08 – Cinque minuti di Antiquariato: Marqueterie
Si parlerà di “marqueterie”, quando il motivo decorativo viene composto da una lastronatura fatta di legni diversi, a volte accostati con altri materiali, quali l’avorio, la tartaruga, il peltro, l’ottone.
Fonte: Sergio Salomone collaboratore esterno della ditta Studio Laboratorio di Antichità s.a.s.
Marqueterie
Il Falegname è genericamente il fabbricatore di mobili, nei grandi centri produttivi esso è affiancato da altri artigiani del settore ognuno con la propria specializzazione, permettendo così di ottimizzare la produzione sia dal punto di vista della qualità che nei tempi di esecuzione. Il termine ebanista indica la categoria dei più abili ed esperti tra gli artigiani del mobile. Letteralmente il termine deriva dalla denominazione francese: “menuisier en ébene”; cioè falegname specializzato nella preziosa lavorazione di legni pregiati, tra cui appunto l’ebano.
Spesso venne usato anche il termine di stipettaio, altra denominazione per indicare l’artigiano che costruisce mobili di pregio e impiallacciati. La costruzione di qualunque mobile pregiato, iniziava con l’assemblaggio della struttura, detta anche telaio o carcassa, che in realtà determinava la forma. Questa struttura destinata poi ad essere ricoperta con piallacci, doveva essere solida e ben levigata e tutti i migliori incastri conosciuti, tra cui non ultimo quello a coda di rondine, magistralmente utilizzati.
Quando, soprattutto nel ‘700, la struttura doveva prendere una forma a serpentina o bombè, si usava comunemente una tecnica detta a blocchi; cioè venivano tagliati piccoli pezzi di legno che simili a mattoni e in parte già grossolanamente sagomati, venivano legati insieme e poi levigati sino ad ottenere la forma desiderata.
Gli antichi Egizi, i Greci ed i Romani già conoscevano la tecnica di applicare sottili fogli di legno pregiato, su una struttura di legno più economico. A seconda del taglio adottato nel sezionare il tronco, si otterranno disegni diversi e innumerevoli possibilità di composizione.
Il metodo di taglio manuale in uso nel seicento e nel settecento, permetteva l’ottenimento di piallacci o lastroni, con spessori variabili, dopo le varie fasi lavorative, da tre a sei millimetri, quindi grande spreco di materiale. Metodi meccanici moderni, permettono l’ottenimento di piallacci, dello spessore anche di circa 0,5 mm. Altro compito dell’ebanista è comporre gli intarsi e le marqueterie. L’intarsio è una tecnica molto antica e viene ripresa in Italia già dal ‘400. Consiste nell’accostare ed inserire in una superficie lignea, precedentemente incavata a tale scopo, una serie di tasselli lignei o di altro materiale, appositamente sagomati e di essenza o colore diversi, predisposti in modo tale da riprodurre un disegno o una decorazione. Oltre a sfruttare le colorazioni naturali dei vari legni, venivano spesso usati altri materiali, come l’avorio e la madreperla. Come abbiamo visto l’intarsio è eseguito su supporto in massello; si parlerà invece di marqueterie, quando il motivo decorativo, viene composto da una lastronatura fatta di legni diversi, a volte accostati con altri materiali, quali l’avorio, la tartaruga, il peltro, l’ottone, che dopo opportuno taglio al traforo, si compongono tra loro come un puzzle. Riuniti i vari piallacci, con colori ed essenze diverse e formato così un unico pacchetto, si procedeva al taglio contemporaneo, di tutti gli strati, secondo il disegno precostituito.
A taglio eseguito e separati i vari strati, si procedeva all’assemblaggio accostando materiali e colori desiderati, appunto come si esegue un puzzle. Costituito il disegno, si fissavano per comodità i vari elementi su un foglio di carta e il tutto veniva poi incollato sulla struttura del mobile. In alcuni casi, gli artigiani ebanisti per ampliare la varietà delle colorazioni, usavano legni tinti.
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