Legno e umidita
A differenza di altri materiali, come ad esempio i metalli, il legno è un materiale non direttamente sensibile alle variazioni di temperatura mentre viceversa lo è alle variazioni di umidità.
Dopo l’ abbattimento dell’albero il tronco viene ridotto in tavole e contiene in genere un umidità pari a 1,8-2,5 volte il proprio peso in massa legnosa secca.
Con il tempo il legno si secca per adeguarsi all’ambiente circostante cedendogli umidità fino a raggiungere un punto d equilibrio con esso. Questo punto corrisponde in genere ad un contenuto d umidità nella tavola da 1/10 a 1/20 del proprio peso in massa legnosa del tutto secca.
Tradizionalmente l’unico metodo usato per ottenere questo risultato è quello della stagionatura. Esso prevede l’accatastamento ordinato delle tavole al riparo dell’acqua piovana e dal i raggi diretti del sole e con l’inserimento tra una tavola e l’altra sovrapposte di opportuni listelli distanziatori che determinano una libera circolazione dell’aria responsabile della progressiva essiccazione del legname.
È un metodo ovviamente molto lento. Il tempo di essicazione varia tra specie e specie, dipende dall’umidità di partenza, dallo spessore delle tavole e da altri fattori. A titolo indicativo tradizionalmente si indicava come tempo necessario per una buona essicazione un anno per ogni centimetro di spessore della tavola.
In genere però con questo metodo non si riesce a far scendere l’umidità percentuale del legno al di sotto dei 12-15%. Se si vuole diminuire questi valori il legname dovrà essere essicato in ambiente chiuso e non all’aperto.
A questo punto il legno è in equilibrio igroscopico con l’ambiente circostante e non si muove se viene mantenuto in condizioni climatiche costanti e viceversa varia il suo contenuto di umidità se varia quello dell’ambiente dove esso è immerso. Il legno cioè si comporta come una spugna che assorbe umidità in ambiente più umido e si asciuga in ambiente più secco rispetto al proprio contenuto di umidità.
Ed è altrettanto vero che anche l’ambiente si comporta come una spugna che assorbe umidità dai corpi più umidi in esso contenuti e deposita su di essi quella in eccesso in forma di condensa. Infatti il massimo di umidità che un ambiente può contenere ad una determinata temperatura coincide con il cosiddetto punto di saturazione che corrisponde a quello detto di condensa. Oltre questo punto l’umidità si trasforma in acqua.
È ovvio altresì che non ci possa essere quindi un umidità ambientale superiore al 100% ma solo valori pari o inferiori. Questo valore massimo di umidità non é però fisso ma cresce al crescere della temperatura e cala al calare di essa.
Da queste considerazioni teoriche conseguono importanti chiarificazioni pratiche. Se un ambiente chiuso viene raffreddato, produce un innalzamento dell’umidità ambientale percentuale. Se questo raffreddamento produce un aumento oltre il limite del 100%, l’umidità in eccesso si condenserà come detto sui corpi solidi più freddi visto che questi sono quasi sempre più lenti a scaldarsi e raffreddarsi dell’aria.
È da notare che l’ambiente tende ad avvicinarsi sempre al suo limite superiore di saturazione con velocità tanto maggiore quanto più alta é la temperatura finale, prelevando dai corpi in esso presenti l’umidità. Se quindi l’ambiente viene riscaldato senza immissione o prelievo di umidità dall’esterno si osserverà che l’umidità dei corpi tenderà a migrare nell’ambiente seccandoli.
In definitiva si può dire che un ambiente più caldo tende velocemente ad assorbire l’umidità dai corpi fino a giungere all’equilibrio igroscopico con essi e viceversa un ambiente che diventa più freddo tende, anche se con minor velocità, a far condensare umidità sui corpi solidi in esso contenuti.
Quindi le parti più fredde di un mobile che sono in genere quelle vicine al muro e al pavimento, come ad esempio la parte esterna dello schienale e del fondo di un cassettone, sono quelle più soggette al deposito di eventuale condensa. Questi elementi che in genere nei mobili antichi erano lasciati grezzi sono quindi i più soggetti al depositarsi della condensa, un umidità superficiale che penetra facilmente attraverso le porosità del legno. In casi estremi queste parti, assieme ai piedi, sono le più soggette anche a muffe e attacchi di insetti xilofagi, delle
specie che prediligono ambienti umidi.
È ovvio che se invece un ambiente è provvisto di un sistema umidificatore-deumidificatore con regolazione automatica continua dell’umidità tramite umidostato, le variazioni di temperatura che ci possono essere in ambiente interno non influenzano minimamente il legno e nemmeno quindi i mobili antichi.
Questa è la condizione in cui vengono conservate le opere d arte almeno nei grandi musei. Ma purtroppo non c è in Italia una grande tradizione e sensibilità nei confronti dei mobili antichi come patrimonio di pubblica fruizione. Forse la copiosità del patrimonio artististico delle cosiddette arti maggiori ha posto in secondo piano le opere dell’arte cosiddetta decorativa, in una concezione superata di divisione delle arti in maggiori e minori.
Al momento dell’abbattimento di un tronco tutte le cellule e le pareti cellulari del legno sono piene d acqua.
Il legno dopo questo momento sia che rimanga in forma di tronco sia che venga ridotto in tavole o in un segato qualsiasi, comincia a perdere umidità. Durante questa fase il legno si essica ma non varia le proprie dimensioni. Questo perdura fino a giungere ad un contenuto di umidità mediamente pari a circa il 30% del proprio peso in massa legnosa secca.
Questo limite è detto punto di saturazione delle fibre (PSF) e corrisponde al momento nel processo di essicazione in cui è stata estratta tutta l’acqua libera di scorrere all’interno del lume delle cellule della massa legnosa.
Il PSF può variare in dipendenza della temperatura e della specie legnosa. A temperatura normale (10-20°C) può comunque variare di molto, come rappresentato nella tabella a fianco.
Specie legnosa | PSF % |
Conifere | 32 |
Abete bianco | 32 |
Abete rosso | 32 |
Cirmolo | 22 |
Larice | 28 |
Pino silvestre | 28 |
Tasso | 22 |
Latifoglie | |
Acero | 33 |
Betulla | 33 |
Bosso | 33 |
Castagno | 24 |
Carpino | 33 |
Ciliegio | 25 |
Faggio | 32 |
Frassino | 23 |
Mogano | 25 |
Noce | 25 |
Olmo | 24 |
Pero | 32 |
Pioppo | 32 |
Rovere | 23 |
Teak | 25 |
Tiglio | 35 |
Sotto questo valore di umidità %, viene estratta l’acqua contenuta nelle insenature e cavità delle pareti cellulari. L estrazione di questo secondo tipo di umidità (acqua legata) produce complessi fenomeni di depressione che sforzano le pareti cellulari e ne producono dei micromovimenti. A livello macroscopico tutto ciò significa che sotto il punto di saturazione delle fibre cominciano i ritiri e le deformazioni del legno.
Tutti questi movimenti non avvengono in una sola direzione. In altre parole se il legno perde umidità si ritira, se la riacquista si ridilata fino al massimo possibile rappresentato dalle dimensioni corrispondenti al PSF.
Siccome il legname grezzo viene commercializzato di solito a stagionatura avvenuta con valori che stanno tra il 10% e il 20% di umidità del legno, si può capire che a questo punto le deformazioni sono già in atto.
Questo limite è comunque ben al di sopra dell’equilibrio con l’umidità normale di un interno domestico. A titolo esemplificativo in un ambiente a 20ºC con umidità del 50-60 % (ambiente ottimale per l’uomo) il legno si adegua ad una umidità del 10-13%.
Ma se, a parità di temperatura, l’umidità dell’aria ambientale sale ad esempio fino a 80-85%, dopo un po di tempo ci può essere un aumento dell’umidità del legno anche del 6-7%. E viceversa se l’umidità dell’aria cala fino ad esempio a 30-35%, il legno si adeguerà progressivamente fino a valori prossimi al 5-7% circa (5-7% di peso dell’umidità rispetto al peso della massa legnosa completamente secca).
Le tavole e i segati in genere sono ottenuti segandoli dal tronco quando l’ umidità del legno è sicuramente superiore al PSF sotto il quale si manifestano i movimenti del legno. Ma viceversa sono posti in commercio al cliente finale già almeno parzialmente stagionati, quando il ritiro dimensionale con le relative deformazioni è già in atto.
Questo comporta che anche dopo che il legno é stato posto in opera, qualunque variazione positiva o negativa del suo contenuto d umidità si traduce in un cambiamento dimensionale. E non influisce molto il fatto che le superfici siano verniciate: l’ umidità verrà espulsa o assorbita attraverso le microporosità che comunque permarranno. Questo è il caso che piu interessa un restauratore o chi in genere si interessa della manutenzione di un mobile antico.
Sono facilmente intuibili le relative conseguenze operative. Se si vuole che un manufatto conservi la sua stabilità dimensionale nel tempo bisogna che l’ambiente in cui è inserito sia almeno ad umidità costante. Meglio sarebbe se oltre all’umidità si conservi costante anche la temperatura: se eviterà cosí anche la formazione di pericolose condense.
Il legno o l’ elemento in opera, quando la loro umidità è inferiore al loro PSF (punto di saturazione delle fibre) non si deforma in modo omogeneo nelle tre direzioni ortogonali. Il legno infatti è un materiale con caratteristiche e coefficienti di ritiro e rigonfiamento diversi a seconda che sia considerato nella sua sezione trasversale o invece nelle sezioni longitudinali: una che passa attraverso un diametro qualsiasi, detta radiale, e l’altra che passa attraverso una corda detta tangenziale.
Tabella dei coefficienti di ritiro massimo (dal PSF a 0% di umidità del legno) | Tabella dei coefficienti di ritiro ogni 1% di variazione | ||||
Specie legnosa | Coeff. ritiro assiale % | Coeff. ritiro radiale % | Coeff. ritiro tangenz. % | Ritiro radiale | Ritiro tangenz. |
Conifere | |||||
Abete bianco | 0,07 | 3,9 | 9,6 | 0,12 | 0,30 |
Abete rosso | 0,23 | 4,9 | 9,0 | 0,15 | 0,28 |
Cirmolo | 0,24 | 2,5 | 5,1 | 0,11 | 0,23 |
Larice | 0,24 | 4,0 | 8,2 | 0,14 | 0,29 |
Pino silvestre | 0,24 | 4,5 | 8,2 | 0,16 | 0,29 |
Tasso | 0,24 | 3,3 | 6,0 | 0,15 | 0,27 |
Latifoglie | |||||
Acero | 0,24 | 2,8 | 4,3 | 0,15 | 0,26 |
Betulla | 0,45 | 7,0 | 9,3 | 0,21 | 0,28 |
Bosso | 0,53 | 6,3 | 13,2 | 0,19 | 0,40 |
Castagno | 0,34 | 3,4 | 5,1 | 0,14 | 0,21 |
Carpino | 0,38 | 8,6 | 11,6 | 0,26 | 0,35 |
Ciliegio | 0,24 | 4,0 | 6,5 | 0,16 | 0,26 |
Faggio | 0,23 | 6,4 | 13,2 | 0,20 | 0,41 |
Frassino | 0,16 | 4,4 | 7,6 | 0,19 | 0,33 |
Mogano | 0,24 | 2,8 | 4,3 | 0,11 | 0,17 |
Noce | 0,40 | 4,8 | 6,8 | 0,19 | 0,27 |
Olmo | 0,24 | 4,1 | 7,0 | 0,17 | 0,29 |
Pero | 0,38 | 4,8 | 10,6 | 0,15 | 0,33 |
Pioppo | 0,23 | 3,9 | 8,0 | 0,12 | 0,25 |
Rovere | 0,33 | 4,2 | 7,6 | 0,18 | 0,33 |
Teak | 0,24 | 3,5 | 6,3 | 0,14 | 0,25 |
Tiglio | 0,22 | 7,0 | 0,501 | 0,20 | 0,30 |
Come si può osservare in tabella, se si prendono come valori di riferimento l’umidita del legno del 30% e dello 0%, una tavola quando perde l’umidità si ritira, più o meno secondo le diverse specie legnose, dello 0,2-0,4% nella sua lunghezza, del 2,5-8% nella direzione radiale e del 6-11% nella sezione tangenziale. Per il ritiro radiale si possono avere però punte per la quercia rovere, pero e melo dell’8% e per il faggio del 9% .
E ancora nella sezione tangenziale si possono avere ritiri per la quercia rovere perfino del 14%, per il melo e il pero fino al 17% e per il faggio addirittura del 20%. Questi sono ovviamente valori limite ma molto indicativi dell’andamento del fenomeno anche nelle variazioni dimensionali corrispondenti alle oscillazioni normali di umidità del legno in ambienti interni con valori che stanno in genere tra l’8% e il 15%. La differenza poi tra i coefficienti di ritiro tangenziale e radiale è un valore estremo. Di fatto il ritiro tangenziale si avvicina sempre piú al valore indicato in tabella quanto più distante é la corda rispetto al centro del tronco. E tanto più questa si avvicina al diametro tanto più quindi il ritiro tende a coincidere con quello radiale. È per questa differenza di coefficiente di ritiro tra il centro e la periferia di un tronco che le tavole essicandosi tendono ad imbarcarsi , a curvarsi cioé verso l’esterno. E tanto piú una tavola viene prelevata dalle porzioni piú esterne del tronco originario tanto piú si imbarcherà nel processo di essicazione.
Da tenere presente infine che le tavole e i segati in genere sono ottenuti dal tronco quando il legno è ancor “fresco”. A quel punto l’umidità del legno è sicuramente superiore al PSF sotto il quale si manifestano i movimenti del legno. Questo processo avviene però anche quando il legno è già in opera e questo è il caso che piu interessa un restauratore o chi in genere si interessa della manutenzione di un mobile antico.
Se quindi un mobile è sistemato in un ambiente secco, come succede in case molto riscaldate e per di più, come spesso accade, non provviste di appositi umidificatori, le giunzioni si possono scollare per il diverso ritiro delle due parti di legno a contatto quando esse corrispondono a sezioni diverse del legno. Supponiamo di avere ad esempio il piano di un cassettone del tardo Ottocento formato da tavole in abete o pioppo disposte parallelamente alla lunghezza, incollate lateralmente tra loro e sulle quali viene sistemata la lastronatura come copertura. Questo piano sarà massellato sui tre bordi in vista da tre cornici sagomate in modo opportuno. Quelle laterali si ritireranno in lunghezza molto meno della corrispondente profondità del piano. La profondità del piano infatti non é altro che la sezione tangenziale o al limite radiale delle varie tavole incollate lateralmente tra loro.
Questa presenta un forte percentuale di ritiro rispetto a quella minima della sezione longitudinale della cornice incollata sui due bordi laterali. In definitiva le cornici laterali tenderanno a scollarsi e cadere e quasi sempre spingeranno a scollarsi anche le due estremità della cornice anteriore. In casi analoghi elementi in legno massiccio disposti parallelamente alla profondità del mobile (cornici, fasce, zoccolature, cimase, ecc.) possono tenere cosí vincolato il legno da non permetterne i movimenti e provocare delle spaccature anche sui fianchi. Un altro caso molto frequente è quello dei fondi dei cassetti costruiti dopo la metà dell’Ottocento. Essi sono in genere formati da diverse tavolette incollate lateralmente tra loro, sono disposti con la fibra parallela al fronte, sono inseriti dal retro in apposite scanalature laterali fin dentro la sede nel fronte e sono quindi inchiodati sul bordo inferiore dello schienale del cassetto. Con il tempo è frequentissimo trovare i fondi fuoriusciti dalla sede nel fronte a causa del vincolo rappresentato dai chiodi di fissaggio alla schiena da una parte e al ritiro del legno del fondo che non corrisponde al ritiro longitudinale dei fianchi.
Se invece, come succede talvolta, la fibra è parallela ai fianchi, il fondo tenderà con il ritiro a fuoriuscire dai fianchi. E ancora è frequente che una serie di cassetti, disposta con i fronti a filo o tra catene , presenti oggi delle fughe molto più ampie che in origine. L altezza del mobile é in genere rappresentata dalla direzione longitudinale dei fianchi del mobile stesso che presenta un ritiro trascurabile. Invece le altezze dei fronti corrispondono in genere a sezioni trasversali con coefficienti di ritiro molto significativi. È da ricordare però che man mano che una tavola o un mobile invecchiano, i processi di essicazione o di rigonfiamento diventano sempre più lenti.
Non c è una chiara spiegazione scientifica a ciò, è solo un dato empirico: si potrebbe dire che come una persona invecchiando diventa più lenta nei movimenti, così il legno più è vecchio e più lentamente si muove . Adegua cioé il proprio contenuto di umidità a quella del suo ambiente con sempre maggior lentezza. È questo il motivo sostanziale per cui è preferibile nel restauro adoperare legno vecchio, legno cioé che sia compatibile nei suoi movimenti con il resto del mobile. Oltre a ciò ovviamente valgono motivazioni dettate dalla trasformazione nel tempo della superficie, del colore, della consistenza che complessivamente definiscono la cosiddetta patina del legno .