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Carta del Restauro 1987

Allegato C

Istruzioni per la conservazione e il restauro delle antichità 

Oltre alle norme generali contenute negli articoli della Carta 1987 della Conservazione e del Restauro, è necessario nel campo delle antichità tener presenti particolari esigenze relative alla salvaguardia del sottosuolo archeologico e alla conservazione e al restauro dei reperti durante le ricerche terrestri e subacquee in riferimento all’art. 4.

Il problema di primaria importanza della salvaguardia del sottosuolo archeologico è necessariamente legato alla serie di disposizioni e di leggi riguardanti l’esproprio, l’applicazione di particolari vincoli, la creazione di riserve e parchi archeologici. In concomitanza con i vari provvedimenti da prendere nei diversi casi, sarà comunque sempre da predisporre l’accurata ricognizione del terreno, volta a raccogliere tutti gli eventuali dati riscontrabili in superficie, i materiali ceramici sparsi, la documentazione di elementi eventualmente affioranti, ricorrendo inoltre all’aiuto delle varie tecniche di rilevamento e di telerilevamento e delle prospezioni del terreno, in modo che la conoscenza quanto più completa possibile della natura archeologica del terreno permetta più precise direttive per l’applicazione delle norme di salvaguardia della natura e dei limiti dei vincoli, per la stesura dei piani regolatori e per la sorveglianza, nel caso di esecuzione di lavori agricoli o edilizi.

Per la salvaguardia del patrimonio archeologico sottomarino, collegata alle leggi e disposizioni vincolanti gli scavi subacquei e volta a impedire l’indiscriminata e inconsulta manomissione dei relitti di navi antiche e del loro carico, di ruderi sommersi e di sculture affondate, si impongono provvidenze particolarissime, a cominciare dall’esplorazione sistematica delle coste italiane con personale specializzato al fine di arrivare alla compilazione accurata di una Forma Maris con l’indicazione di tutti i relitti e i monumenti sommersi, sia ai fini della loro tutela, sia ai fini della programmazione delle ricerche scientifiche subacquee. Il recupero di un relitto di un imbarcazione antica non dovrà essere iniziato prima di aver predisposti i locali e la particolare necessaria attrezzatura che permettano il ricovero dei materiali recuperati dal fondo marino, tutti quegli specifici trattamenti che richiedono soprattutto le parti lignee, con lunghi e prolungati lavaggi, bagni di particolari sostanze consolidanti, con determinato condizionamento dell’aria e della temperatura. I sistemi di sollevamento e di recupero di imbarcazioni sommerse dovranno essere studiati di volta in volta in relazione allo stato particolare dei relitti, tenendo conto anche delle esperienze acquisite internazionalmente in questo campo soprattutto negli ultimi decenni. In queste particolari condizioni di rinvenimento – come anche nelle normali esplorazioni archeologiche terrestri – dovranno considerarsi le speciali esigenze di conservazione e di restauro degli oggetti secondo il loro tipo e la loro materia: ad esempio per i materiali ceramici e per le anfore si prenderanno tutti gli accorgimenti che consentano l’identificazione di eventuali residui o tracce del contenuto, costituenti preziosi dati per la storia del commercio e della vita nell’Antichità; particolare attenzione dovrà inoltre esercitarsi per il riscontro e il fissaggio di eventuali iscrizioni dipinte, specialmente sul corpo delle anfore. Durante le esplorazioni archeologiche terrestri, mentre le norme di recupero e di documentazione rientrano più specificatamente nel quadro delle norme   la relative alla metodologia degli scavi, per ciò che con cerne il restauro debbono osservarsi gli accorgimenti che, durante le operazioni di scavo, garantiscono l’immediata conservazione dei reperti, specialmente se essi sono più facilmente deperibili, e l’ulteriore possibilità di salvaguardia e restauro definitivi.

 Nel caso del ritrovamento di elementi disaggregati di decorazioni in stucco o in pittura o in mosaico o in opus sectile è necessario, prima e durante la loro rimozione, tenerli uniti con colate di opportuni leganti (ovviamente reversibili), con garze e adeguati collanti, .a   in modo da facilitarne la ricomposizione e il restauro in laboratorio. Nel recupero di vetri è consigliabile non procedere ad alcuna pulitura durante lo scavo, per la facilità con cui sono soggetti a sfaldarsi. Per quel che riguarda ceramiche e terrecotte è indispensabile non pregiudicare, con lavaggi o affrettate puliture, l’eventuale presenza di pitture, vernici, iscrizioni. Particolari delicatezze s impongono nel raccogliere oggetti o frammenti di metallo, specialmente se ossidati, ricorrendo, oltre che a sistemi di consolidamento, eventualmente anche ad adeguati supporti. Speciale attenzione dovrà essere rivolta alle possibili tracce o impronte di tessuti. Rientra nel quadro soprattutto dell’archeologia pompeiana l’uso, ormai largamente e brillantemente sperimentato, di ottenere calchi dei negativi di piante e di materiali organici deperibili mediante colate di gesso nei vuoti rimasti nel terreno. Ai fini dell’attuazione di queste istruzioni si rende necessario che, durante lo svolgimento degli scavi, sia garantita la disponibilità di restauratori pronti, quando necessario, al primo intervento di recupero e fissaggio.

Con particolare attenzione dovrà essere affrontato il problema del distacco e successiva ricollocazione in situ delle opere di pittura e di mosaico. L esperienza ha insegnato infatti che non sempre il distacco è praticabile senza danni, e la ricollocazione non è opportuna, specie se non si sono modificate adeguatamente le condizioni ambientali e di fruizione delle opere stesse. Il distacco e la ricollocazione nella sede originaria dovranno essere considerati eccezioni e non regola. In caso di riconosciuta necessità del distacco o dello strappo, e della successiva ricollocazione, si raccomanda che il supporto sia realizzato con materiali chimicamente e fisicamente compatibili con l’opera.

Particolari esigenze di salvaguardia dai pericoli derivanti dall’alterazione climatica richiedono gli interni con pittura parietale in situ (grotte preistoriche, tombe, piccoli ambienti); in questi casi è necessario mantenere costanti due fattori essenziali per la migliore conservazione delle pitture; il grado di umidità ambiente e la temperatura-ambiente. Tali fattori vengono facilmente alterati da cause esterne eri estranee all’ambiente, specialmente dall’affollamento dei visitatori, da illuminazione eccessiva, da forti alterazioni atmosferiche esterne; si rende perciò necessario studiare particolari cautele anche nell’ammissione di visitatori, mediante camere di climatizzazione interposte fra l’ambiente antico da tutelare e l’esterno. Tali precauzioni vengono già applicate ai monumenti preistorici dipinti in Francia e in Spagna e sono auspicabili anche per molti nostri monumenti (tombe di Tarquinia).

Per il restauro dei monumenti archeologici, oltre alle norme generali contenute nella Carta 1987 della Conservazione e del Restauro e nelle istruzioni per la condotta dei restauri architettonici, saranno da tener presenti alcune esigenze in relazione alle particolari tecniche antiche. Innanzitutto, quando per il restauro completo di un monumento, che ne comporta necessariamente anche lo studio storico, si debba procedere a saggi di scavo, allo scoprimento delle fondazioni, le operazioni debbono essere condotte col metodo stratigrafico, che può offrire preziosi dati per le vicende e le fasi dell’edificio stesso.

Per il restauro di cortine di opus incertum, quasi reticulatum, reticulatum e vitatum, se si usano la stessa qualità di tufo e gli stessi tipi di tufelli si dovranno mantenere le parti restaurate su un piano leggermente più arretrato, così pure le cortine laterizie.

Quale alternativa all’arretramento della superficie  nelle integrazioni di restauro moderno, si può utilmente praticare un solco di contorno che delimiti la parte restaurata o inserirvi una sottile lista di materiali diversi.

Sarà infine opportuno collocare in ogni zona restaurata targhette con la data o imprimervi sigle o speciali contrassegni. In ambiente romano, il marmo bianco può essere integrato con travertino o calcare, in accostamenti già sperimentati con successo (restauro del Valadier all’arco di Tito).

Nei monumenti antichi e particolarmente in quelli di epoca arcaica o classica è da evitare l’accostamento di materiali diversi e anacronistici nelle parti restaurate, che risulta stridente e offensivo anche dal punto di vista cromatico, mentre si possono usare vari accorgimenti per differenziare l’uso di materiale uguale a quello con cui è costruito il monumento e che è preferibile mantenere nei restauri. Un problema particolare dei monumenti archeologici è costituito dalle coperture dei muri rovinati. E consigliabile realizzare tali coperture, rinunciando all’estetica puramente scenografica del rudere, con lastre possibilmente di coccio pesto a doppio spiovente e munite di gocciolatoio in modo da evitare il per colamento sulle sottostanti facce del muro.

Riguardo al problema generale del consolidamento dei materiali architettonici e delle sculture all’aperto, sono da evitare sperimentazioni con metodi non sufficientemente comprovati, tali da recare danni irreparabili.

Per i reperti archeologici a carattere architettonico si raccomanda di evitare, per quanto possibile, consolidamenti con iniezioni cementizie e cuciture armate, in quanto è praticamente impossibile evitare rigurgiti di cemento fluido che comunque deturperebbero le parti a vista delle strutture.

Nel caso di murature in concrezioni rivestite di laterizio è da preferirsi la ricostituzione del rivestimento, ove mancante, con murature in mattoni di valore anche strutturale che si adatti per spessore e tessitura alle anfrattuosita delle lacune delle pareti in tutta la loro profondità. Per ulteriori dettagli relativi alla protezione dei manufatti a faccia vista si veda l’allegato B.

Nella formulazione di un programma di scavo devono esser previste le spese per un adeguata copertura e la provvisoria conservazione in situ dei reperti scavati, nonché le spese per la pubblicazione dei rilievi eseguiti e di una speciale memoria sull’insieme dei reperti stessi. Poiché una copertura di fortuna e comunque transitoria ha unicamente lo scopo di impedire un rapido deterioramento dei reperti e del sito per effetto delle intemperie e delle infestazioni biologiche, qualora non sia possibile trasformare il sito in ambiente stabilmente protetto è preferibile, a pubblicazione avvenuta, procedere al riempimento degli scavi eseguiti.

Tale riempimento dovrà essere oculatamente realizzato con un sistema di drenaggio funzionale e con materiali sterili, inerti e leggeri (miscele di pozzolana e lapillo ecc.).

In ogni caso ogni progetto e la relativa attuazione dovranno esser studiati tenendo conto delle differenti esigenze climatiche dei vari ambienti, particolarmente differenziate in Italia. 

Allegato D

Istruzioni per l’ esecuzione di interventi di conservazione e restauro su opere a carattere plastico, pittorico, grafico e d’ arte applicata

Operazioni preliminari

La prima operazione da compiere, in ogni intervento su qualsiasi opera d arte o cimelio storico, è un accurata ricognizione dello stato di conservazione dell’oggetto di per sé e delle condizioni ambientali in cui è stato ed è custodito.

In tale ricognizione rientra l’accertamento e, per quanto possibile, la ricostruzione storica delle vicende del clima e del microclima in cui l’oggetto è stato ed è conservato. A tale riguardo è molto importante la documentazione storica dei dati forniti dagli strumenti sulle escursioni termiche, bariche, igrometriche e anche su quelle fototropiche dell’ambiente in cui è custodito, nonché su quelle inerenti l’intero edificio (a cominciare, dunque, dal relativo poligono dei venti). E ovviamente fondamentale la documentazione relativa alla composizione chimica dell’atmosfera per individuare la provenienza e la natura degli eventuali inquinanti. Hanno infine importanza i dati relativi alla composizione materica della scatola ambientale (strutture, rivestimenti, arredi ecc.).

Per quanto riguarda le condizioni di conservazione intrinseche all’oggetto è fondamentale l’accertamento dei modi dell’esecuzione tecnica e dei materiali adoperati, distinguendo le parti originarie da quelle spurie o aggiunte e determinandone approssimativamente le rispettive datazioni. Ove possibile dovrà essere compiuto anche l’esame delle condizioni interne dell’oggetto.

Tale accertamento, che in prima istanza si intende comunque autoptico, dovrà, nei limiti del possibile, essere corroborato da analisi ed esami a carattere fisico, chimico e numerico, scelti con assoluta priorità tra quelli non distruttivi. Analisi ed esami, da condurre in stretta collaborazione con gli esperti dei diversi settori, saranno registrati accuratamente nel giornale di restauro. La documentazione relativa sarà costituita da referti specifici. Questi ultimi non solo comprenderanno fotografie in bianco e nero e a colori nel visibile, eseguite sul totale e/o su opportuni dettagli, ma anche riprese a carattere multispettrale (singole bande del visibile, IR, UV, X). Si intende che in tutte le suddette riprese dovranno essere esattamente controllate e controllabili le fontidi illuminamento, i diottri, le condizioni spaziali, i materiali sensibili e di trasmissione e filtraggio dei contrasti e delle cromaticità.

Per tutti gli oggetti originariamente destinati a una visione limitata o solo frontale andranno eseguite riprese fotografiche anche dai punti di vista non previsti (retro, lati, parti interne ecc.) Quando è necessario accertare la presenza di strati originali di vernice o accertare lo stato della preparazione e non sia possibile adoperare metodi non distruttivi ci si deve limitare a praticare prelievi minimi evitando in ogni caso punti capitali dell’opera.

Essi dovranno essere limitati al massimo anche nel numero. Dei prelievi dovrà essere segnato il punto preciso in una delle copie fotografiche d insieme e/o di dettaglio e dovrà esserne annotato il riferimento nel giornale di restauro. Per quanto riguarda i dipinti murali o su pietra, terracotta o altro supporto e che siano comunque in condizioni di inamovibilità, occorrerà assicurarsi delle condizioni del supporto in relazione all’umidità, definire se si tratti di umidità di infiltrazione oppure formatasi per condensazione o per capillarità; eseguire dei prelievi della malta e del conglomerato del muro e misurarne il grado di umidità. Qualora si notino o si suppongano attacchi di biodeteriogeni, anche su questi ultimi andranno esperite specifiche analisi.

Nel caso delle sculture non ci si dovrà limitare ad accertare solo lo stato di conservazione delle superfici materiali in cui sono eseguite, ma anche quello delle strutture, a mezzo di prove possibilmente non distruttive (radiografie, gammagrafie, ultrasuoni, correnti magnetiche indotte ecc.).

Previdenze da attuare nell’esecuzione degli interventi conservativi  
Le indagini preliminari avranno dato modo di orientare l’intervento di restauro nella direzione giusta, sia che si tratti di pulitura semplice, oppure di fissaggio, di remozione di ridipinture, di trasporto, di ricomposizione di frammenti. Tuttavia l’indagine che sarebbe la più importante per la pittura, la determinazione della tecnica impiegata, non sempre potrà avere una risposta scientifica. In casi del genere la cautela e l’esperimento per le materie da usare nel restauro rimarranno metodologicamente le sole risorse a cui appellarsi. Nel caso di supporti lignei, come per qualsiasi altro tipo di supporto, in stato relativamente buono, è preferibile non intervenire in modo da non turbare un equilibrio ormai stabilizzato. Se si interviene per raddrizzarli o riconnetterli e/o integrarli, occorre farlo con precise regole tecnologiche che rispettino l’andamento delle fibre del legno e utilizzino la stessa specie botanica.

 In particolare, qualora il supporto ligneo sia in buono stato, ma presenti fessurazioni, disgiunzioni di assi o mancanze, si procederà al necessario risanamento con legno allo stesso grado di umidità interna di quello originale, a piccoli segmenti, seguendo le metodologie di consolidata pratica. Quando lo spessore della tavola dipinta è troppo esiguo rispetto all’estensione della superficie, si può prevedere una parchettatura di sostegno che deve fondamentalmente assicurare i movimenti naturali del legno su cui viene applicata. I supporti lignei che avranno subito un attacco biologico (insetti, microrganismi ecc.) dovranno essere sottoposti a disinfestazione con gas specifici, noti per essere senza azione negativa sul materiale stesso e sulla pellicola pittorica. Essi eliminano gli organismi presenti, ma non prevengono attacchi futuri, quindi è utile, successivamente, applicare materiali più durevoli con caratteristiche appropriate. Nel solo caso in cui il legno è praticamente distrutto si può pensare a una trasportazione del dipinto su un nuovo supporto. Conservare, ove possibile, l’imprimitura originaria è sempre consigliabile per mantenere alla superficie pittorica la sua originaria conformazione. Nella sostituzione del supporto è bene valutare attentamente le proprietà del supporto nuovo assicurandosi soprattutto della sua stabilità, cioè che non sia soggetto ne a torsioni, ne a contrazioni o dilatazioni. Per una maggiore garanzia gli adesivi dovranno essere scelti con cognizione per non provocare danni durante l’operazione ne subire alterazioni nel tempo. Quando il supporto di un dipinto è una tela, è opportuno non decidere a priori che la ritelatura sia l’unica operazione da eseguire.

Nel caso in cui la tela non presenti lesioni ma solo un allentamento della tensione, sarà ufficiente, per ristabilirla, operare sui sistemi di tensionamento.

Se i bordi sono indeboliti possono essere rinforzati con strisce di tela che non sorpassino di molto il bordo del telaio sotto la pellicola pittorica. Quando invece si ritiene necessaria l’operazione di rintelatura, si devono evitare adesivi non rimovibili, compressioni eccessive e temperature elevate che potrebbero danneggiare la pellicola pittorica. Sono sempre da escludersi operazioni di applicazione di un dipinto su tela a un supporto rigido. I telai dovranno essere concepiti in modo da assicurare la tensione giusta che potrà essere molto semplicemente.

conservata attraverso i consueti modi, curando che rimanga sempre un sopravanzo adeguato della tela di rifodero per eventuali e successive sostituzioni del telaio o per operazioni di tensionamento. Per le preparazioni e le pellicole pittoriche occorre controllare attentamente il loro stato di adesione e coesione e procedere al consolidamento delle parti distaccate e indebolite. I materiali impiegati dovranno essere compatibili con le materie originali e le metodologie d impiego potranno essere dirette o localmente o su tutta la superficie, avendo cura di asportare completamente da questa ogni sopravanzo di adesivo che potrebbe risultare dannoso a causa di possibili contrazioni.

Quando si debba procedere a una velatura totale del dipinto, l’adesivo deve essere rimovibile con solventi non dannosi alle tecniche originali. La pulitura potrà essere eseguita principalmente in due modi: per soluzioni o con mezzi meccanici. I mezzi meccanici (bisturi ecc.) dovranno essere usati sempre con prudenza e con il controllo dello stereomicroscopio. I mezzi solventi dovranno essere scelti, miscelati e calibrati in modo da ottenere il giusto punto di evaporazione affinchè non permangano negli strati del dipinto e che abbiano nei limiti del possibile una bassa tossicità. Prima di usarli sarà utile eseguire dei test’di solubilità per definire il livello di pulitura e i tempi onde evitare d intaccare la pelle d invecchiamento naturale (patina), formata dall’indurimento in superficie del legante e dallo strato protettivo finale, che è indispensabile che continui a esplicare la sua funzione

Pur essendo di primaria importanza la conservazione della materia che forma l’opera, non si deve escludere la possibilità di restituire, ove possibile, una continuità di lettura all’immagine. La reintegrazione dovrà essere l’interpretazione critica della mancanza e arrestarsi quando diventa ipotesi. I mezzi impiegati dovranno essere reversibili e il sistema distinguibile a distanza ravvicinata dall’originale. Gli strati protettivi finali dovranno essere di un materiale affine alla pittura, sufficientemente resistente, ma facilmente reversibile nel tempo con mezzi non aggressivi verso la pellicola pittorica. 

Previdenze da tenere presenti nell’esecuzione di interventi di conservazione e restauro a pitture murali e mosaici.
Come per i dipinti mobili anche per quelli murali, prima di iniziare qualsiasi intervento, sarà necessario determinare nel modo più preciso possibile la tecnica di esecuzione e i materiali usati. Contemporaneamente occorre rilevare gli aspetti del degrado e individuarne le cause. Prima di ogni operazione conservativa sui dipinti è necessario in primo luogo risanare l’ambiente ed eliminare ogni causa di aggressione. In caso di asportazione della polvere dalla superficie è opportuno non solo agire con cautela per non togliere assieme alla polvere parti di superficie cromatica divenuta eventualmente pulverulenta, ma anche per esaminare se nella polvere non siano presenti biodeteriogeni, sui quali intervenire con disinfestanti idonei. Le prime operazioni riguardano il ristabilimento della coesione e dell’adesione dei vari strati. I materiali da usare per tali operazioni dovranno essere scelti e vagliati da una serie di prove di laboratorio, comprensive di invecchiamento naturale di almeno quindici anni, che ne garantiscano l’asportabilità e l’inalterabilità nel tempo a livello strutturale e ottico. La pulitura, per mezzi e metodologie, può attenersi alla prassi seguita per i dipinti mobili salvo che per la rimozione delle incrostazioni saline poco solubili, per la quale si rimanda alla letteratura esistente.

I dipinti murali sono parte integrante dell’architettura, quindi la loro trasposizione sarà giustificata, anche se sempre traumatica, solamente nei casi di edifici o supporti che debbano essere distrutti o rimossa o di catastrofi (terremoti, incendi, alluvioni ecc). ed, eccezionalmente, palinsesti.

Quando si debba necessariamente orientarsi sulla rimozione del dipinto dalla parete, fra i metodi da scegliere, dovrà privilegiarsi il distacco allo scopo di mantenere alla superficie pittorica la sua conformazione originaria.

Qualora sia indispensabile ricorrere allo strappo dell’affresco, particolare attenzione dovrà essere rivolta alla possibilità di recupero della sinopia. In questo caso occorre che il supporto su cui ricollocare la pellicola pittorica offra le massime garanzie di stabilità, inerzia e neutralità chimica; occorrerà altresì che possa essere costruito nelle dimensioni stesse del dipinto, senza suture intermedie, che risalterebbero inevitabilmente col passare del tempo sulla superficie pittorica. Il collante su cui si fisserà la tela aderente alla pellicola pittorica sul nuovo supporto dovrà potersi sciogliere con tutta facilità con un solvente che non danneggi la pittura.

I supporti che oggi danno le migliori garanzie sono i cosiddetti rigidi, autoportanti, progetti con sistemi e materiali diversi, ma sempre con uno strato intermedio fra il dipinto (con le nuove prime stratificazioni) e il supporto rigido. Questo strato, chiamato «d intervento», deve essere eseguito con materiali resistenti, leggeri, ma soprattutto facilmente rimovibili per soluzione o con mezzi meccanici, onde evitare di dover incollare protezioni sulla faccia del dipinto in caso di sostituzione. Per i mosaici, che presentano più o meno le stesse caratteristiche dei dipinti murali, quando fosse necessario procedere al loro distacco occorrerà assicurarsi che le tessere, ove non costituiscano una superficie completamente piana, siano fissate e possano essere riapplicate con la collocazione originaria. Prima dell’applicazione dei veli e dell’armatura di sostegno, ci si dovrà assicurare dello stato di conservazione delle tessere ed eventualmente consolidarle. Particolare cura dova essere posta nel conservare le caratteristiche tettoniche della superfìcie e, nel caso di mosaici pavimentali, evitare qualsiasi levigatura della superficie. 

Previdenze da tenere presenti nell’esecuzione di interventi di conservazione e restauro a opere di scultura  
Dopo aver accertato la materia ed eventualmente la tecnica con cui le sculture sono state eseguite (se in marmo, pietra, stucco, cartapesta, terracotta, terracotta invetriata, terra non cotta, terra non cotta e dipinta ecc.), ove non risultino parti dipinte e sia necessaria una pulitura, è da escludersi l’esecuzione di lavaggi tali che, anche se lasciano intatta la materia, ne intacchino la patina. Perciò, nel caso di sculture di scavo o trovate in acqua (mare, fiumi ecc.), se vi saranno incrostazioni, queste dovranno essere rimosse preferibilmente con mezzi meccanici. Qualora si tratti di sculture in legno, e questo sia in stato fatiscente, l’uso di fissativi dovrà essere subordinato alla conservazione dell’aspetto originario della materia lignea.

Se il legno sia infestato da tarli, termiti ecc. occorrerà sottoporlo all’azione di gas idonei. Nel caso di sculture ridotte in frammenti, l’uso di eventuali perni, sostegni ecc., dovrà essere subordinato alla scelta di metallo non ossidabile. Per gli oggetti in bronzo si raccomanda una particolare cura per la conservazione della patina nobile (atacamite, malachite ecc.), sempre che al di sotto di essa non esistano gradi di corrosione in atto.

Avvertenze generali per la ricollocazione di opere restaurate

Se l’ intervento è stato occasionato dalle condizioni termoigrometriche del luogo in generale o della parete in particolare, si dovranno studiare tutte le possibilità di risanamento ambientale, climatizzazione ecc., al fine di riportare l’opera nella collocazione originaria, condizione essenziale per la sua integrità storico-estetica. Tuttavia, come linea di condotta assoluta, non si dovrà comunque mai rimettere l’opera restaurata nel luogo originario se questo non sia stato adeguatamente risanato.

Allegato E

La conservazione e il restauro del libro

Prima di procedere a qualsiasi operazione di restauro si dovrà considerare l’opera nella sua complessità e multiformità storica, artistica, materiale e funzionale.

Nel caso dei Beni Librar parlare di «multiformità» è più che mai appropriato trattandosi di oggetti composti da vari materiali: carta, pergamena, papiro o altro supporto scrittorio, legno, metalli, cuoio, cartone, spago, pelle allumata, tessuti e altro.

La conoscenza di ogni materiale originale è indispensabile per procedere correttamente nel lavoro, così come lo è lo studio dei materiali «nuovi» da inserire nei libri da restaurare. La scelta degli interventi sarà condizionata dalle indagini compiute dai vari esperti a partire dal bibliotecario conservatore (storia del libro, della decorazione, importanza dell’opera e altro) al biologo, al tecnologo, al fisico, al restauratore. Nelle biblioteche sarà opportuno anzitutto eseguire periodici accertamenti sullo stato di conservazione dei fondi, effettuando nei locali sistematici e prolungati rilevamenti dei valori termoigrometrici ambientali, al fine di accertare se si mantengono bell’arco dell’anno entro i limiti (T16 – 20 gradi cenrigradi; UR40 – 65) considerati ottimali per la conservazione dei libri.

Quando se ne presenterà la necessità si procederà a una programmazione dei lavori sia di eventuale bonifica degli ambienti, sia di interventi conservativi e di restauro sui singoli libri, che tengano presenti le esigenze sia delle opere che dell’utenza. In tale programmazione si prevederanno dei mezzi alternativi (nucrofilms, microfìches, eventuali videodischi) per una fruizione anche diversa. Le operazioni di restauro devono essere precedute dalla disinfezione e/o disinfestazione del volume quando questo presenti alterazioni di origine biologica.

Nella scheda di restauro saranno registrate le particolarità di ogni libro e verranno descritti dettagliatamente i danni che esso presenta, nonché gli eventuali interventi precedenti. Saranno altresì riportate tutte le operazioni effettuate per rendere possibile in futuro, attraverso i risultati ottenuti, un perfezionamento dei metodi adottati.

Quando si ritiene di dover intervenire sull’opera si potrà ancora scegliere fra un intervento totale o parziale. Si cercherà sempre di intervenire con il «piccolo restauro», cioè un restauro a libro non scucito, qualora le opere siano particolarmente importanti per la struttura, la vetustà, per il valore artistico, perché l’indice di consultazione è talmente basso che non è necessario operare in modo radicale, o per al tre ragioni da valutare caso per caso.

L intervento sarà, cosi, ridotto al minimo e il libro non subirà alcuna alterazione a causa dello smontaggio completo, mantenendo intatte le sue caratteristiche originali. Nei casi in cui si ritiene realmente indispensabile la scucitura del libro si dovrà procedere con la massima cautela, per evitare di perdere anche la più piccola testimonianza.

Prima di scucire un volume va sempre controllata la numerazione originale, per evitare errori durante la ricomposizione dei fascicoli. Qualsiasi anomalia va segnalata al bibliotecario responsabile. Non si procede mai con lo stesso criterio per ogni libro da restaurare, perché l’opera ha una sua vita che va considerata relativamente al contenuto, alla storia, alla materia, all’uso. Perciò non potremo mai dare una regola unica su quando conservare o mettere da parte la legatura, o quando privilegiare il testo rispetto alla struttura ecc.

La casistica è enorme. Come principio generale si può affermare che vanno evitate tutte le operazioni che possono alterare l’aspetto e il valore globale dell’opera. Perciò si deve tendere a conservare il più possibile ogni elemento, anche apparentemente insignificante, che la costituisce. Ma il libro, essendo anche un oggetto da toccare, aprire, manipolare, dovrà essere funzionale nei modi richiesti dalla sua utilizzazione. Cosi si decide talvolta di non rimontare la legatura originale perché non più in grado di assolvere all’uso che se ne vuole fare.

Il più delle volte non si giunge alla totale sostituzione della coperta, ma si intarsia la legatura originale sulla nuova, che reggerà tutto lo sforzo meccanico. Nel campo della cucitura si procederà con il principio del «dov era, com era», salvo casi particolari dettati sempre dal criterio della funzionalità. Per le carte si prevede che vengano effettuati sempre i saggi di solubilità degli inchiostri e dei colori prima di procedere a qualsiasi operazione «a umido» (lavaggi, deacidifìcazione in acqua e alcool preceduta dalla misurazione del pH, uso di solventi, fissaggi). Tali operazioni, effettuate solo se strettamente necessario, saranno controllate da vicino. Tutte le precauzioni che in fase di lavaggio mirino a non perdere nessun frammento, quali l’uso del telaio o del retino, sono senz altro consigliate.

 Dopo i lavaggi si procede alla rincollatura dei fogli. Se le carte necessitano di una velatura sia parziale che totale, si prevede che essa venga effettuata con un velo di carta giapponese trasparente ma resistente, con un pennello morbidissimo e con adesivo reversibile. Un momento importante è rappresentato dalla pressatura dei fogli, necessaria per ridare l’aspetto originale alle superfici. Ma si deve evitare di pressare con troppa energia limitandosi a usare pesetti di marmo e, quando ciò non fosse sufficiente, adoperare la «pressa a colpo» con la quale si può controllare la forza. Questo perché vanno salvaguardati tutti i rilievi o gli incavi che possiamo trovare nei fogli. Il rattoppo vero e proprio sarà effettuato con materiali che, dalle indagini scientifiche, risultino idonei. Ovviamente esso dovrà essere riconoscibile. Non si restaureranno quelle asportazioni volontarie di miniature, disegni o altro, perché ormai fanno parte della storia del libro, ma si risarciranno solo quei punti sui quali si esercita il maggior sforzo meccanico. Va inoltre valutata la possibilità di ricorrere a scatole, custodie o simili, per la migliore conservazione dei libri. Per la pergamena i principi di restauro sono i medesimi della carta, tranne che per i lavaggi, per i quali si userà, solo se strettamente necessario, una miscela di acqua e alcool etilico; la pressatura, che sarà solo una «distensione», si effettuerà o con dei pesetti o con dei piccoli tiranti. Si sottolinea ancora una volta in queste regole generali che il libro è da considerarsi opera d arte nel senso più ampio del termine, sia come valore culturale intrinseco del testo, sia come valore materiale (sistemi di lavorazione, introduzione di certi accorgimenti o elementi, uso di materiali particolari, influenza di altri centri scrittorii ecc.), sia come valore prettamente artistico (miniature, incisioni, filigrane). Per questi motivi ogni caso dovrà essere trattato come un caso a sé. Al problema della conservazione del libro moderno deve essere riservata qualche considerazione particolare. I criteri di base saranno gli stessi di quelli del libro antico, ma poiché le carte fabbricate dal XIX secolo in poi sono di qualità peggiore di quelle precedenti, ne consegue la loro maggiore deperibilità. Le materie prime antiche erano più pure e presentavano spesso una protezione naturale all’acidità per la presenza di sostanze alcaline (carbonati) nell’impasto delle carte. Successivamente, con l’introduzione dell’allume, composto acido, con la cattiva utilizzazione della macchina «olandese», che diede origine a una carta più fragile e più difficile da collare, con l’utilizzo nell’Ottocento della pasta di legno contenente la lignina, si è giunti a una caduta verticale della qualità della carta, che infatti risulta fragile, rigida e molto soggetta all’imbrunimento. Da aggiungere anche l’azione del doro per sbiancare gli stracci e, dalla fine del Settecento, la collatura dei fogli effettuata con la colofonia e l’allume, tutte sostanze che causano acidità. Ci si trova pertanto in presenza di problemi sempre più difficili da risolvere anche perché si conoscono poco le composizioni delle carte contemporanee. In proposito occorrono ancora ricerche e studi adeguati e attenti. L ultima raccomandazione è per i bibliotecari conservatori, che devono sempre valutare attentamente l’urgenza e l’utilità di restauro, da considerare come extrema ratio preceduta da un serio lavoro di prevenzione e manutenzione.

Allegato F

La conservazione e il restauro dei Beni archivistici

II restauro dei documenti d archivio deve essere eseguito solo quando sia gravemente compromessa la struttura fisica dei supporti con pregiudizio della testimonianza storica e non prima di avere accertato le cause del degrado. Inoltre, a causa del particolare significato e valore storico, politico e giuridico dei documenti d archivio raccolti dall’Ente di stato, è evidente che ogni operazione di manipolazione del documento a fini di conservazione o di restauro deve essere compiuta offrendo ogni garanzia sull’integrità delle informazioni contenute nel documento stesso. Perciò ogni intervento di restauro dei documenti d archivio deve essere motivato per iscritto dai direttori degli Archivi di Stato o dai Soprintendenti archivistici nell’ambito delle rispettive competenze istituzionali, prima di essere autorizzati dal Centro di Fotoriproduzione, Legatoria e Restauro degli Archivi di Stato (CFR), oppure ad esso affidati per gli interventi richiesti. La proposta deve contenere, altresì, un analitica descrizione del degrado e delle sue cause, corredata da una documentazione fotografica. Le proposte di interventi di restauro di particolare rilievo, per specifiche caratteristiche dei supporti, delle mediazioni grafiche, delle legature, dei formati, o per la necessità di ricognizioni fisiche, chimiche e/o biologiche, devono essere vagliate e approvate dal CFR. L intervento di restauro deve essere preventivamente e dettagliatamente descritto in un apposita scheda con particolare riferimento alle singole operazioni da effettuare, alle metodologie da seguire, alle attrezzature da utilizzare, ai prodotti e ai materiali da usare. L intervento di restauro deve salvaguardare l’originalità del documento nel rispetto della forma, della struttura, del supporto o di ogni altro elemento originale. 

L’ intervento di restauro deve essere reversibile. Le reintegrazioni di parti mancanti devono essere evidenti a occhio nudo. In nessun caso è consentita la reintegrazione delle mediazioni grafiche delete.

Sono consentiti interventi, oltre lo stretto necessario, solo se dettati da motivate esigenze di futura conservazione.

Devono essere rimossi tutti gli elementi aggiunti che, nel corso del tempo, hanno abusivamente alterato l’originalità del documento. È consentito il ricorso ad apparecchiature che permettono il restauro meccanico dei documenti cartacei solo dopo un attenta valutazione dello stato di conservazione del supporto e della stabilità delle mediazioni grafiche.

L’ intervento di restauro nelle sue diverse operazioni deve essere dettagliatamente documentato con la descrizione delle singole operazioni effettuate, delle metodologie seguite, delle attrezzature utilizzate, dei prodotti e materiali usati con l’indicazione delle concentrazioni e del tipo.

Gli interventi di restauro devono essere eseguiti da personale qualificato presso laboratori attrezzati. I prodotti e i materiali da usare (adesivi, colla, fissativi, solventi, soluzioni, carte, pelli ecc.) devono rispondere ai requisiti di durabilità, stabilità, reversibilità e, comunque, devono essere sperimentati e approvati dal CFR.

Il CFR esercita, in materia, compiti di indirizzo e vigilanza mediante sopralluoghi in corso d opera e finali per verificare l’idoneità e la conformità dell’intervento alle normative tecniche.

Successivamente al restauro le condizioni di conservazione, dettate dal CFR, devono essere scrupolosamente rispettate mediante ripetuti controlli sull’ambiente e sulla salute dei documenti. 

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