Il MobileTecniche decorative

Restauro dell’Intarsio

Fonte: Mastro Santi Del Sere restauratore in Anghiari

Premessa

Le qualità specifiche di un artigiano che intende avvicinarsi alla professione del restauratore sono molte e tutte riguardano la sensibilità per l’arte, la sua cognizione e una predisposizione naturale verso il disegno e la raffigurazione.
Credo profondamente che il bravo restauratore in fondo sia anche un eccellente artista, guai non lo fosse. Una grande perizia tecnica e una conoscenza profonda della materia, dove vogliamo intervenire, sono la base per diventare ottimi restauratori. La figura del restauratore ad hoc deve possedere una preparazione chimico scientifica e culturale accompagnata da una formazione di scuola-bottega approfondita, da consentire una miscela di conoscenze e sensibilità che porta ad ottenere un operatore capace di comprendere ed effettuare un intervento di restauro.
Conoscere aiuta a capire e quindi a rispettare qualsiasi opera d arte, anche la più umile.

Questo capitolo dedicato al restauro della tarsia vuole fornire suggerimenti teorici e metodologie da applicare per un intervento di restauro più corretto possibile.
Penso che sia appropriato usare il termine possibile in quanto nessun intervento può essere esente da critiche dimostrando in assoluto un valido intervento di restauro.
La prerogativa del restauro è mirata a far prolungare più possibile nel tempo un opera d arte, accettando consapevolmente il ciclo vitale di un opera.
Il restauro, nei secoli, ha seguito mode e scoperte scientifiche che modificano, anche adesso, le metodologie d applicare alla conservazione di opere.
Molti artisti e storici dell’arte si sono pronunciati nel corso delle epoche nel dare giuste indicazioni per la conservazione delle opere d arte dettando delle regole da osservare per questo tipo di Arte .
È solamente da pochi decenni che si parla di restauro come azione critica preoccupati di dare dei canoni, più corretti possibili, da applicare ad un intervento di restauro; con l’intento di far leggere qualsiasi azione reintegrativa apportata ad un opera per non incorrere nel falso storico. In Italia questo problema per la conservazione di opere è stato codificato da una serie di Carte del restauro che sono state redatte dagli anni 30 fino agli ultimi decenni (Carta di Venezia 1964, Carta del restauro 1972 e Carta CNR 1987)
La prerogativa delle carte di restauro è mirata, oltre alla salvaguardia delle opere, alla riconoscibilità e alla reversibilità di un qualsiasi intervento

Il problema relativo ad una lettura visibile di restauro ha portato inevitabilmente a due linee di pensiero.
Il più nobile, da collocare sotto la tutela delle Soprintendenze ai Beni Culturali è mirato al recupero e alla conservazione di opere che consentano alle generazioni che verranno, una lettura più corretta possibile dell’opera come si presentava originariamente.
I criteri suggeriti dalla carta del restauro, dovrebbero riguardare anche quando si opera in manufatti rivolti al mercato dell’antiquariato.
Per i motivi commerciali e di destinazione ad abitazioni private, che sono diversi da un manufatto da collocare in un museo, questi consigli non vengono generalmente attuati specialmente nel campo del restauro di mobili.
Con questo non voglio giustificare ne distinguere gli interventi di restauro da attuare per un qualsiasi valore, o distinguendo manufatti tra arti minori e arti maggiori, perché ogni opera anche se di minore importanza ha dei valori storici e culturali da salvaguardare.
Come tutti sanno il restauro commerciale privilegia il camuffamento delle parti ricostruite, quindi il valore di un buon restauro, sta nella bravura dell’operatore a mascherare più possibile, nel caso dei mobili, le parti reintegrate, pur di ridare all’oggetto un valore estetico e di uso.
Il mercato dell’antiquariato è sempre esistito ed ha seguito il gusto nelle varie epoche pur di ridare un valore mercantile ad un manufatto, senza tenere conto, nella maggioranza dei casi, della riconoscibilità dell’intervento, cambiando a volte anche il valore d uso o peggio il significato ad un opera figurativa.
Con questo non voglio demonizzare in assoluto il restauro eseguito a scopi commerciali, credo che in molti casi abbia contribuito a salvare opere che sarebbero state abbandonate per incuria o per ignoranza. Non è da sottovalutare il restauro di queste opere solamente perché rappresentano manufatti da destinare al mercato o per il semplice motivo della loro funzione di oggetti d uso e di estetica nelle abitazioni; ciò sarebbe riduttivo e molto pericoloso.
Giustificare un qualsiasi intervento, solamente per questi valori , può causare danni irreparabili ad un manufatto.
Affidare ad un restauratore sensibile e qualificato, un qualsiasi manufatto, sicuramente limita i traumi di un intervento di restauro. Questi sicuramente saranno meno invasivi rispettando più possibile l’aspetto originario dell’oggetto.
La regola dei restauratori di una volta era quella nel dire meno si tocca un opera e meglio è in una piccola frase come questa, si può capire il rispetto e l’amore nei confronti dell’opera d arte rivolta alla sua conservazione.

Per essere dei capaci restauratori di mobili, bisogna essere in fondo anche dei bravi ebanisti. È impossibile immaginare un restauratore di manufatti lignei che non conosca la storia del mobile, o che non sappia distinguere i vari tipi di legno e le tecniche di costruzione.
Aggiungerei che un restauratore completo, oltre che ottimo ebanista, deve essere in grado di conoscere e di eseguire le varie discipline decorative applicate in un mobile nel corso della sua storia. Non vorrei sembrare blasfemo, ma a mio avviso un eccellente falsario è in fondo anche un bravo restauratore, perché conosce approfonditamente tutte le tecniche decorative e di costruzione di un opera lignea dei tempi passati.
Aggiungerei che il restauratore moderno non si deve limitare ad utilizzare le tecniche e i prodotti usati nei tempi passati. Egli per compiere un restauro conservativo atto a prolungare nel tempo l’opera d Arte deve saper integrare servendosi dei nuovi prodotti e strumenti di analisi innovativi

La scheda tecnica

In questo paragrafo vorrei elencare dei consigli, frutto di insegnamenti derivati dalla scuola e successivamente da corsi di formazione promossi dalla mia provincia dove ho appreso una condotta esemplare per affrontare un corretto intervento di restauro.
Prima di iniziare un qualsiasi restauro l’operatore fa di regola una serie di considerazioni mentali che cercano di analizzare tutti gli aspetti e i valori dell’oggetto da restaurare.
Valutare mentalmente un restauro non basta per capire profondamente tutti gli elementi che devono essere considerati in un intervento.
Per valutare un opera, prima di procedere, consiglio di compilare una scheda tecnica di restauro dove siano elencate tutte le indicazioni scaturite da una prima analisi.
Queste informazioni ricavate dall’oggetto, ci aiuteranno a redigere un progetto di restauro che contenga la descrizione della fase esecutiva.

Scheda tecnica

Analisi del mobile:

descrizione generale del mobile legno/i impiegati per l’ossatura; qualora il mobile si presentasse listrato o impiallacciato elencare i tipi di essenza adoperate per la listratura del manufatto.
Esempio:
radiche, piume disposizione dei piallacci.
rilevamento delle misure, datazione e luogo di origine.

Stato di conservazione:

serie di valutazioni di come si presenta l’oggetto
Esempio:
sconnessioni stato della superficie legnosa ritiri o crepe, se attaccato da insetti.
restauri precedenti.

Descrizione dell’intarsio:

Delineazione del motivo, figurativo floreale geometrico. Se presenta colorazioni, tinture, ombreggiature o essenze diverse da legno avorio madreperla ecc.. Tipi di piallacci impiegati indicandone lo spessore.

Trattamento della superficie di finitura del mobile:

tipi di vernici, cere o resine impiegate.

Il progetto di restauro
Valore d’ uso.

Considerare e valutare il valore d uso ad un manufatto e conoscere la sua collocazione a fine intervento è la prima delle osservazioni da analizzare.
Un mobile si può considerare una vera e propria architettura, considerato come una struttura sicura che deve reggersi su solide fondamenta per essere usata adeguatamente, ripristinando, quando necessita, le sue funzioni d uso quotidiane.
La ricostruzione di slitte di scorrimento, guide dei cassetti e interventi atti a ridare al mobile la sua funzione primaria, si devono eseguire rispettando la tipologia di costruzione originaria.

Riconsolidamento

In molti casi il mobile presenta parti friabili sia nella struttura che nelle decorazioni intarsiate, provocati dalla umidità o deteriorate da insetti xilofagi. È opportuno riconsolidare per imbibizione o per iniezione, questi vuoti, con resine acriliche o a base di metacrilato tipo ( paraloid b72). Si può anche intervenire utilizzando il vecchio sistema dei bagni di colla forte molto diluita per rinforzare riempiendo i vuoti provocati dai tarli e dagli agenti atmosferici.

Decapatura

Di norma, ma non sempre è necessario, si esegue la ripulitura di un mobile.
Questa operazione deve rispettare la patina del mobile e va eseguita utilizzando prodotti possibilmente non aggressivi che possano essere inibiti con sostanze adatte a neutralizzare il loro potere corrosivo.
È sconsigliato operare con strumenti meccanici, tipo raschietti cartavetrata o simili, quindi limitarne l’uso solamente quando è indispensabile.
Ad esempio, nel caso si usasse un decapante neutro è opportuno disattivare l’operazione di ripulitura con essenza di trementina a fine intervento.
È sconsigliabile adoperare prodotti caustici o peggio acidi, che se usati con leggerezza, risultano molto pericolosi per l’operatore e per l’opera. Di regola queste sostanze non si riescono a neutralizzare bene rimanendo attive per decenni con il loro potere corrosivo attivo. Nelle tarsie la ripulitura è una operazione molto delicata e va valutato e analizzato con la massima accuratezza se ci sono velature o colorazioni superficiali che possono essere tolte da sverniciatori non idonei. Molte volte anche l’uso di semplici sgrassanti può compromettere seriamente una tarsia.
È opportuno procedere per gradi con qualsiasi tipo di ripulitore. Anche l’uso del comune decapante neutro può essere pericoloso. Per rendere questo tipo di ripulitore meno aggressivo è opportuno diluirlo con alcol.

Reintegrazioni

Quando si deve ripristinare un qualsiasi elemento si deve tenere conto della sua reversibilità.
Questo accorgimento è da considerare prioritario in special modo quando si reintegra una decorazione intarsiata.
Solamente nel caso di un mobile intarsiato che deve essere collocato in ambienti caldi, dove non viene mantenuta una costante umidità come nelle abitazioni attuali, è consigliabile adoperare colle viniliche, che consentano di ostacolare il problema.
Negli ultimi decenni si sono perfezionati più sistemi d intervento atti a rispondere al problema reintegrazione, che regolino questa operazione per non incorrere in ricostruzioni arbitrarie o non riconoscibili.
Negli anni sessanta era consuetudine attuare un restauro neutro, (scientifico) lasciando la parte vuota o inserendo una materia diversa, o come nel caso riguardante i manufatti lignei, ricostruire la parte mancante con un essenza diversa da quella originale per evidenziare la reintegrazione apportata.
Dalla metodologia purista le tecniche di reintegrazione si sono evolute forse è meglio usare il termine modificate, prendendo esempio dalle metodologie d intervento che si applicano per i quadri o tavole dipinte, dove si adopera per reintegrare le lacune la tecnica della selezione cromatica, che consiste, nel ricostruire tramite del tratteggio con dei colori a vernice le zone danneggiate.
Oppure intervenire con la tecnica denominata della anastilosi, che consiste nel ripristinare una raffigurazione intarsiata identica all’originale, facendola distinguere con piccoli dettagli che la possono differenziare dalle parti originali riscontrabili solamente ad occhi esperti.

Disinfestazione

La disinfestazione si può eseguire a pennello o per iniezione; ci sono in commercio validi prodotti a base di permetrina che sono in grado di immunizzare e prevenire il tarlo.
Il trattamento più efficace rimane in assoluto quello a camera a gas, che va sempre e comunque accompagnato con un terapia preventiva con i prodotti a base di permetrina.

Stuccatura

Un buon intervento di restauro deve limitare l’uso di stucchi o ripristino e riprese di materiale con questo tipo di prodotto.
È buona norma, per riprendere piccole crepe o chiudere i fori dei tarli, usare stucchi a base di colla di coniglio, gesso di Bologna e terre colorate, oppure composti pronti, che si trovano nelle mesticherie specializzate già confezionati con varie gradazioni di colore.
Se ci troviamo di fronte a reintegrazioni consistenti di materia sono da privilegiare stucchi a base di resine epossidiche, bi componenti come l’araldide, che hanno una consistenza maggiore e sono reversibili.
Sconsiglierei gli stucchi bi componenti al poliestere per il motivo che sono molto duri e possono, esercitare dei punti di forza più forti dell’essenza originaria, che nella maggioranza dei casi è molto debole. Altra considerazione negativa riguarda la loro non reversibilità e l’aspetto estetico non molto edificante risultando, dopo qualche mese dall’opera di ripristino, la sembianza dello stucco sintetico.
Altra sostanza che non provoca danni è lo stucco a cera. Questo tipo di composto se usato per piccole riprese, chiaramente dello stesso tipo di colore del legno originale, da un buon risultato di amalgama con la parte originale.

Lucidatura

La lucidatura è l’ultima operazione da eseguire in un mobile intarsiato, Questa deve rispettare il tipo di lucidatura originaria, ritrattando la superficie con la medesima vernice.
ad esempio spirito e gommalacca steso a tampone o con trattamento a cera, che sono le due tecniche maggiormente impiegate nei mobili nel corso delle varie epoche.
Anche per la fase finale del restauro, ovvero la lucidatura, dovremo tenere un comportamento corretto atto a lucidare il mobile con le stesse tecniche e operazioni con cui è stato finito originariamente, senza adoperare prodotti non adeguati, (es. vernicette varie, vernici poliuretaniche turapori. )
La lucidatura dovrà essere effettuata con la stessa tecnica di lucidatura originaria, evitando di usare aerografi o macchine lucidatrici che non erano usati nell’epoca di costruzione del manufatto. L utilizzo di aerografi è giustificato quando si restaurano mobili moderni dove la lucidatura era applicata anche con l’ausilio di questa tecnica.


Un precedente restauro male eseguito aveva eliminato completamente la profondità del calice

È sempre opportuno documentare l’intervento di restauro con una scheda illustrativa e una adeguata documentazione fotografica per consentire una riconduzione dell’oggetto prima e dopo l’intervento.

Qui lo studio per ridare al calice la sua originaria profondità

Questo intervento deve far pensare per la leggerezza di un restauro che può causare, come in questo caso, una lettura falsa, che stravolge l’iconografia dell’oggetto.
In un opera, dove prevale l’aspetto iconografico, il restauro deve tenere conto prioritariamente di questo. Può essere giustificabile un intervento di ripristino sempre se abbiamo dei riferimenti certi e informazioni sicure da dove poter attingere cercando di ridare una lettura corretta all’oggetto, ricostruendo il calice nella sua giusta posizione di raffigurazione.

Oppure forse è corretto lasciare la parte vuota senza ripristinare nessun elemento.
In molti casi per il committente è indispensabile ripristinare, per un valore estetico o di culto, l’opera danneggiata.
Sarà opportuno studiare attentamente, riprendendo almeno dei riferimenti da gli altri pannelli dello stesso coro che presentano lo stesso oggetto, i tipi di legni usati la loro disposizione, i sistemi di sfumatura adottati nelle tarsie originali,
Sicuramente il restauratore che è intervenuto su questa tarsia aveva tutti questi elementi da valutare, che potevano essere ricercati e studiati analizzando gli altri pannelli del coro dove si presentano scene analoghe a questa.

Esempio di intervento di restauro

In questo paragrafo dedicato al restauro della tarsia, finalizzato al mercato dell’antiquariato dove le incrostazioni nella maggioranza dei casi, sono legate al mobile come pura decorazione, ho inserito degli esempi, eseguiti nel mio laboratorio di tipi di rappresentazione iconografica intarsiata, che sono state usate maggiormente nel corso delle epoche.
L’ esempio riguarderà il restauro estetico di una grottesca intarsiata di una parasta;

Intervento di restauro di una grottesca intarsiata.

La tarsia rappresenta un mascherone da dove fuoriescono dalla bocca dei frutti che decorano una lesena del XVI secolo.
Il restauro riguarderà una parte della tarsia collocata nella sommità della colonna, che raffigura il mascherone, per il motivo che è la parte più degradata dove è stato più significativo l’intervento di restauro.
L’ intarsio è stato eseguito su massello di legno noce di 2 centimetri di spessore, con tessere e filettature di acero inserite con la tecnica a buio.

L’ intervento di restauro.

La parte originale dell’intarsio si presentava molto fragile, perché attaccata da insetti xilofagi che avevano provocato vuoti e vesciche sotto la pelle del legno. Come prima operazione si è reso indispensabile il riconsolidamento della tarsia per imbibizione a pennello con vari passaggi di resina, paraloid b72, diluito con metiletilchetone. La seconda fase dell’intervento riguarda la ricostruzione della parte mancante del mascherone, dove non ci sono state difficoltà d interpretazione, dato che l’iconografia intarsiata originale era nella gran parte integra, da permettere una ricostruzione filologica della figura senza il problema di incorrere in soluzioni arbitrarie.
Per eseguire la ricostruzione è stato rilevato la parte integra originaria e i contorni della parte mancante dell’intarsio, utilizzando un rapido a china su dell’acetato.

Il rilievo mi servirà per riprendere la sagoma della parte mancante e mi aiuterà da riferimento per riportare i segni dei particolari sulla tessera da ricostruire.
L’ intervento successivo riguarda la reintegrazione della tessera mancante che è stata ricostruita con legno di acero di uguale spessore dell’originale e inserita perfettamente nella parte mancante dell’intarsio incollandola con colla forte.
Le incrostazioni originali presentavano rigature eseguite con ferri da intagliatore che creano i particolari delle figure. Quindi per completare il ripristino della iconografia intarsiata, ho eseguito successivamente i particolari decorativi rigati con ferri da intaglio

Tintura e lucidatura della parte reintegrata

Per eseguire una ripresa di colore, si possono usare vari tipi sostanze coloranti dai semplici mordenti, alle aniline o colori concentrati diluibili con vari medium (vedi capitolo dedicato ai materiali).
Scegliere un tipo di tintura rispetto ad un’altra sostanza colorante, deriva dalla nostra abilità pratica con il tipo di colore più confacente dove abbiamo avuto riscontri positivi.
Vorrei suggerire per la tintura una tecnica che uso frequentemente dove ho riscontrato degli esiti a me congeniali.
Questa tecnica consiste nel passare sopra l’intarsio una prima mano leggerissima di gomma lacca per creare uno velatura isolante di vernice che si interpone tra la parte nuda del legno e la ripresa di tintura eseguita con velature di colore preparato all’anilina all’alcol.
Questo sistema di colorazione si può definire reversibile in quanto le velature di colore possono essere tolte semplicemente con un passaggio di decapante neutro, riscoprendo qualora si voglia il colore naturale dell’essenza, prima del trattamento del colore, dove si potrà riscontrare la parte originaria dalla parte reintegrata.
Infine la tarsia e stata lucidata con una finitura di cera d api vergine.

 
Tecnica di taglio che consente di ottenere anche tessere piccolissime di dimensioni senza il problema che l’impiallaccitura si possa sbriciolare 

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Mastro Santi del Sere

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