Iconografia

Simbologia dell’ Icona

La Luce 

Affinchè l’uomo possa riconoscere la forma delle cose, ha bisogno della luce che le illumini. Questo ruolo della luce nella realtà è anche quello nell’arte: ruolo indispensabile e notevole.
L immagine primitiva del contrasto tra la luce e la notte ha fatto nascere un particolare simbolismo: luce e tenebre evocano vita e morte, bene e male.
La luce è un qualcosa di inafferrabile, impalpabile, mentre ciò che non è luce lo si considera opaco e viene espresso con il nero. Quindi l’assenza di luce indica una cosa compatta, è segno di materialità, mentre la luce è simbolo dell’invisibile.

Radice antiche dell’arte Bizantina

 L’ anima dell’arte bizantina è sicuramente la luce. Le sue radici si trovano in un epoca dove la forma dominava la bellezza classica. Gli antichi pensavano che l’occhio emettesse una sua luce e l’oggetto la sua; si ottiene la visione quando si forma un mezzo omogeneo tra l’occhio e l’ oggetto.
Secondo Platone il Bene è il principio di ogni esistenza, in quanto genera nell’uomo l’intelligenza e la verità e si riflette nel mondo materiale per mezzo della luce.
La luce penetra nella realtà e grazie a essa gli esseri ricevono bellezza e bontà reale. L oro, la folgore e il fuoco sono belli in sè stessi perchè sono luce; il resto delle cose è bello solamente in quanto riflette luce, e quindi senza di essa la materia è tenebrosa.
Per Plotino la luce ha un significato religioso: permette di sfuggire alla condizione umana, al mondo della materia.
Per scorgere la luce interiore, occorre sostituire l’occhio interiore agli occhi del corpo.

La dottrina dello Pseudo-Dionigi

L’ autore che ha dato un impronta al Medio Evo e alla sua arte è lo Pseudo-Dionigi l’Aeropagita.
In Occidente la sua ispirazione all’infinito della luce forma il fondamento del pensiero: «La luce costituisce la perfezione e la bellezza delle cose corporali».
La sua dottrina ha una doppia struttura, vi è il cosmo intelligibile e il cosmo sensibile.
La luce immateriale di Dio è soprattutto comunicata alle gerarchie superiori degli spiriti celesti. Questi la trasmettono alle gerarchie inferiori e l’ultimo spirito la dà alla gerarchia ecclesiastica sottoforma di sacramenti. Questi devono trasmetterla agli uomini per la loro illuminazione e purificazione. Gli uomini si purificano così da ogni dissomiglianza con Dio per elevarsi verso di lui. Quindi si produce un movimento di ritorno.
Un altra caratteristica della dottrina dello Pseudo-Dionigi è la struttura interiore delle gerarchie. Ciascuna ha uno scopo, che è la somiglianza e l’unione con Dio. Tra l’una e l’altra gerarchia non vi è che una somiglianza; perchè ognuna riceve la luce intelligibile secondo il suo stato di esistenza.
Scendendo da un ordine all’altro, la luce perde il suo valore per giungere alla fine solo come un debole riflesso nella materia.

Influsso di Dionigi sull’iconografia

Nell’iconografia della Trasfigurazione, Cristo è rappresentato in un aureola a tre cerchi concentrici, che rappresentano la luce di Dio. Questa luce diventa sempre più cupa andando verso il centro, fino a diventare un colore blu scuro.
L influsso di Dionigi sull’iconografia si manifesta nell’utilizzo dell’oro, che, secondo lui, fa apparire «uno splendore indistruttibile, prodigo, inesauribile e immacolato». L oro rappresenta il riflesso della luce del sole. Se gli altri colori vivono della luce, l’oro è esso stesso luce.
Tuttavia nelle prime icone l’oro veniva utilizzato raramente. In seguito la tempera all’uovo, che facilitava il disegno, e col fondo liscio che si prestava meglio alla doratura, divenne la regola.
Nell’icona l’immagine e la luce sono unite. La luce irradia direttamente verso lo spettatore.
Le idee di Dionigi l’Areopagita si riflettono così nell’icona.

Luce naturale e luce spirituale

La luce dell’icona non ha nulla a che vedere con la luce naturale. Tuttavia la luce dell’icona irraggia verso lo spettatore. Ad esempio nella scuola di Novgorod la prospettiva inversa e la luce “propria” appaiono pure.
I colori sono ravvivati con riflessi di luce, posti nei punti più vicini allo spettatore. Così si ottiene una modellatura senza dare l’illusione del corpo nello spazio.
Un altra funzione di questi riflessi, che intervengono come un fenomeno spirituale, consiste nel sottolineare i movimenti e i gesti diversi. Strutture e luce fanno un tutt uno.
Nella pittura dei paleologi, non avendo le strutture rigorose della scuola di Novgorod, vi sono scene piene di emozioni e di movimento. Ad esempio nell’icona della Crocifissione (XIV sec) gli avvenimenti sono descritti in modo drammatico e particolareggiato. Lo stile è frazionato e narrativo, i movimenti sembrano restare all’interno della composizione; tutto questo fa in modo che la luce perda la sua dinamica.
Invece nell’icona della Vergine di Vladimir, attraverso il gioco luce-ombra, la luce appare talvolta una forma di illusionismo, creando così le ombre. In questa icona la luce scende da destra sul viso della Vergine e del Bambino, creando sul naso della Vergine un chiaro riflesso. Nell’ombra vi è la parte in cui i volti si toccano.
Le icone di Novgorod avevano un tratteggio bianco fatto come luce propria e non come riflesso di una luce esterna. Invece questa nuova tecnica di schiarimento elimina questo tratteggio affinché la luce risplenda tramite chiare sfumature. In questo modo la luce dà alla modellatura armonia e unità.
Un aspetto concreto e naturale lo ottiene Rublëv con un disegno agile e preciso, con riflessi e velature netti sulle pieghe delle vesti. Perciò le sue icone sembrano più naturali di quelle dei Paleologi e, grazie alla loro trasparenza, riflettono un armonia della materia e dello spirito.

Influsso della controversia Esicasta

Al tempo dell’esicasmo nasce un corrente scientifica che mette in discussione alcune idee dell’Areopagita. In conflitto sono Gregorio Palamas e Barlaam Calabro, che hanno teorie diverse sulla luce divina della Trasfigurazione sul monte Tabor.
Per Gregorio quella luce non è l’essenza divina, ma la sua energia, la sua proprietà. Così le creature non possono partecipare all’essenza di Dio, ma alla sua energia, in quanto Dio si manifesta attraverso delle energie negli esseri, che vanno verso la divinizzazione.
Per Barlaam, invece, la luce del Tabor è una luce materiale e per percepirla c è bisogno della logica della ragione.
Barlaam verrà poi condannato come eretico e l’esicasmo diverrà la dottrina ufficiale della Chiesa bizantina.

Teofane il Greco e Rublëv

Tuttavia tra queste due opposte correnti si trova la chiave per lo stile di Teofane il Greco, buon osservatore dei fenomeni della natura. Egli mostra figure chiare e prese dalla realtà.
Per quanto riguarda la rappresentazione della luce, egli utilizza un bianco puro per dar l’impressione di una luce naturale; inoltre preferisce utilizzare il colore locale naturale.
Andrej Rublëv, suo discepolo, non poteva restare insensibile a questa concezione.
La sua arte è stata condizionata molto dagli influssi contrastanti del suo tempo. Ma nelle icone di Rublëv le idee opposte hanno trovato un armonia che è segno della vera opera d arte. Il sensibile è spiritualizzato, lo spirito si unisce alla materia.

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