Pittura su Tela

Tele Veneziane

Fonte: Nicoletta Torrioli, Le tele per la pittura,  i supporti nelle arti pittoriche. Storia, tecnica, restauro, Milano, Mursia, 1990, vol. 2., pp. 73 sgg.

Il lino è la fibra più comune anche nei supporti tessili della Venezia quattro-cinquecentesca, all’epoca uno dei maggiori centri italiani per la manifattura di simili tele, la cui buona qualità era garantita e controllata da severi regolamenti di produzione.

Questo, a differenza delle tele tipo rensa , era lasciato allo stato grezzo per consentire una migliore adesione degli strati soprammessi, e conservarne la robustezza, altrimenti indebolita dalle operazioni di imbianchimento.

La fortuna del supporto in lino proseguì nella città ancora per tutto il 500 nonostante la presenza di una fiorente manifattura di canapa ivi fondata fin dal Medioevo.
Tra le eccezioni, è la tela con S. Marco libera lo schiavo (Venezia, gallerie dell’Accademia) di Tintoretto tessuta con fibre di canapa mista a cotone, la cui adozione fu evidentemente sperimentale e non preceduta da alcuna tradizione collaudata.
Quanto ai supporti in sole fibre grezze di canapa, la loro diffusione risulta, dalle analisi di campioni di tele finora effettuate e pubblicate, assai più limitata di quanto si legge in alcuni testi di carattere generale sulle tecniche e i materiali per la pittura.
L errata identificazione riguarda per lo più le tele tessute con filato di lino molto robusto e pesante – quello che deriva da una eccessiva maturazione della fibra – che a una analisi solo visiva può apparire come canapa, come nel caso della tela col Giudizio universale di Tintoretto (Venezia, Chiesa della Madonna dell’Orto), già erroneamente ritenuta di canapa per la sua estrema grossezza e robustezza e poi identificata come tela di lino.

Se nel tempo il lino prevale nei supporti su ogni altra fibra, sensibili variazioni si riscontrano nella struttura e nella tessitura.. I primi supporti erano di norma tessuti ad armatura tela, in maniera serrata, ordinata e regolare, con filato leggero e sottile, spesso utilizzato anche per dipinti di grandi dimensioni, sebbene per questi del tutto inadeguati; compensava, tuttavia, la finezza del supporto, la tessitura fitta e ben serrata. E la semplicità dell’intreccio insieme alla sottigliezza di tali supporti rispondevano a una tecnica pittorica ancora caratterizzata da una stesura dettagliata del colore e da uno strato pittorico sottilissimo che riusciva appena a coprire la superficie della tela, preparata in maniera altrettanto sottile.

Fu solo a partire dalla metà del 500, con l’affermarsi di un nuovo modus pingendi che si esplicava nel fare molto più libero e corsivo della pennellata e nell’uso di colori a forti impasti, che iniziarono a diffondersi le nuove armature diagonali e a spina di pesce. Queste, ben più robuste di quelle ad armatura tela per la maggiore complessità dei loro intrecci, rispondevano meglio non solo alle dimensioni, spesso eccezionali, dei dipinti, ma anche alle esigenze di una nuova tecnica pittorica che, per l’impeto delle pennellate cariche di impasti, richiedeva l’impiego di una superficie pittorica forte ed elastica ad un tempo, e di granulosità tale da garantire migliore adesione al colore. 

I telai in uso durante i primi decenni di diffusione della pittura su tela tessevano tele di larghezza modesta che potevano servire, se utilizzate singolarmente, solo per dipinti di piccolo formato o, tutt’ al più, per dipinti di grandi proporzioni solo in direzione dell’ordito, la misura del quale era, teoricamente, illimitata.

Per dipingere sopra più vaste superfici era necessario riunire due o più strisce di tela cucendole lungo i bordi, in modo da ottenere un unico supporto della grandezza e forma desiderate.
Poteva anche accadere che, volendo ampliare le dimensioni di una tela già dipinta, una o più strisce (1) di tela venissero aggiunte in un secondo momento, ad esempio per trasformare un busto in un ritratto a figura intera. A titolo esemplificativo accenniamo qui a tali sistemi solo in relazione al modo di operare degli artisti veneziani.

In molti teleri le cuciture parallele corrono in direzione orizzontale o verticale, ma spesso uno stesso telero può contenere teli disposti sia orizzontalmente che verticalmente. Proprio questo procedimento di assemblaggio e cucitura permette di chiarire un aspetto particolare del comportamento degli artisti – o, ad ogni modo, degli assistenti che, seguendo le loro istruzioni, assemblavano i teli – nei confronti della selezione dei supporti per i loro dipinti.

Non c è dubbio che gli artisti facessero una scelta personale tra le tele allora disponibili (tipo e grossezza del tessuto, intreccio fitto o rado, la foggia della grana) e che siano stati consapevoli di tale novità, così strettamente collegata all’esito che si desiderava raggiungere. Non sempre, tuttavia, alla realizzazione del supporto era riservata quella cura che il buon esito tecnico imponeva. Ciò è particolarmente evidente in quei supporti composti da teli differenti e persino da pezze di risulta, tanto da apparire veri e propri patchworks: la Fede di Tiziano (Venezia, palazzo Ducale) è dipinta su un supporto composto da quattro teli disposti orizzontalmente, dei quali quello superiore presenta una minore densità di tessitura; il supporto della Cena in casa di Simeone di Paolo Veronese (Torino, Galleria Sabauda) contiene pezze di tela di forma e natura diverse, così come i supporti di alcuni dei dipinti di Tintoretto della Scuola di S. Rocco a Venezia.

Talvolta, invece, un supporto veniva composto da strisce e ritagli della stessa tela che venivano però orientati in maniera differente tra loro: nella Lavanda dei piedi di Tintoretto (Londra, National Gallery) la metà inferiore del dipinto contiene una singola striscia di tela ad armatura diagonale dove la trama corre in direzione orizzontale, e la metà superiore quattro ritagli quadrangolari dello stesso tipo di tela, la trama dei quali corre però verticalmente.
E stato constatato che il metro è la larghezza media ricorrente delle strisce di tela componenti molti teleri cinquecenteschi; si tratta di una misura standard dipendente dalla larghezza dei telai da tessitura impiegati per la loro produzione. I frammenti di teli più piccoli, aggiunti alle prime per ottenere supporti di formati particolari, erano verosimilmente costituiti dal materiale di scarto o di rimanenza ottenuto dal ritaglio delle tele standard. 

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