Restauro pittorico

Pulitura dei dipinti: metodi generali

Fonte:  tratto da “Il Restauro dei dipinti e  sculture lignee” di Giuseppina Perusini  del Bianco Editore

Quest’analisi sarà puramente indicativa, sia perché non è questa la sede per entrare in particolari tecnici, sia perché i materiali usati per la pulitura sono in continua evoluzione ma soprattutto perché in ogni opera richiede un trattamento specifico.

Tasselli di pulitura

Prima di intraprendere una pulitura, oltre ad un attento esame visivo e alle necessario indagini scientifiche è utile, a volte, conoscere le notizie documentarie riguardanti la storia dell’opera poiché possono fornire informazioni su eventuali restauri o manomissioni da essa subiti.

Una volta eseguite le necessario indagini (sia scientifiche che storiche) si procede con l’apertura dei cosiddetti «Tasselli di pulitura» che consistono in piccoli saggi di pulitura necessari per valutare la consistenza e l’estensione di eventuali policromie sottostanti a quella visibile. Il restauratore inoltre dovrebbe avere alcune basilari nozioni di chimica e di fisica ed una buona conoscenza dei materiali originari.

Le sostanze ed il metodo impiegati per la pulitura di un opera d’ arte sono infatti strettamente legati alla natura del materiale da rimuovere nonché alla materia e allo stato di conservazione della superficie dell’opera.

Cause di degrado

Per pulitura s intende infatti la rimozione dei materiali alterati o alteranti che si trovano sulla superficie di un opera. Tali alterazioni possono essere dovute:

A) a cause naturali, cioè intrinseche ai materiali stessi o alle loro interazioni con l’ambiente;

B) all’intervento dell’uomo, cioè ad antichi interventi di manutenzione e restauro.

L’ eventuale rimozione di queste alterazioni deve essere decisa tenendo conto sia del loro aspetto estetico che della loro natura chimica; si tratta cioè di decidere se e quanto tali alterazioni modifichino l’aspetto estetico del manufatto e se e quanto la loro natura chimica e gli eventuali sistemi di rimozione possano danneggiare i sottostanti strati pittorici.

Sistema di pulitura

Ammesso che tali alterazioni vadano rimosse bisogna tener presente che qualsiasi sistema di pulitura deve essere:

A) selettivo cioè deve rimuovere solo quello che s intende asportare e

B) facilmente controllabile nel tempo e nello spazio ovvero deve agire solo ove è necessario e non deve interagire coll’opera più del tempo previsto.

Tali requisiti dipendono da un appropriata scelta del mezzo di pulitura e del suo metodo di applicazione.

Mezzi di pulitura

I mezzi di pulitura possono essere distinti in:
Meccanici che comportano una rimozione diretta degli strati alterati o alteranti senza solubilizzarli o ammorbidirli. Tali sistemi hanno il vantaggio di essere facilmente controllabili ma, oltre ad essere legati (più ancora degli altri) all’abilità manuale dell’operatore richiedono solitamente tempi molto lunghi. Fra tali mezzi di pulitura rientrano: le microsabbiatrici, il laser e soprattutto il bisturi (d’ acciaio, di legno o d osso secondo le necessita).

Chimico-Fisici che solubilizzano o ammorbidiscono una sostanza per mezzo di «solventi reattivi» che agiscono direttamente sui legami chimici degli elementi che la compongono (rompendo cioè i legami fra gli atomi) come ad esempio gli acidi e le basi. Anche i «solventi reattivi» possono venir usati direttamente o dispersi in mezzi supportanti.

Interventi misti che sono in pratica i più frequenti e consistono nell’impiego coordinato di più d uno di tali sistemi.

Biologici che si basano sull’impiego di enzimi per rimuovere sostanze di natura organica (solitamente proteica). Tale metodo, che è ancora in fase di studio, comporta alcuni problemi e richiede fra l’altro l’assistenza di un biologo giacché non è facile scegliere l’enzima specifico di una sostanza e il suo metodo d applicazione ottimale (solitamente gli enzimi vengono usati in una soluzione acquosa il cui pH è legato al tipo di enzima prescelto).

Come abbiamo detto i solventi (reattivi e non) possono venir impiegati:

A) direttamente;

B) con un mezzo supportante.

Quest’ultimo sistema permette in molti casi di ottenere quella gradualità e selettività dell’intervento che sono sempre auspicabili ma non sempre facilmente realizzabili. Con tale sistema infatti si limita e si controlla meglio la penetrazione del solvente all’interno del manufatto nonché la sua azione sulla superficie da trattare.
L’ impiego diretto, cioè applicando il solvente con un pennello o con un batuffolo, permette infatti il massimo controllo visivo dell’operazione ma non permette di controllare la penetrazione del solvente all’interno dei materiali originali.
I resti del materiale d’alterazione disciolto o rigonfiato vengono rimossi con un batuffolo imbevuto di etere di petrolio che ha anche lo scopo di diluire le molecole di solvente che rimangono sulla superficie del manufatto (non di «neutralizzarlo» come generalmente si crede).

Le sostanze impiegate come Mezzi Supportanti sono:

polveri assorbenti inerti, o attive, come le polveri silicee (talco, farine fossili, ecc.), alcuni tipi di argille (come la sepiolite) e le polveri assorbenti organiche (come le cellulose);

materiali fibrosi a fibra corta, quali le fibre naturali cellulosiche (come il cotone idrofilo, le paste di legno, ecc.) e le fibre artificiali (come le fibre di poliestere);i gel, che si possono distinguere in gel acquosi (come la metilcellulosa, l’ossietilcellulosa, ecc.) e gel organici come quelli (a base di resine) che vengono usati per gli sverniciatori;

le emulsioni, che sono dei sistemi eterogenei liquido-liquido (stabilizzati con l’aggiunta di un emulsionante) o miscele di cera ed acqua. Il limite di tali sostanze supportanti è che non essendo trasparenti (eccetto i gel) impediscono il controllo visivo dell’operazione.

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