Iconografia

Storia dell Icona

I primi avversari dell’immagine

Dopo secoli l’ immagine è accolta generalmente da tutta la Chiesa. Essa prende significanza nella coscienza dei fedeli e, trasformata nell’immagine di culto diviene icona. Tuttavia nacquero delle opposizioni che però non ebbero conseguenze.
Il paganesimo e la sua arte erano ancora troppo presenti per le prime generazioni di cristiani, le quali avevano appena iniziato ad approfondire la loro fede. Per questo motivo nel  Concilio di Elvira nel 300 si è stabilito che nelle chiese non ci dovevano essere pitture.
Un secolo più tardi il paganesimo cessa di rappresentare un pericolo e l’arte sacra trova difensori nei primi padri della Chiesa.
Si viene anche a conoscenza di gesti violenti contro le icone: alcuni vescovi incominciarono a distruggere alcune immagini nelle città. Il papa Gregorio Magno loda questi religiosi per aver impedito il diffondersi dell’idolatria, ma da una parte li rimprovera poiché le immagini rappresentano comunque un insegnamento per i fedeli.

Il primo periodo iconoclastico

La crisi dell’impero bizantino, che rimetteva in discussione in tutti i campi, rappresentava la fine di un epoca.
La rivalità tra l’arte profana e l’arte religiosa hanno avuto anch’esse la loro parte. Fin dal 725 il movimento iconoclastico è sostenuto da tre vescovi dell’Asia Minore: Teodoro di Efeso, Tommaso di Claudiopolis e Costantino di Nacolia.
Sostenuti dall’imperatore, i tre vescovi procedono alla distruzione della immagini nelle loro regioni.
Proprio in questo periodo esplode un eruzione del vulcano sottomarino dell’isola di Santorino a nord di Creta, che provoca gravi danni nella regione. Leone III lo interpreta come un castigo di Dio, provocato dall’idolatria della immagini e distrugge un icona di Cristo. I fedeli tentano in tutti i modi di opporsi al volere dell’imperatore e questi decide di sostituire il patriarca Germano con un fedele cortigiano di nome Anastasio, in quanto aveva deciso di appoggiare la rivolta dei fedeli.
Così a Costantinopoli comincia una persecuzione sistematica: anche i privati dovevano bruciare le proprie icone sulla piazza pubblica e vengono condannati, torturati, messi a morte religiosi, sacerdoti e fedeli.
Fuori dall’impero si levano due avversari temibili. Il nuovo papa Gregorio III nel 731 convoca a Roma un concilio che scomunica tutti quelli che ” si opponessero alle immagini sacre e le bestemmiassero, le distruggessero o le profanassero”.
A questo affronto Leone III decide di rispondere confiscando i patrimoni di San Pietro e aumentando le imposte.
Negli ultimi anni della sua vita si accontenta di consolidare la sua opera affidata successivamente al figlio Costantino V Copronimo.
In quest’epoca la Palestina, occupata dagli arabi, trova un forte alleato, il monaco San Giovanni Damasceno, nella difesa delle immagini. Questo redige trattati teologici per giustificare il culto delle icone: non si tratta di un adorazione ma solo una manifestazione di profondo rispetto.

Costantino V e il concilio di Hiera

Il nuovo imperatore si mostra più accanito del padre, ma aumenta anche il malcontento in tutti gli strati della società. Il suocero dell’imperatore, Artavasde, organizza una rivolta e caccia l’imperatore. Il patriarca Anastasio incorona il nuovo padrone e scomunica l’antico signore, ma questi riprende Costantinopoli e punisce il traditore.
Tutto ciò porta l’imperatore a convocare un concilio per ratificare il suo editto e nel 753 a Hiera comincia il concilio.
Essendo gli atti del concilio andati perduti non si può determinare l’autore dei testi, tuttavia si pensa che l’autore sia lo stesso imperatore.
E emerso che l’unica icona possibile è l’eucarestia, che è la presenza misica dell’Incarnazione. In realtà la dottrina iconoclastica non accetta l’unione della divinità e dell’umanità, senza fusione, nella persona di Cristo, ma essa fa apparire un fondo monofisita: in questa dottrina la natura umana viene assorbita dalla divinità.
La dichiarazione finale del concilio contiene la condanna solenne dell'”arte criminale della pittura” e l’anatema contro i difensori delle immagini.
La promulgazione del decreto scatena nuove persecuzioni, torture e condanne capitali. I monasteri subiscono in modo particolare l’odio di Constantino: le loro reliquie vengono gettate in mare e gli edifici trasformati in caserme. Nel 761 centinaia di monaci sono rinchiusi nelle prigioni, lo stesso patriarca non viene risparmiato: più tardi verrà esiliato e decapitato.

Il ristabilimento delle immagini sacre

Nel 775 l’impero passa nelle mani del figlio di Constantino, Leone IV.
Questi applicava i decreti in modo abbastanza liberale, per questo il suo regno segna una flessione della persecuzione. Nel 780, dopo la sua morte, il suo regno viene guidato dalla moglie Irene, poichè il figlio Constantino aveva solo sei anni. Questa fa eleggere nuovi vescovi che approvano l’iconografia e ottiene il perdono dal patriarca Paolo IV. Dopo di lui nomina come successore Tarasio, che abolisce le decisioni iconoclastiche di Hiera e propone la convocazione di un concilio. Il concilio inizia nel 786 a Roma, ma viene sospeso per sommosse e riconvocato cinque mesi più tardi a Nicea. La verità di questo concilio esprime che l’immagine è oggetto di venerazione e non di adorazione, che è riservata a Dio solo.
Il decreto finale condanna l’iconoclastia come un eresia pericolosa: ordina di distruggere gli scritti che l’avevano propagata e ristabilisce il culto delle immagini.

I libri Carolini e il concilio di Francoforte

E molto probabile che Carlo Magno non fosse venuto a conoscenza della convocazione del concilio di Nicea II, in quanto i rapporti con i greci si erano sfasati dopo il fidanzamento della figlia di Carlo con Constantino VI. Infatti tutti furono sorpresi quando arrivarono gli atti del concilio.
La risposta di Carlo Magno al concilio è conosciuta sotto il nome di Libri Carolini, nei quali i teologi confutarono gli atti nella formulazione che era giunta a loro. Secondo la loro opinione, le immagini non erano altro che un libro per quelli che non sanno leggere. Essi non percepivano l’acutezza dei bizantini poichè non avevano dovuto lottare contro il monofisismo ne contro le influenze islamiche. Ai loro occhi i greci mettevano sullo stesso piano valori non paragonabili.
L’ atteggiamento negativo dei Libri Carolini è confermata dal concilio di Francoforte del 794. Qui sono espresse le ostilità contro la Chiesa greca. E una protesta contro la teoria bizantina che sembrava identificare Chiesa Universale e Chiesa d Oriente. Anche il papa Adriano I ha la sua responsabilità perchè non aveva tenuto al corrente Carlo Magno della convocazione del concilio di Nicea. Dopo aver ricevuto i Libri Carolini e gli atti del concilio, il papa respinse la condanna del concilio di Nicea ma esitò ad accettarne le decisioni. Nacquero così problemi politici e giuridici che mettevano in secondo pèiano la questione delle immagini.

 La ripresa dell’ iconoclastia (813-842)

Nonostante ciò il regno di Irene non era felice. In seguito a una rivolta Costantino VI s impadronì del potere. Ma commise molti errori, tra cui i suoi vari matrimoni. Alla fine Irene, con un inganno, s impadronì di lui e lo fece accecare. Naturalmente questi fatti non la resero popolare. Con la sua trascuratezza ella impoverì il tesoro e con una manipolazione delle alleanze diminuì l’influenza di Bisanzio in Occidente. Inoltre fu responsabile dell’incoronazione di Carlo Magno nell’800.

Non ci si può stupire quindi del rovesciamento di Irene nell’802. I suoi due successori, Nicèforo Logotèta, che venne eletto patriarca, e Michele Rangàbe restarono fedeli a ciò che aveva deciso il concilio di Nicea II. Nell’813 i militari rovesciarono Michele ed elevarono sul trono Leone V l’Armeno, che era ostile alle immagini.
All’inizio del suo regno ci fu un ristabilimento dell’ordine nell’impero e una repressione delle rivolte militari. Secondo Leone V le sventure dell’impero erano dovute al culto delle immagini. Il patriarca fu così esiliato e sostituito da un laico, Teodoro (815). Egli riunì un concilio a Santa Sofia, che condannò il concilio di Nicea e proibì il culto delle icone. Tuttavia la domenica delle palme Teodoro organizzò una processione con migliaia di monaci che sfilavano con icone. In seguito al rifiuto di presentarsi al concilio di Santa Sofia finchè il patriarca legittimo rimanesse deportato, egli venne esiliato.
Nell’820 Michele il Balbo organizzò un complotto e per questo venne condannato a morte; ma fu salvato dai suoi partigiani che assassinarono Leone V. Proclamato imperatore, Michele aprì le porte delle prigioni. Egli ammetteva l’uso delle immagini sacre, ma rifiutava il loro culto.
Il suo successore, Teofilo, aveva ricevuto il gusto delle questioni teologiche e un grande attaccamento ai dogmi iconoclastici.
Ma Teofilo ricevette delle opposizioni, e irritato per ciò, prese delle misure amministrative e legislative per far scomparire le icone dalle chiese e dalle abitazioni. E di nuovo le prigioni si riempirono di vescovi, monaci, pittori di icone.

La vittoria dell’ortodossia (843)

La morte di Teofilo nell’842 significò la fine dell’iconoclastia. Sua moglie Teodora, fedele all’ortodossia e veneratrice delle icone, e il figlio Michele ricevettero il potere. Si sapeva che il ristabilimento dell’ortodossia si stava imponendo. Ma bisognava superare ancora delle difficoltà: eliminare l’opposizione dell’esercito e del clero e deporre il patriarca Giovanni. Teodora aveva già scelto come successore Metodio, confessore dell’ortodossia.

In seguito Teodora convocò un concilio, a cui però il patriarca Giovanni non volle partecipare. Fu quindi deposto e sostituito da Metodio. Con egli venne dichiarato legittimo il culto delle immagini e condannati gli iconoclasti e gli eretici.
L ortodossia e la verità avevano finalmente vinto.

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