Le Chiavi: restauro e raccolta
Fonte: Testi e immagini nella forma integrale sono pubblicati sul libro “Le antiche chiavi, tecnica, arte e simbologia” di Roberto Borali, Burgo editore 1993.
In un’epoca dal consumo indiscriminato e dal ricambio continuo, il desiderio di conservare la memoria degli oggetti, dopo gli anni o le mode, è una passione che, fortunatamente, sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone. (foto di copertina: Base espositiva in plexiglas. Chiavi femmine di epoche, tipologie e luoghi di costruzione diversi. Dimensioni della base 30×15 centimetri. ) Essendo il collezionista attratto dal fascino di riscoprire, attraverso gli oggetti, la cultura che questi rivelano, indipendentemente dallo stato di conservazione, nasce spontanea la domanda se l’oggetto vada o no restaurato. Il dibattito intorno al restauro di opere d’arte non è nato oggi: c’è chi non concepisce alcun tipo di intervento, qualunque sia lo stato di conservazione dell’oggetto e chi, invece, afferma che sia meglio restaurare a ogni costo, piuttosto che perdere definitivamente l’oggetto d’arte. La risposta, come per tante altre questioni sta nel mezzo.
Riportare un oggetto alle sue origini è spesso la scelta più sensata anche se un restauro mal fatto può seriamente e definitivamente comprometterne l’originalità e diventare di conseguenza la causa della perdita del suo valore storico, artistico e commerciale.
D’altra parte, però, un lavoro ben eseguito ridona bellezza e prolunga di molto la vita dell’oggetto, oltre a ridargli la sua originale funzionalità. Capita spesso al collezionista di trovare chiavi in pessime condizioni: sporche, ricoperte di ruggine, con l’asta piegata, la canna schiacciata, l’asse dell’impugnatura fuori piana, pettine storto, rotto o mancante… L’unicità di ogni chiave è già da sola una ragione più che sufficiente per giustificare ogni sforzo per riportarla al primitivo splendore.
Eseguire un buon restauro, soprattutto su chiavi femmine con parti rotte o mancanti, senza il rischio di compromettere l’opera, non è cosa facile. È un’operazione che deve essere eseguita con molta attenzione e solo da mani esperte. Fortunatamente esistono ancora, anche se pochi, artigiani pazienti capaci di intervenire correttamente. Sarebbe però preferibile che fosse lo stesso collezionista, dopo essersi attrezzato e impratichito su chiavi di poco valore, a effettuare l’intervento di restauro. Il nemico principale del ferro è il processo di ossidazione, visibile sulla superficie dell’oggetto per la formazione della ruggine. L’azione prolungata e libera di questo processo conduce inevitabilmente, nel suo stadio finale, alla distruzione del metallo. Per chiavi con notevole quantità di ruggine o di sporco è perciò indispensabile effettuare una prima decisa pulizia usando una spazzola rotante di fili di nylon, o di ferro sottilissimi, quel tanto che basta per togliere sporco e ruggine e mettere bene in evidenza la chiave in ogni sua parte, comprese quelle eventuali da restaurare, salvaguardando però la patina sottostante. Dopo aver effettuato l’eventuale restauro e ultimata la pulizia con spazzola rotante, la chiave va lavata, asciugata, spalmata con cera per mobili e lucidata.
Una collezione è buona anche se non comprende chiavi romane in bronzo, o chiavi capi d’opera, o chiavi barocche… Il piacere di collezionare chiavi e serrature, come per ogni altro tipo di collezione, è fine a se stesso, non è legato alla quantità o qualità artistica degli oggetti collezionati. Ogni chiave è unica, perciò già questa importantissima caratteristica giustificherebbe da sola la collezione di qualsiasi tipo di chiave. Se poi si analizza la chiave come semplice utensile, si scopre che ogni regione, ogni provincia, ogni piccolo paese ha costruito chiavi con disegni e caratteristiche proprie. Quindi un’altra maniera di collezionare chiavi potrebbe essere quella di raccoglierne della stessa tipologia o dello stesso luogo di costruzione.
Il fatto che molto spesso le chiavi siano preziose opere d’arte è un’altra motivazione più che valida per collezionarle. Quali tipi di chiavi e quale sia il sistema più idoneo per esporle dipende dal gusto e dalla sensibilità di ogni collezionista. Potrebbero, per esempio, essere appese su pannelli di legno, o esposte in vetrinette, o, se femmine, infilate in chiodi infissi in un basamento.
Ciò che conta, semmai, non è tanto come esporle, quanto il fatto che ogni chiave, o gruppi di chiavi simili, vengano corredati da didascalie che ne indichino le caratteristiche principali: epoca, zona di provenienza, tecniche di costruzione, loro indirizzo e eventuali osservazioni che valorizzino la parte o le parti più interessanti.
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