Cristo Deposto – Rassegna stampa
Fonte: Ezio Flammia e il suo intervento sul Cristo Deposto Data: 11-03-2003 della Chiesa di Madonna di Campanile tratto da “Sannio Quotidiano” autore Sandro Tacinelli
Vedi Il Restauro del “Cristo Deposto” in cartapesta
Ha esposto le sue opere in numerose rassegne allestite in diversi angoli del mondo (in questi giorni in Egitto). Ma prova di certo qualcosa di più di un semplice piacere, quando dedica arte (e tempo) alla sua Frasso.
Il maestro Ezio Flammia domenica scorsa, nella Chiesa della Madonna di Campanile, ha presentato il restauro del Cristo Deposto , una scultura che di certo apparteneva al primitivo patrimonio artistico-religioso della stessa chiesa. E che, per l’artista, rappresenta l’ennesimo omaggio ad una comunità alla quale si sente legato a filo doppio e non solo per esservi nato.
Il restauro effettuato riguarda un opera canonica , realizzata in cartapesta alla fine del Settecento, da un ottimo maestro cartapestaio. La cui grandezza naturale misura un metro e 63 centimetri, per un peso di circa 5 chili, facile quindi da posizionare sia per essere adagiato su un cataletto per un allestimento di Sepolcro in Chiesa, sia per il trasporto processionale.
Si tratta di una scultura di indubbio valore – ha spiegato nella sua relazione il maestro Ezio Flammia -. Basta considerare alcuni aspetti. Innanzitutto il modellato di carta, rafforzato all’interno da distanziatori di legno, e l’ottima preparazione a gesso che conferisce alla leggera scultura una consistenza materica che le ha permesso di conservarsi sino ad oggi. Inoltre il corpo atletico del Cristo è asciutto con numerose ferite enfatizzate dalla perizia esecutiva: sollevamento dei tessuti, carne viva grondante di sangue, a rivoli, a gocce, raggrumato, sporco di polvere. Le ferite sono circondate da un colore grigio verdastro a simulare l’ematoma, conseguente il ferimento .
Un rilievo a parte merita il volto del Cristo, con il pallor della morte , in quanto modellato nell’atteggiamento di estrema sofferenza, nel quale si notano: il volto (dal profilo greco), la chioma fluente di color castano scuro, la barba a due punte, la fronte grondante di sudore e sangue, occhi chiusi, bocca semichiusa, espressione di chi esala l’ultimo respiro per gli indicibili patimenti .
Quindi è un lavoro dell’iconografia devozionale, spesso presenti in alcune chiese (in prevalenza nel Sud dell’Italia), ed esposte per lo più durante i riti pasquali.
In merito allo stato di conservazione del Cristo Deposto , Flammia ha riferito che a causa di un maldestro intervento di restauro avvenuto in passato (avevano verniciato il tutto con della gommalacca), l’opera ha assunto un aspetto monocromo, con la conseguente perdita dei suoi valori estetici e religiosi.
Ma c è dell’altro. Che così ha sintetizzato l’artista sannita: Le mani erano, in origine, collegate al corpo e i piedi incollati tra loro. Lo scollamento degli arti ha reso più fragile la materia di cartapesta e, forse a causa dei traslochi, ripetuti nel tempo dalla sede dove era conservato il Cristo all’allestimento dei Sepolcri, si sono prodotte rotture, nell’avambraccio, nell’omero di destra, nelle giunture delle falangi delle mani, nella falangetta del terzo dito del piede di destra, nel basso ventre, nel perizoma e lievi incrinature ovunque .
Con questo restauro la Chiesa di Campanile si arricchisce di un’altra scultura recuperata al degrado e restituita alla sua funzione di devozione, realizzata per espresso desiderio della signora Maria Filomena Norelli (a memoria del marito Pasquale Franco) e particolarmente voluto da Don Valentino Di Cerbo.
Il “Cristo deposto” in mostra al Museo diocesano di Milano
Vedi Il Restauro del “Cristo Deposto” in cartapesta
Fonte: La scultura in cartapesta. Sansovino, Bernini e i maestri leccesi tra tecnica e artificio in Mostra al Museo diocesano di Milano dal 5 gennaio al 30 marzo 2008 Alla mostra è in esposizione anche il “Cristo deposto” restaurato dal prof. Ezio Flammia (ndr)
La mostra affronta per la prima volta in Italia un genere poco noto, ma di grandissima importanza storica e decisamente sorprendente. Per secoli la cartapesta è stata un autentica arte, apprezzata per la sua duttilità e leggerezza, per l’estrema adattabilità alle più disparate esigenze e per le eccezionali doti mimetiche del materiale, adatto a qualsiasi simulazione. I più grandi scultori del Rinascimento e del Barocco si sono cimentati con la cartapesta, producendo a volte autentici capolavori. Gran parte degli apparati effimeri delle feste venivano realizzati in cartapesta e costituivano spesso un occasione per sperimentare soluzioni audaci e inedite che poi si potevano riproporre per imprese più durature.
Il percorso espositivo comprende una cinquantina di opere provenienti da chiese italiane e da importanti istituzioni come il Museo del Bargello e il Museo Bardini a Firenze, la Pinacoteca Nazionale di Siena, il Museo Nazionale di Palazzo Venezia a Roma e il Museum of Fine Arts di Budapest, per ricordarne solo alcune.
Articolata in quattro sezioni, la mostra affianca esempi illustri di scultura ad opere di arredo sacro e di produzione artigianale: testimonianza dell’importanza, della diffusione e della versatilità di un arte non ancora degnamente considerata.
La prima sezione illustra, attraverso opere che spaziano dall’ambito di Donatello e dei più grandi scultori fiorentini, la fase sperimentale dell’utilizzo della cartapesta.
Protagonisti di questo momento sono i maggiori scultori del primo Rinascimento toscano, quali Benedetto da Majano e Antonio Rossellino, i quali, nello stesso periodo in cui si riscopriva la terracotta come materiale scultoreo, si cimentavano con altri materiali plastici quali lo stucco o appunto la cartapesta.
La mostra prosegue analizzando gli sviluppi della cartapesta e della scultura polimaterica in altri ambiti geografici; come quello veneto, dove i grandi scultori del XVI secolo usarono la cartapesta sia per creare modelli da riprodurre con materiali più solidi, che come materiale per la realizzazione delle opere definitive.
E questo il caso di Jacopo Sansovino, fiorentino di nascita ma veneziano d adozione, al quale si devono alcuni magnifici esemplari di altorilievi in cartapesta, come la straordinaria Madonna col bambino del Museum of Fine Arts di Budapest'(1530 ca. ) e restaurata in occasione della mostra.
La terza sezione è dedicata, invece, all’utilizzo della cartapesta negli apparati effimeri di epoca barocca, pochissimi sopravvissuti al tempo, il cui fasto e magnificenza venne solo in parte tradotto nei monumenti più solidi di marmo e di bronzo.
Non mancano in mostra bozzetti e vere e proprie sculture dei massimi artisti dell’epoca, a partire da Gian Lorenzo Bernini, per proseguire con Alessandro Algardi, fino alla grande scuola del Settecento napoletano.
Chiude la mostra la sezione dedicata allo straordinario sviluppo della cartapesta leccese: capitolo interessante e poco conosciuto della storia dell’arte meridionale, con alcuni eccellenti esempi settecenteschi tra i quali spiccano le opere di Mauro Manieri, senza tuttavia trascurare la produzione artigianale perlopiù legata all’aspetto devozionale delle opere stesse.
Museo Diocesano
c.so di Porta Ticinese, 95 Milano
Orari: 10.00 – 18.00. Lunedi chiuso
Biglietti: – 8,00 intero; – 6,00 gruppi; – 5,00 ridotto; – 2,00 scolaresche
(tratto da www.comune.milano.it/)
Milano – Materiale umile, eppure duttile e leggero, la cartapesta è stata apprezzata dai più grandi scultori del Rinascimento e del Barocco, come dimostra la mostra La scultura in cartapesta. Sansovino, Bernini e i maestri leccesi tra tecnica e artificio , dal 15 gennaio al 30 marzo al Museo Diocesano di Milano. Per la prima volta la rassegna raccoglierà autentici capolavori in cartapesta per indagare un argomento poco studiato e valorizzato, ma di grande importanza storica. Quattro le sezioni che esporranno sculture, opere di arredo sacro e produzioni artigianali per testimoniare l’importanza e la diffusione di un arte non ancora degnamente considerata.
La prima sezione, La cartapesta nel Rinascimento toscano , analizza la fase sperimentale che interessò alcuni dei maggiori scultori del primo Rinascimento, dall’ambito di Donatello e dei grandi scultori fiorentini, quali Benedetto da Majano e Antonio Rossellino, all’attività delle botteghe specializzate nell’esportazione di rilievi e sculture in cartapesta.
La seconda sezione, Cartapesta e scultura polimaterica nell’Italia del Rinascimento si sposta in veneto, dove i grandi scultori del XVI secolo usarono la cartapesta per creare modelli da riprodurre o per realizzazione opere definitive.
E’ questo il caso di Jacopo Sansovino, al quale si devono alcuni magnifici esemplari di altorilievi in cartapesta, come la straordinaria Madonna col bambino del Museum of Fine Arts di Budapest, realizzata intorno al 1530 ed esposta in mostra.
Uno spazio a sé è dedicato a Nero Alberti di San Sepolcro, a capo di una fiorente bottega attiva a Sansepolcro intorno alla metà del XVI secolo, specializzata in immagini devozionali, mentre Cartapeste di età barocca documenta l’uso della cartapesta nelle feste barocche, attraverso opere come la Santa Caterina di Lorenzo de Ferrari, realizzata per la maestosa scenografia allestita a Genova in occasione della canonizzazione di Caterina Fieschi. Inoltre, bozzetti e sculture dei massimi artisti dell’epoca, da Gian Lorenzo Bernini ad Alessandro Algardi, fino al Settecento napoletano.
L’ ultima parte del percorso espositivo, dedicato alla Cartapesta leccese , racconta la storia di Lecce capitale della cartapesta , attraverso esempi settecenteschi, tra cui le opere di Mauro Manieri e lo straordinario ovale raffigurante San Michele Arcangelo.
Antonio Rossellino (Settignano 1427 ? Firenze 1481 ca.) e bottega, Madonna col Bambino e angeli, Museo della basilica di San Nicola, Tolentino
Mauro Manieri, San Nicola da Tolentino, Oria, Museo Diocesano
Cartapestaio leccese, Cristo morto con angeli, Chiesa di S. Maria Assunta, Nardò (Lecce)
Giuseppe Manzo, Cristo che cade sotto il peso della Croce, Chiesa di San Leonardo, Manduria (Ta)
Vedi Il Restauro del “Cristo Deposto” in cartapesta
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