ventilazione con possibilità di veloce ricambio dell’aria; non deve essere umido, né particolarmente freddo per non compromettere incollaggi, impasti, ecc.

2 pensieri riguardo “Corso di Restauro della Ceramica

  • Paola Cerino Marfé

    Ottimo lavoro, ho trovato il corso molto interessante. Sono una ceramista appassionata di restauro nel quale mi sono spesso cimentata con oggetti vari. In passato ho anche provato a cercare dei corsi ma con scarsi risultati. Mi piacerebbe avere informazioni in tal senso. Se esistono dei corsi da poter frequentare anche individuali , sono di Napoli e fuori tempo per la scuola. Spero di avere qualche notizia grazie.

    Rispondi
  • Buongiorno e grazie per l’apprezzamento.
    per quanto riguarda corsi di restauro della ceramica a Napoli non le so dare suggerimenti particolari. Poiché oggi tutte le scuole e le iniziative di questo genere sono pubblicizzate in rete penso che la strada più semplice sia consultare internet, anche se credo lei lo abbia già fatto.
    saluti

    Rispondi

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