La Cartapesta

Restauro del Cristo in cartapesta

Fonte: Liberamente tratto dalla Tesi di laurea su “Il restauro del  Cristo in Cartapesta situato nell’Oratorio di san Francesco in  Confortino

Accademia di Belle Arti Bologna
Corso di Metodologie della Conservazione e del Restauro del Patrimonio artistico-culturale
Indirizzo di restauro dei dipinti murali e scultura applicata all’architettura
Testi di : Gabriella Brigante
Relatore: Prof. William Lambertini
Correlatore: Prof. Alfonso Panzetta

Cenni storici
Iconografia della crocifissione

La crocifissione rappresenta il simbolo per antonomasia della religione cristiana.

Il tema iconografico affonda le radici nella cultura alto medievale e ha origine nella trasformazione della croce gnostica in croce cristiana. Dal V sec. è possibile vedere, non solo il simbolo, ma anche i primi esempi di rappresentazione della crocifissione, con la figura del Redentore, mostrata alla pietà dei fedeli.

Il carattere di tale immagine variò da epoca ad epoca, riflettendo i caratteri dominanti del pensiero e del sentimento religioso del periodo, esprimendo le dottrine della fede tramite simboli e allegorie, come nell’arte medioevale; o prestandosi come semplice ausilio nelle pratiche devozionali, come nella pittura controriformista ove è ritratta soltanto la figura solitaria del Cristo sulla croce.

Per molti secoli l’arte occidentale sotto l’influsso bizantino rappresentò il Cristo vivo e con gli occhi aperti, un Salvatore trionfante con in capo una corona regale. Nel secolo XI° comparse un nuovo tipo di Cristo in croce: prima con una figura emancipata con il capo reclinato su una spalla e più tardi incoronato di spine.

Quest’ultima si diffuse dalla seconda metà del XIII° secolo, quando Luigi IX° di Francia tornò da una crociata portando con se la sacra reliquia. Questa versione, da allora in poi, prevalse nell’iconografia occidentale.

Alcuni caratteri della Crocifissione si collegano strettamente alla dottrina cristiana.

Sacrificando se stesso sulla croce, Cristo aveva reso possibile la redenzione dell’uomo, cioè la liberazione dal peccato dei progenitori che tutta l’umanità aveva ereditato. Inoltre, al sangue che Cristo versò sulla croce venne presto attribuito il potere di redimere: un concetto insito nel sacramento dell’eucarestia.

Nel corso del Medioevo la Chiesa discusse se Gesù sulla croce fosse o no ignudo, benché in epoca romana i condannati lo fossero quasi sempre. Nei più antichi esempi orientali la sua figura è rappresentata con una lunga tunica priva di maniche o, altrove, con un panno attorno ai fianchi e sotto l’inforcatura delle gambe (subligaculum). Entrambe le versioni potevano essere storicamente plausibili. Nulla, invece, giustifica il più noto perizoma, un invenzione degli artisti del primo Medioevo.

Restauro della Cartapesta

L’ opera dopo l’ intervento di restauro

Dati identificativi dell’opera

LOCALITA : Anzola Emilia
PROVENIENZA:Oratorio di S.Francesco in Confortino
PROPRIETA : Curia di Bologna
SOGGETTO: Cristo crocefisso
MATERIALE: Cartapesta policroma
AUTORE: Sconosciuto
EPOCA: XVIII sec
INIZIO RESTAURO: Febbraio 2007
FINE RESTAURO: Febbraio 2008

Leggi il comunicato stampa

Descrizione

L opera è un Cristo in cartapesta policromo con relativa croce in legno; non si conosce né il nome dell’artista né quello della bottega artigianale d origine. E databile, approssimativamente, al XVIII sec. Era ubicato nell’Oratorio di S. Francesco in Confortino ad Anzola dell’Emilia.

Il Cristo è rappresentato con il capo reclinato sulla spalla destra; il corpo è risolto lungo un asse spezzata e la bocca semiaperta, sembra fissare l’attimo dell’ultimo respiro.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Particolare del volto prima e dopo il restauro

Sul capo sono presenti la corona posticcia di spine e l’aureola: il bacino è cinto da un ampio perizoma e i piedi, congiunti, sono fissati da un sol chiodo, dal quale fuoriesce il sangue.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Zona del perizoma prima e dopo il restauro

La croce è perimetrata da una fascia dorata, con ai margini rilievi decorativi anch’essi dorati, mentre l’interno è invaso da un finto marmo dai colori bruni. Il tutto è attorniato da raggi di luce in legno dorato.

La raffigurazione di questa tipologia di crocifisso ha come punto di partenza l’umanizzazione dell’immagine di Cristo.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

L’ opera prima dell’intervento di restauro

Stato di conservazione

L’ opera si presentava in un pessimo stato di conservazione; erano presenti ridipinture e stuccature effettuate nel corso di un precedente restauro. Mostrava un evidente discontinuità delle forme, causate prevalentemente da fenditure, che disturbavano la corretta leggibilità della stessa.

Rivelava, inoltre, sulla superficie, del pulviscolo atmosferico situato nelle parti aggettanti, in particolare nella zona del capo e nella parte superiore delle braccia.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Fessurazioni sulla superficie

Nelle gambe erano ben visibili sia delle crepe molto profonde ed estese, causate da pressione meccanica o da caduta, situate all’altezza del ginocchio, sia delle cadute di colore di diversa ampiezza.

Anche sulle mani vi erano vistosi segni di cedimento e di cattiva conservazione: in particolare, la destra era priva di struttura anatomica, mentre la sinistra evidenziava, prevalentemente nel palmo, importanti parti mancanti.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Particolare della mano destra Particolare della mano sinistra

Per via delle fratture lungo gli arti inferiori e superiori, che lasciavano intravedere le giunture tra le forme, è ipotizzabile che esso sia stato foggiato entro calchi in gesso.

Nelle parti di maggior tensione, localizzate nello specifico nella zona ascellare, erano presenti delle fratture con relative cadute di colore.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Fratture parte anteriore fratture parte posteriore

Ciò può essere attribuito ad un incidente, presumibilmente una caduta, che ne abbia provocato il suddetto stato di conservazione.

La doratura che corre lungo i bordi della croce presentava delle mancanze, sotto le quali era visibile il bolo e la preparazione. Il crocifisso era anche interessato da numerosi attacchi di insetti xilofagi e alcune fessurazioni che ne compromettevano una giusta visione.

Intervento di Restauro
Fissaggio cautelativo

Tenuto conto dello stato dell’opera, è stato necessario eseguire, innanzitutto, un fissaggio cautelativo, mediante iniezioni di resina acrilica e vinilica (Vinapas) con l’ausilio di carte giapponesi, per l’ancoraggio degli strati sollevati.

Preconsolidamento

Essendo l’opera soggetta a instabilità della struttura ed esposta a rischio di ulteriori fratture, si è reso indispensabile effettuare un rinforzo che permettesse una maggiore coesione della forma. Esso è stato eseguito con carta giapponese applicata con un pennello intriso nell’alcol polivinilico (Gelvatol).

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Applicazione del Gelvatol

Nello specifico, le zone particolarmente interessate da questo intervento sono le parti di maggiore localizzazione delle fenditure.

Consolidamento

La struttura dell’opera, dopo questo primo intervento, era ancora molto precaria, quindi si è provveduto a creare un armatura interna, in particolar modo nelle parti ove le rotture erano di maggiore estensione.

Innanzitutto si sono rimossi, attraverso bisturi, le parti soggette a crepe e perdita di adesione del tessuto figurativo, rendendo visibile la tela di canapa e lino originarie, che, avendo ormai perso la staticità e l’elasticità necessaria, sono stati rimossi utilizzando, all’occorrenza, una piccola fresa, stando molto attenti a non intaccare i contorni non interessati da cadute.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta
Asportazione nella zona ascellareVisione delle tele originarie

Particolare zona gambe
In seguito, per creare l’armatura, si sono utilizzati dei fili di canapa applicati con resina vinilica, che andavano a creare, all’interno della fessurazione, una raggiera; nelle parti molto strette, per far aderire all’interno i fili di canapa, si sono utilizzate piccole lamine in ferro.

Procedendo nel modo qui descritto, si sono colmate le mancanze in tutto il loro spessore.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Utilizzo della fresa Particolare

In secondo luogo si è impiega la polpa di carta, fino ad arrivare a qualche millimetro al di sotto della superficie, per un ulteriore rinforzo.

La mano destra evidenziava molte problematiche, per la mancanza dell’intera struttura.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta
Stato lacunoso della mano destraInterno mano destra

Ci siamo avvalsi di cordoncini per ancorare i due lembi di canapa delle dita,
e in seguito abbiamo introdotto all’interno un perno di acciaio zincato di 3 mm di diametro, ancorato con della resina epossidica.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta
Zona ancorata da morseRicostruzione mano destra

Per evitare che durante l’ operazione si muovesse la parte interessata, è stata fermata con l’ausilio di morse.

Nello scheletro è stata inserita della polpa di carta per dare consistenza, dopodiché, per creare una superficie d aggancio tra le garze di lino dell’opera, si è utilizzata della fibra di canapa, applicata con resina acrilica.

Per pareggiare l’intera struttura si è riutilizzata la polpa di carta.

Dopo aver ristabilito un esatta connessione dell’intera struttura, si è proceduto ad un accurata spolveratura di tutta la superficie, quindi alla completa rimozione dei depositi incoerenti, allo sgancio della croce e allo spostamento della corona di spine.

Pulitura

Sulla parte posteriore dell’opera si sono effettuati dei saggi di pulitura, che hanno evidenziato una pittura a calce sottostante, leggermente grigiastra;

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Saggi di pulitura parte posteriore

si è proceduto, perciò, alla rimozione delle ridipinture, costituite da tempera e colla animale: vengono asportate meccanicamente mediante tamponi, con impacchi di soluzione satura di carbonato d ammonio, mantenuta in sospensione da un addensante (Carbopol).

Dopo aver eliminato la pittura a tempera sovrastante, si è verificato se sulla zona del perizoma, in cui era presente la pittura a calce di tonalità azzurrognola, ci fosse il colore originale o un’altra ridipintura, per cui si è operato tramite bisturi. Ciò ha rivelato, nello strato inferiore, traccie di doratura originaria, che, dopo aver eseguito delle prove in varie zone del modellato, è risultata presente su circa il 50 % del panneggio.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Pulitura del Cristo Presenza di doratura

Essendo essa molto fragile all’azione dei solventi, si è intervenuti mediante azione meccanica; quindi si sono effettuati dei saggi di pulitura sulla parte posteriore dell’opera, per non compromettere le zone di maggior importanza figurativa.

L’ operazione non ha dato risultati soddisfacenti, poiché, essendo uno strumento molto aggressivo, esponeva a rischio il modellato originario e la conseguente perdita della doratura.

Sono state effettuate varie prove con prodotti diversi per giudicare quale fosse il più idoneo.

La prima verifica è stata compiuta applicando, per mezzo di una spatolina, un impacco costituito da C2000 tensioattivo associato all’addensante Carbopol, che crea una tensione tra lo strato di sporco e di ridipintura e la superficie originale.

Dopo averlo lasciato agire per circa 20 minuti, è stato rimosso mediante spatola
e si è proceduto imbevendo il tampone nel C2000 tensioattivo concentrato, e massaggiando la parte interessata, avendo cura di cambiarlo spesso.

Una volta raggiunto un risultato accettabile, si è intervenuti bloccando l’azione dell’impacco, utilizzando una spugna imbevuta d acqua e, all’occorrenza, una successiva tamponatura con carta assorbente.

Questa prova, però, non era ancora sufficientemente efficace per il nostro scopo, in quanto indeboliva la presa del colore a calce, ma non provvedeva alla sua totale eliminazione.

Quindi si sono rese d obbligo ulteriori strategie applicative.

Dapprima si è utilizzato un impacco di amberlite 6744OH unita con acqua, quindi con scialbante e acqua e, infine, con un composto costituito da amberlite ir 120H e acqua.

Durante ogni prova di pulitura è stata applicata la pellicola trasparente.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta
Prove di pulitura Applicazione pellicola trasparente

Avendo dato tutti e tre i tentativi esiti inferiori alla prova precedente, si è proseguito con altri controlli: dapprima con l’amberlite ir120H associata con il tensioattivo C2000 concentrato, poi con il Solven Gel, associato con il medesimo detergente.

Anche queste verifiche, però, sono risultate vane.

Una soluzione soddisfacente si è ottenuta con l’impiego dell’acido acetico e l’ammoniaca.

Nello specifico, si intinge il tampone nell’acido acetico puro e lo si stende sulla parte da indagare, avendo cura di massaggiare dolcemente e di cambiare spesso il tampone.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Pulitura perizoma

In seguito, si prende un tampone asciutto e lo si inumidisce in una soluzione di 50% di ammoniaca e 50% d acqua. Per arrestare l’azione dell’acido, infine, si tampona la porzione con una spugna irrorata d acqua; ove necessario si impiega la carta assorbente.

Per tutta la durata dell’operazione si è dovuto utilizzare la mascherina protettiva, per la tossicità dei prodotti usati.

Ultimata la pulitura, si eliminano i residui passando il White Spirit, mediante tampone e ricorrendo al bisturi per le rimanenze del colore a calce.

Stuccatura

Per riportare a livello originario le lacune, si pone, sulla polpa di carta, lo stucco, formato dal gesso di Bologna, colla di coniglio e acqua (si tratta di uno stucco dall’ottima tenuta e facilmente carteggiabile).

Dalla quantità di colla animale dipende la durezza che si vuole ottenere: a maggiore quantità corrisponde una migliore durezza e resistenza dello stucco.

Per la sua realizzazione si è utilizzato il 7% di colla di coniglio, che si presentava sotto forma di grani, unita con il 93% d acqua e lasciata gonfiare per circa 4 ore;

Restauro della Cartapesta
cartapesta-83

Preparazione stucco

nel frattempo si è setacciato il gesso di Bologna, affinché non si formassero grumi.

La colla così ottenuta è stata scaldata a bagnomaria ed unita con il gesso, avendo cura di amalgamare bene il tutto.

Si è stesa, quindi, una prima mano di stucco, avendo l’accortezza di ancorarlo bene ai margini della lacuna;

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Applicazione dello stucco

Questo procedimento viene eseguito per strati sovrapposti, per permettere una giusta fusione.

La zona del piede aveva già subito una stuccatura, ma, essendo molto grossolana, è stata ridotta con il bisturi, per accogliere anch’essa lo stucco utilizzato per colmare le lacune (ogni stucco possiede un grado d assorbimento diverso). La parte indagata è stata preventivamente inumidita con l’ausilio della spugna per indebolirne l’azione.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Abbassamento di una stuccatura

Levigatura

Asciugato il gesso, si procede a levigarlo seguendo l’anatomia dell’opera, utilizzando delle limette di vario spessore e forma e della carta vetrata fine per le parti difficilmente raggiungibili.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Levigatura della mano destra

Non appena portato il livello in prossimità dell’originale, si interviene con dei tamponcini precedentemente imbevuti d acqua e con un movimento circolare dall’esterno verso l’interno si leviga la superficie e si contorna in modo netto l’area d interesse.

E molto importante che si cambino molto spesso i tamponi affinché l’operazione segua la giusta procedura.

Integrazione pittorica

Per una corretta metodologia, la reintegrazione pittorica delle lacune deve essere distinguibile dall’originale e reversibile, cioè deve poter essere asportata senza danneggiare l’originale. Essa deve dunque ricostruire il tessuto figurativo ristabilendo un collegamento formale e cromatico.

Si sono utilizzati, quindi, i colori a tempera per creare la base che poi accoglierà i colori ad acquerello.

In seguito si uniscono i pigmenti con acqua: essi sono stati scelti per dare uniformità all’incarnato, perciò si sono uniti il bianco, il blu cobalto, la terra naturale e bruciata e la resina acrilica (Primal al 20%) per dare coesione al fondo.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Preparazione delle tempere

Successivamente si sono effettuate varie prove sull’opera, naturalmente nella parte posteriore per riuscire a ricreare un tono inferiore rispetto al colore originale.

Raggiunto tale scopo con l’ausilio di pennelli, si stende il colore a strati sovrapposti, evitando di contornare la stuccatura, ma creando una continuità con l’originale.

Le pennellate non devono essere nette, di conseguenza bisognerà incrociarle.

Restauro della Cartapesta
Restauro della Cartapesta

Integrazione pittorica a tempera

Anche per la zona del perizoma si esegue lo stesso procedimento utilizzato per l’incarnato, variando però il colore di base: ocra gialla associata al bianco.

Questa operazione si è utilizzata anche per eliminare, soprattutto nella parte vicina al perizoma e nelle parte posteriore, le varie prove di pulitura effettuate precedentemente.
Ultimato l’ intervento con la tempera, si procede a fissarlo mediante l’applicazione delle gomma lacca decerata al 5%, che possiede un alto potere adesivo e una buona penetrazione

Restauro della Cartapesta
integrazione pittorica


Per ultimare l’ integrazione pittorica delle lacune, si procede con leggere velature ad acquerello, che permettono di ristabilire l’ uniformità della superficie, senza mai rischiare di alterare lo strato pittorico che ricopre, essendo questa una tecnica trasparente e reversibile.

Dovrà essere una ricostruzione invisibile alla normale distanza richiesta dall’opera, ma facilmente individuabile da vicino.

Per poter ricollocare il Cristo sulla croce, si è reso utile inserire dei perni in vetroresina ancorati con resina poliestere sul retro dell’opera (dove erano presenti due fori che probabilmente ospitavano spine di sostegno andate perdute o rimosse in precedenti interventi. ndr)

Ultimato l’intervento di restauro, l’opera viene definitivamente ripristinata sul suo supporto originario.

Restauro della Croce lignea
Restauro della Cartapesta

La Croce lignea restaurata
Pulitura

Poichè la croce era ricoperta da depositi incoerenti e da pulviscolo atmosferico, si è proceduto alla loro rimozione con un pennello, mediante spolveramento a secco.

Successivamente, per una pulitura più efficace, si sono utilizzati dei tamponcini imbevuti in acqua distillata.

Disinfestazione globale cautelativa.

Il legno è un materiale vivo , nel senso che, anche dopo molti anni, mantiene una certa capacità di reazione all’ambiente, quindi è soggetto ad attacchi di insetti xilofagi e da microrganismi: perciò si è reso necessario effettuare una disinfestazione della struttura utilizzando il fungicida Perixsil.

Stuccatura delle lacune.

Lo stucco utilizzato è costituito da gesso di Bologna e colla di coniglio.

Esso funge sia da preparazione per ristabilire la doratura lungo il perimetro della croce, sia per dare continuità alla struttura.

Reintegrazione della doratura.

Per ripristinare la doratura è stata utilizzata la tecnica a bolo , dovendo dorare una superficie estesa. Essa consiste nello stendere delle foglie d oro su uno strato di terra rossa: il bolo. Questo permette di scurire la superficie dorata e di ottenere una doratura luminosa e liscia. Grazie a un gioco di trasparenze, il bolo crea nell’oro dei riflessi rossi. La foglia d oro successivamente viene brunita , cioè lucidata con una pietra d agata.

Integrazione pittorica

Per ristabilire il collegamento cromatico interno della croce, si è effettuata un integrazione pittorica ad acquerello mediante velature sovrapposte.

Montaggio

Ultimato il restauro della croce si procede al montaggio di tutte le sue parti.

Prodotti utilizzati
  • Vinapas: resina acrilica (primal )AC33 associata alla resina vinilica
  • Resina epossidica : polimero termoindurente.
  • Carbonato d’ammonio: è un sale d’ ammonio dell’acido carbonico.
  • Carbopol: acido poliacrilico.
  • C2000 tensiattivo:derivato dall’ossido di etilene.
  • Amberlite 6744OH: resina a scambio ionico anionica forte
  • Amberlite ir120H: resina a scambio ionico cationica forte.
  • Solvent Gel: pulente altamente efficace e controllabile, contiene tensioattivi e liminene.
  • Acido acetico: acido debole, utilizzato per puliture leggere, miscelabile in acqua.
  • Ammoniaca: è un composto dell’azoto di formula chimica NH3
  • Polpa di carta: supportante cellulosico per impacchi.
  • White Spirit: liquido limpido, miscela di idrocarburi insolubile in acqua, miscibile con molti solventi organici.
  • Gomma lacca: resina animale.
  • Resina poliestere: Resina sintetica, quella insatura è un liquido più o meno viscoso di colore giallo paglierino che indurisce con l’aggiunta di catalizzatore.
Conclusioni

Ultimato l’intervento di restauro, spero di riaver ripristinato quell’integrità che era venuta a mancare all’opera, nell’intento che la sua interezza possa ristabilire quel contatto tra uomo e divino.

L opera ora dovrà essere collocata in un ambiente protetto per evitare sbalzi di temperatura e di umidità, bisogna evitare che si verifichino attacchi microbiologici (come ad esempio di batteri cellulositici, che distruggono la cellulosa con gravissime conseguenze) o di insetti xilofagi (coleotteri o isotteri come le termiti).

Per questo motivo, non è consigliabile che esso venga ricollocato nell’oratorio di San Francesco in Confortino, a causa dell’umidità che ne caratterizza l’ambiente, almeno fino a quando non si effettuino gli interventi di recupero e restauro sopra indicati.

Dalla mia ricerca è emerso che probabilmente furono i Leccesi ad apprendere l’arte della cartapesta dai Bolognesi, ma quest’ultimi la consideravano, al pari dei loro committenti, materiale vile, quindi ciò ha fatto sì che non ci fosse quell’amore, quella costanza, quella passione che ha caratterizzato le opere dei cartapestai salentini: infatti, a Lecce, l’evoluzione della cartapesta è stato un fenomeno unico che non si è ripetuto in nessun altro posto.

Gran parte degli statuari erano delle persone semplici ed oneste, animati solo da una grande passione per quest’arte. Certamente non cercavano la ricchezza (nessuno di loro risulta sia mai diventato ricco), ma un po di gloria sì.

Nel caso delle cartapesta c è da dire che mai due statue potranno essere identiche, perché queste, nel corso delle varie fasi della lavorazione, vestitura, focheggiatura, dipintura, assumevano ognuna una fisionomia, un panneggio ed un portamento proprio.

Perciò possiamo dire che sono dei veri e propri pezzi unici.

Mi auguro che la gente si avvicini all’arte della cartapesta e la scopra con volontà e pazienza, perché essa, considerata arte minore, racchiude in sé capacità di modellare, dipingere, esprimersi, suscita inventiva ed estro. Quindi non meno importante delle Arti cosiddette maggiori.

Questa plurisecolare arte, che a Lecce ha trovato inimitabile realizzazione, vive ancora grazie all’amore, alla fede e alla ferrea volontà di fermare il tempo che anima gli ultimi cartapestai. Dovremo appunto conoscerla affinché essa ci possa stupire e travolgere. Solo così quest’arte può diventare eterna.

Ringraziamenti

Per la buona, almeno spero, riuscita di questa tesi, sono state fondamentali delle persone che vorrei ringraziare per il loro aiuto sia didattico che morale.

Vorrei iniziare con il mio relatore, William Lambertini, il quale mi ha dato sempre consigli utili per la buona riuscita del lavoro e per aver avuto fiducia in me, assegnandomi il restauro del Cristo.

Il mio correlatore, Alfonso Panzetta, sempre presente per le ricerche bibliografiche avendomi prestato libri a lui molto cari.

I miei genitori per avermi dato la possibilità economica di studiare fuori e quindi di non avermi ostacolata nelle mie scelte anche se ciò presupponeva un allontanamento da loro.

I miei fratelli, sempre presenti, i quali hanno dovuto sopportare, soprattutto in questo periodo, le mie angosce e i miei scleramenti .

Mauro, il quale è stato fondamentale per la realizzazione del power point, visto che le mie conoscenze informatiche, sono, diciamo un po scarse e limitate.

Stefano, il quale ha vissuto intensamente questo periodo di esaurimento , sempre pronto a tranquillizzarmi e a darmi dei consigli utili, colgo l’occasione per tranquillizzarlo dicendogli che non sono sempre così.

Concludo ringraziando Gloria, che ha intrapreso con me, questo lungo viaggio durato tre anni, sempre pronta a tirarmi su nei momenti difficili che la vita ci pone ad affrontare e per le innumerevoli mattine, riportata alla luce dall’aroma del cappuccino caldo, il quale dava un ottimo stimolo iniziale per affrontare un’altra giornata di studio e di ricerca.

Bibliografia delle opere consultate
  • A.FOGLI-D.TONINI, Le statue da l’ arie pietose , ovvero la grande stagione dell’artigianato della cartapesta a Bologna e a Faenza, dal 1700 al 1900, opera inedita in corso di pubblicazione.
  • CATERINA RAGUSA, Guida alla Cartapesta Leccese. La Storia i Protagonisti la Tecnica il Restauro, Congedo editore,1993.
  • E.ROSSI-ROISS, Cartapesta & Cartapestai, Maestà di Urbisaglia (MC), Libera Università Europea, 1983,E. ROSSI-ROISS, Cartapesteide, QuattroVenti, 1985.
  • GIUSEPPE DE SIMONE, Tesori di carta, Le raffigurazioni sacre in cartapesta nelle chiese di Lecce, Edizioni del Grifo, Lecce, 2002.
  • GIUSEPPINA PERUSINI, Il restauro dei dipinti e delle sculture lignee, Storia, teorie e tecniche, Del Bianco Editore, Udine,.
  • MARIO DE MARCO, Angelo Capoccia e la cartapesta leccese, Capone Editore, Cavallino di Lecce, 1992.
  • SILVIA RUBINI,Chiese e oratori di Crespellano, Comune di Crespellano, stampa 2003, p.127.
  • S. VINCENZO DE PAOLI, CONFERENZE DI CENTO, testimonianze di un arte povera, Cartapesta di soggetto religioso dal XVI al XX secolo, Catalogo della mostra, Cento, stampa a cura della Società S. Vincenzo De Paoli, 1987.
  • JAMES HALL,Dizionario dei soggetti e dei simboli nell’arte, Longanesi & C. editore, Milano, 1983.

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