Antiquariato e storia

17 – Cinque minuti di Antiquariato: i Fantoni

Nei luoghi recentemente drammaticamente noti per la disastrosa e infausta epidemia del Covid 19, per quattro secoli operò la bottega-azienda dei Fantoni di Rovetta; siamo in Val Seriana in provincia di Bergamo.

Fonte:Sergio Salomone collaboratore esterno della ditta Studio Laboratorio di Antichità s.a.s.

i Fantoni

A Rovetta in provincia di Bergamo è documentata già a partire dal secolo XV l’attività di una famiglia di Marangoni o Magistri Lignaminis, dunque operanti nel settore della produzione di manufatti in legno; un certo Bertulino de Fantonis ne sarebbe il capostipite. Intorno al 1630 si registra una consolidata attività di bottega da parte di Andriano, dei fratelli e del figlio Donato. Sarà proprio il figlio di Donato, Grazioso il Vecchio, nato nel 1630 e morto nel 1693, che grazie alle indiscusse doti artistiche e imprenditoriali e a una prole numerosissima, riuscirà a produrre uno sforzo culturale e commerciale che va oltre i confini dell’area bergamasca e bresciana.

La struttura della bottega, pur contando su un organico fisso di maestri e operai, ha uno schema strettamente famigliare quindi un andamento economico e produttivo legato al numero dei consanguinei che Vi partecipano. Intorno al 1685 il Grazioso ha attivi in bottega i figli Andrea e Donato che hanno frequentato un periodo di apprendistato al di fuori dell’ambito famigliare. Ai primogeniti si affiancano progressivamente Giovan Antonio. Giovan Bettino e Giovanni e tra le sorelle almeno Caterina.

Nel 1680 sono terminati i lavori per la prima sagrestia nella Basilica di Alzano Lombardo, cui farà seguito dal 1692 l’esecuzione della seconda sacrestia sotto la direzione di Andrea in collaborazione con la bottega di ebanisti, Giovan Battista Caniana. Da questo periodo Andrea introdurrà, accanto alla produzione in legno anche riuscite esperienze in marmo.

Analizzando l’intero complesso produttivo della bottega, costituito dalle opere, dai progetti grafici e dai modelli preparatori in legno e terracotta, non risultano firme apposte da nessuno dei componenti, a testimonianza della coesione operativa dell’intero gruppo. A capo della compagine produttiva è comunque necessario sia individuabile una figura di riferimento e dalla fine del ‘600 si identifica in Andrea che dimostra elevate capacità oltre che operative anche imprenditoriali.

Accanto alle frequenti committenze religiose risultano numerose anche le committenze private alcune identificate e molte altre indagabili dai numerosi progetti pervenuti, ora conservati nel Museo dedicato ai Fantoni in Rovetta.

Saltuariamente i Fantoni si occupano anche di progettazione architettonica con Andrea, il fratello Giovan Bettino e il figlio di questi Francesco Donato.

Con la morte di Andrea avvenuta nel 1734 la conduzione della bottega passa al fratello Giovan Bettino che opera assieme ai fratelli Giovan Antonio, Giovanni e il nipote Grazioso Il Giovane. E’ sostanzialmente un periodo di continuità ove si registrano opere di pregio da inscrivere nella più alta tradizione famigliare.

Alla morte di Giovan Bettino il ruolo di Capo Bottega viene assunto dal secondogenito Francesco Donato comunitariamente con il terzogenito Giuseppe Grazioso e il cugino Grazioso il Giovane; questa gestione alla pari avrà bisogno di tre ulteriori contratti per individuare i rispettivi ruoli e la suddivisione degli interessi economici tra i cugini; questi dissapori non impediscono però alla bottega di realizzare una serie di importanti arredi. Siamo intorno al 1760/70. Accanto alla imponente, come sempre, produzione religiosa, risulta vivace anche la produzione di arredi civili, ne valga a titolo di esempio l’alcova realizzata per il conte Gerolamo Sottocasa.

L’attività si avvierà alla conclusione con Donato Andrea, nato nel 1746, è figlio di Grazioso e dopo un soggiorno di studio a Roma durato quattro anni, affianca il padre e poi gli subentra nella gestione dell’attività. Assieme al cugino Luigi cerca ripetutamente di superare i confini locali cercando commissioni in territorio veneziano e milanese; in qualità di maestro e insegnante all’Accademia di Brera, tenterà l’ingresso nel cantiere della Fabbrica del Duomo. Alla morte prematura del cugino Luigi, l’attività procede stancamente e si concluderà nei primi anni dell’Ottocento con Donato Andrea che mano a mano diventerà prevalentemente impegnato in qualità di Amministratore di beni di possidenti locali.

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