AntiquariatoIl Falsario

Il Vero e il falso

La domanda che più frequentemente viene rivolta, è se esista o meno il metodo o il trucco per riconoscere con facilità, negli arredi lignei, il vero dal falso. Rispondere al quesito cercando di non cadere frettolosamente in sequenze di frasi ripetitive legate al concetto di esperienza è cosa né facile né sbrigativa, vista la complessità dell’argomento.

Considerazioni generali

Vediamo anzi tutto di intenderci sul valore delle parole:

  • in Italia si intendonoantichi” i mobili, le ceramiche, gli argenti, i peltri, gli oggetti preziosi da collezione, i tappeti, gli arazzi, gli oggetti d arte orientale, che siano stati realizzati da oltre cento anni.
  • si intendeantico d’ epoca“, il mobile o l’ oggetto eseguito nel periodo storico nel quale si sono affermati gli elementi stilistici e strutturali che esso porta.
  • si considerano “antichi” o “antichi d’ epoca”, quindi autentici, gli oggetti le cui parti sostituite non superano complessivamente il 40%.

Stabiliti questi semplici ma precisi confini, vediamo quale debba essere l’ approccio ad una lettura, il più possibile profonda, del mobile o dell’oggetto antico. Essenziale è acquisire una grande capacità di osservazione. Viviamo in un mondo che và di fretta e ognuno di noi tende ad una analisi spesso superficiale delle cose. Sono sicuro che se, tutti noi, ci soffermassimo anche per un solo minuto ad osservare attentamente un oggetto di uso quotidiano quale il nostro orologio da polso, ci accorgeremmo magari con sorpresa che pur maneggiandolo continuamente, non ci eravamo accorti di piccoli particolari, tra cui sicuramente piccole rigature e ammaccature. Importante quindi, quando si esamina un oggetto antico, il massimo della concentrazione sullo stesso. In un settore ove il dubbio è spesso compagno, la somma anche di piccoli particolari, singolarmente insignificanti, possono essere rivelatori.

Certo l’esperienza è insostituibile ma essa, frutto di quotidiana applicazione, può essere perseguita anche dal neofita, con visite attente alle numerose mostre antiquariali, ai musei, ai numerosi negozi e mercatini; con formulazione di domande mirate, con la lettura e quant’altro; giorno dopo giorno si acquisirà sempre più capacità di analisi. Bisogna conoscere molto prima di iniziare a capire e mai pensare di saperne abbastanza

Cosa guardare

Se un mobile appartiene ad una certa epoca tutta una serie di elementi dovranno concordare. I particolari eventualmente discordanti potranno essere frutto di restauri, di rimaneggiamenti o modifiche avvenute durante la vita del manufatto, o di tarde imitazioni, ricostruzioni e assemblaggi con intento non necessariamente fraudolento.

Una prima visione d insieme porterà ad una serie di considerazioni di carattere estetico. Constateremo cioè se i vari elementi stilistici e decorativi del mobile in esame concordano con l’epoca cui sembra appartenere. E’ importante in questa fase conoscere discretamente bene tutta l’evoluzione stilistica relativa all’arte applicata e avere cognizioni di storia dell’arte e di storia. In alcuni casi l’apparente appartenenza di un mobile ad un certo periodo storico sarà immediatamente smentita dalla commistione di più elementi decorativi che collocheranno il pezzo in un periodo successivo.

Valutato quindi il mobile in una sua visione d insieme si passerà ad analisi più ravvicinata. Non importa in quale ordine, ma sarà importante soffermarsi su:

  • la grana del legno-la patina del legno
  • i segni di usura
  • il segno del tarlo “traverso” o tarlo “lungo”
  • tracce di restauro
  • tecniche costruttive e materiali
  • cerniere, serrature, maniglie, chiodi…
  • particolari segni sulla superficie lignea frutto congruo o incongruo dell’uso quotidiano
  • sigle e firme e quant’ altri particolari insoliti o curiosi.

Non ci si deve cioè stancare di controllare interno ed esterno, fronte e retro, finché non si giunga a serena conclusione che non è detto, anche se succede raramente, debba essere esente da dubbi. Bisogna sempre verificare con umiltà tutti particolari perché proprio nel momento in cui, sicuri della nostra capacità, affrettiamo le conclusioni, si rischiano grandi cantonate.

Continuiamo la lettura per comprendere meglio la terminologia usata ….

La terminologia

Ho usato termini che forse non Vi sono famigliari. Vediamoli:

La grana cioè i pori del legno col passare dei secoli tendono sempre più a compattarsi, a restringersi, fino a raggiungere, soprattutto in ambienti asciutti, compattezze paragonabili a quelle ossee o marmoree. Questo fenomeno avviene limitatamente ai legni definiti duri, come noce, ciliegio, rovere. Per altri legni detti dolci (pioppo,abete ecc…) la progressiva perdita di umidità interna porterà alla perdita della compattezza iniziale, fino, anche se in tempi lunghissimi, ai limiti della polverizzazione. Se ne deduce che la grana lignea ad esempio di un mobile di oltre cento anni, si presenti in maniera sostanzialmente diversa rispetto a tavolato odierno, anche se opportunamente stagionato. A mia conoscenza non esiste un sistema scientifico in grado di misurare in qualche modo la “grana”. L’ indagine è quindi affidata in questo caso alla nostra empirica sensibilità; è tuttavia importante conoscere il fenomeno che in parti diverse dello stesso mobile ci potrà aiutare ad identificare aree eventualmente sostituite.

Altra caratteristica del legno antico è la cosiddetta patina. Che non è, come molti credono, lo strato superficiale di polvere, cere, residui carboniosi di lanterne o candele formatosi nei secoli, bensì il progressivo accentuarsi del colore naturale del legno. Azione combinata di luce, aria, calore ambientale, umidità, producono varie tonalità di grigio e di bruno nel noce, nel rovere, nel castagno; aranciato rossastro nel ciliegio e nel faggio; paglierino nel pioppo ed in altri legni teneri. I segni di usura nelle parti che poggiano a terra, sui cassetti e relative guide, sulle traverse basse delle basi di un tavolo, su spigoli e così via in una lunga elencazione, sono tracce da tenere in corretta considerazione. Infatti la fraudolenta imitazione della consunzione di queste parti non è poi cosa così semplice. D’ altro canto non è la loro presenza o meno che ci garantirà l’autenticità del pezzo perché troppe variabili entrano in gioco, ma dalla loro analisi, ove presenti, dalla loro logicità di distribuzione e credibilità si potranno acquisire ulteriori elementi utili. Analogamente altri segni indelebilmente impressi sulla “pelle” del legno quali tracce di bruciatura dovuti a candele o lumi a petrolio, impronte di fondi di bicchiere o bottiglia, tracce dell’uso di coltello da cucina e altro in ennesima elencazione, sono a volte rivelatori. Faccio un esempio: il segno caratteristico di bruciatura di candela che normalmente si produce per ovvie ragioni su elementi verticali di un mobile, se verrà scovato su una parte piana ci indurrà immediatamente a pensare che tale parte provenga da altro manufatto e quindi frutto di sostituzione o peggio ancora assemblaggio di più parti antiche o vecchie di recupero, con lo scopo di creare un falso. Utile ricordare che tali tracce vanno cercate non solo sull’esterno del mobile ma anche e soprattutto, in parti nascoste dello stesso; il falsario, se non è sprovveduto, non le metterà in bella vista. Comunque, lo ricorderò sempre, non giungete a conclusioni affrettate

Gli insetti xilofagi producono all’interno del legno, gallerie ad andamento irregolare che sono in parte anche parallele alla superficie del piano. Quando un legno antico in cui vi sia la presenza di tarli viene segato o piallato, verranno messe in evidenza le gallerie, che si presenteranno come tanti piccoli solchi; anche opportunamente stuccate saranno facilmente visibili. Nella sostituzione o integrazione di parti di un mobile o peggio nella sua costruzione con intento fraudolento è necessario usare legno antico o vecchio; sarà molto difficile che tale legno sia completamente esente da tarlatura; va da sé che l’artigiano o il restauratore dovendo adattare il legno recuperato a spessori e dimensioni diverse da quelle originali, dovrà obbligatoriamente piallare e tagliare mostrando così, inevitabilmente, le gallerie provocate dal tarlo in sezione longitudinale (tarlo lungo), appunto di traverso. Le parti segate o piallate vengono in genere montate in modo il meno visibile possibile in facciata o, se proprio non se ne può fare a meno, si cerca di occultarle con l’applicazione di modanature o decorazioni applicate.

La conoscenza delle tecniche di costruzione, dei materiali e degli strumenti anticamente usati potranno poi, in buona parte dei casi, essere risolutorie. In effetti, forse una delle prime cose che si va a controllare è la presenza delle tracce lasciate dall’utilizzo degli antichi strumenti manuali, o dei più moderni segni dell’utensile a motore. Ma torneremo in maniera approfondita sull’argomento.

Non di meno andranno considerate tutti i particolari metallici che sono parte integrante dell’oggetto sotto esame, quali: cerniere, chiodi, serrature e rinforzi vari. A seconda del loro stile, della tecnica di fusione o forgiatura, saranno di valido aiuto all’indagine; fermo restando che la loro sostituzione in ogni epoca è stata pratica ricorrente, a seguito di restauri o ammodernamenti, sarà quindi compito ulteriore, se del caso, cercare i segni lasciati sul legno, dal corredo più antico. E doveroso precisare che oggi si trovano sul mercato ottime imitazioni di ferramenta antica, chioderia compresa, a prezzi contenuti, per cui, come sempre, attenzione /span>

A complicare ulteriormente le cose a volte si trovano sul retro dei mobili, firme e stampigliature. Sappiamo che a Parigi, nel Settecento, l’aspirante ebanista aveva un apprendistato obbligatorio di nove anni prima di essere autorizzato a chiamarsi “maître”. Dal 1741 al 1791 ogni maestro fu obbligato a stampigliare i propri lavori con il proprio nome. Dopo la Rivoluzione che aveva abolito questa pratica, dal 1815 i fabbricanti migliori cominciarono a stampigliare i loro pezzi, anche se non ne era stata reintrodotta l’obbligatorietà. Dalla metà dell’Ottocento questa pratica si diffuse sino a divenire relativamente comune. Nel caso, analizzando un pezzo, si scopra una firma, una stampigliatura, un marchio, non è consigliabile abbandonarsi a facili attribuzioni, ma verificarne sempre la credibilità.Trovare tracce di restauri o adattamenti, eseguiti in tempi non recenti, sul mobile antico, è cosa abbastanza normale. La loro presenza o meno non è indizio di autenticità ma, nondimeno, tracce di riparazione potrebbero essere state lasciate a bella posta dal falsario per aumentare la credibilità del pezzo e magari in alcuni casi occultare particolari rivelatori.  

Non passa mese che non si abbia notizia di dipinti, presenti in grandi e piccoli musei di tutto il mondo, la cui autenticità o attribuzione è messa in dubbio o la relativa frode completamente smascherata. Una delle condizioni favorevoli alla perpetrazione di un reato è che lo stesso economicamente paghi. L’ esecuzione di un falso pittorico, da parte di abile artigiano, è eseguibile in tempi relativamente brevi, con l’ impiego di materiali relativamente poco costosi e l’uso di una attrezzatura limitata. La stessa cosa non è riscontrabile nell’esecuzione truffaldina di una copia di un mobile aulico di alta epoca. La completa ricostruzione di un mobile utilizzando tecniche antiche, comporta tempi lunghissimi a cui và aggiunta, la difficoltà di reperimento di una quantità di legname coevo omogeneo e sufficiente alla bisogna. L’ attuale costruzione integrale di arredo ligneo con intento di falsificazione, sarà giustificata solo se si riuscirà, al momento della vendita, a spuntare prezzi elevatissimi. Ci potremo trovare, è vero, di fronte alla ricostruzione di un mobile relativamente semplice da eseguire, quindi economicamente pagante, ma esso spesso verrà tradito dalla qualità del legno utilizzato, da tracce lasciate da strumenti elettrici e dalla abilità stessa dell’esecutore. E infatti non così semplice trovare un artigiano dotato di grande abilità manuale affinata all’uso di vecchi strumenti e dotato nel contempo di grande cultura antiquaria.(Direi che spesso il falso si scopre dall’incongruenza storica di certi particolari, sfuggiti all’esecutore per ignoranza).

Continuiamo la lettura per meglio conoscere la materia prima usata per la costruzione del mobile ….

La Materia Prima: il legno

Per meglio comprendere le varie tecniche e specializzazioni che andremo ad esaminare è importante conoscere la materia prima:

Senza voler troppo sottilizzare esistono in natura due grandi categorie di alberi: quelli che forniscono legno “dolce” e quelli che forniscono legno “duro“. Tra i legni duri più usati per la costruzione di mobili potremo ricordare: noce, ciliegio, olmo, pero, larice, frassino, faggio, quercia, castagno, palissandro, mogano, bois de rose, bosso, albicocco, ecc… ecc…; tra quelli dolci spiccano principalmente: abete, pioppo, tiglio e cirmolo.

Fino ai primi anni del sec.XIV° per ottenere delle tavole adatte alla costruzione, si usava un sistema alquanto rozzo: diversi cunei di ferro venivano piantati lungo l’asse esterno del tronco più o meno sulle linee dei raggi midollari; il successivo approfondimento verso il centro dell’albero dei suddetti cunei ne provocava la separazione lungo l’asse longitudinale. Applicando più volte lo stesso metodo sulle due metà fino al raggiungimento dello spessore voluto, portava ad ottenere delle tavole con sezione a cuneo che prima di venire usate subivano una squadratura con l’ascia.

Con l’avvento del taglio con la sega, poterono ricavarsi assi più sottili di quelle ottenute col metodo dei cunei. La tecnica consisteva nell’appoggiare il tronco da lavorare, parallelamente al lato lungo, sopra ad una fossa rettangolare; due uomini alternativamente facevano forza su una sega a due manici, uno, verosimilmente il padrone della segheria, posto sopra il tronco, l’altro sul fondo della fossa.Questo tipo di segheria manuale sopravvisse nei piccoli centri per un certo periodo, anche dopo l’avvento di macchine mosse dall’acqua o verso la metà dell’ottocento dal motore a vapore.

Essenzialmente due erano i metodi di taglio usati per trasformare i tronchi in tavole: la segatura a taglio semplice con cui il tronco era segato in tagli paralleli nel senso della lunghezza;

la segatura a quarti con cui il tronco veniva dapprima sezionato in quattro parti, ognuna di queste parti veniva poi trasformata in assi con tagli radiali o tangenziali alla circonferenza.

A seconda del taglio adottato si aveva una diversa stabilità e un diverso aspetto delle tavole.Il legno ridotto in tavole ha poi bisogno di un certo periodo di stagionatura per permettere all’alta percentuale di acqua, in esso contenuta, di evaporare, fino a raggiungere i valori dell’atmosfera in cui i mobili saranno tenuti.

In genere gli alberi vengono abbattuti d inverno quando la percentuale di umidità è al minimo. Il legno è igroscopico per cui assorbe e cede acqua a seconda dei valori presenti in atmosfera. Gli anelli annuali di un tronco sono composti di esili fasce di colore scuro che rappresentano la lenta crescita invernale, e di più ampie fasce di colore chiaro che rappresentano la rapida crescita estiva. 

Dato che le maggiori dilatazioni o contrazioni avvengono maggiormente lungo gli anelli che rappresentano la crescita estiva, rispetto a quelli invernali, in media di due volte, le variazioni delle condizioni atmosferiche contribuiranno a maggiori problemi di deformazione e curvatura, sulle tavole segate tangezialmente che per la distribuzione disomogenea degli anelli, subiranno dilatazioni o contrazioni più irregolari rispetto a quelle segate radialmente.

Il legno praticamente non si muove lungo le venature che indicano nell’albero vivo, la direzione di scorrimento della linfa. Abbiamo detto che a seconda del taglio usato si otterranno naturalmente pannelli con aspetto diverso. A seconda del legno e dell’aspetto finale desiderato, una opportuna scelta di taglio darà al manufatto un valore aggiunto inimitabile. Questa raffinatezza è comunque solo osservabile in prodotti di altissima qualità progettuale ed esecutiva, dove ad esempio le caratteristiche venature a forma di V o di U, tipiche del taglio tangenziale, saranno usate solamente in forma di piallaccio, perché lo spessore sottile dell’essenza compenserà egregiamente l’instabilità della fibra.
Soprattutto difficoltà di trasporto imporranno, ai mobilieri delle varie aree geografiche, fino alla metà del settecento, l’uso di legni disponibili nelle vicinanze. Da quell’epoca in poi uno stile di vita sempre più pacifico, comodo e civile, dedicherà più tempo e denaro alla produzione di arredi sempre più importanti ed a questo scopo si ricercarono, materie prime sempre più lontano e tecniche di lavorazione più complesse e raffinate.

E opinione diffusa, ma in parte errata, che si possa datare scientificamente il legno con l’esame al Carbonio 14 C. Questo metodo è però applicabile solamente su materiali antecedenti all’anno 1650 circa. Una precisa datazione scientifica per le opere d arte in legno costruite negli ultimi 400 anni è quindi utile, da affiancare alle perizie basate sino ad oggi soltanto su fattori estetici e storici.

La Fondazione Matthaes ha sviluppato e brevettato nel suo laboratorio di ricerche del Museo d Arte e Scienza di Milano (già Museo del Collezionista d Arte), un tale metodo di datazione: la Spettrografia Molecolare. Metodo che è stato perfezionato in collaborazione con importanti centri di ricerche e musei europei.

Questo metodo si basa sui seguenti fattori:Ogni molecola è composta da atomi che vibrano su una nota frequenza se colpiti da radiazioni. Inserendo una piccolissima quantità del legno di un albero appena tagliato in uno spettrometro, che registra le vibrazioni degli atomi dei singoli composti, appare una curva sullo schermo di un computer, che assomma le vibrazioni molecolari e la loro intensità. Questa curva è come una impronta digitale e in questo caso definisce il tipo di un legno nuovo.Col passare del tempo un sottile strato esterno dell’oggetto in legno si decompone rapidamente, mentre la massa del legno interno da cui viene preso il campione da misurare, degrada a causa di microbi e processi chimici graduali e lenti, poco influenzati dall’ambiente. La decomposizione delle molecole durante i secoli passati, trasforma la curva originale che diventa così l’impronta tipica per un legno di una certa età.

La datazione assoluta si ottiene confrontando l’impronta in esame con impronte di molti campioni di sicura datazione.La precisione del metodo dipende dal tipo di legno. Per i legni che più comunemente sono stati usati nell’antiquariato, questa precisione è oggi di +/- 10/20 anni.

Una serie di professionisti antiquari/restauratori, sono stati selezionati in Italia e nel mondo dal Museo d’ Arte e Scienza di Milano (già Museo del Collezionista d Arte) e dopo opportuna preparazione, autorizzati ufficialmente ad eseguire prelievi da oggetti lignei in nome e per conto del Museo sopracitato. Ogni prelievo viene accompagnato da documentazione fotografica attestante la provenienza del campione in esame. Il sottoscritto si onora di essere stato tra i primi collaboratori di detto Istituto.  

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